Dopo l’improvviso aumento dei prezzi, causato dallo scoppio della guerra in Ucraina che ha portato la chiusura dei rubinetti del petrolio dalla Russia, il 2022 dei carburanti era proseguito con alti e bassi, con una chiusura col sorriso grazie al taglio delle accise che il governo Draghi prima e l’esecutivo Meloni poi avevano rinnovato di scadenza in scadenza. Ma l’ultima, quella caduta al 31 dicembre, non ha avuto ulteriore proroga e dal 1° gennaio 2023 gli italiani hanno visto schizzare nuovamente in sù l’asticella dei prezzi dei carburanti.
Contro ogni tendenza del passato a pagarne maggiormente le conseguenze sono stati gli automobilisti con vetture diesel che mai come quest’anno hanno visto lievitare i costi del carburante. Un rincaro mai visto prima, addirittura tale da superare anche la benzina nel corso delle settimane di taglio accise. E ora che lo sconto non c’è più, si salvi chi può.
Diesel, aumento senza freni
Guardando ai primi mesi del 2022, fino al fatidico 24 febbraio che ha sconvolto gli equilibri dell’economia mondiale con lo scoppio della guerra in Ucraina, il diesel toccava cifre sì alte, ma comunque al di sotto della benzina. Oggi, invece, la storia è ben diversa. E mentre il prezzo lievita a causa dell’addio al taglio delle accise, a lanciare l’allarme e il Codacons, che ha sottolineato come in autostrada, in modalità servito, la benzina è arrivata a costare 2,392 euro al litro sulla A1 Roma-Milano, e il gasolio 2,479 euro(ecco dove invece la benzina costa meno adesso)..
Assoutenti, poi, fa notare che con questi prezzi l’Italia è tornata a piazzarsi tra i Paesi più cari d’Europa sul fronte dei carburanti. Attualmente il nostro Paese, infatti, con una media di 1,891 euro al litro occupa la terza posizione in Ue per il prezzo più alto del gasolio, dietro solo a Svezia e Finlandia, mentre per la benzina (1,827 euro/litro) risulta il quarto mercato più costoso. Prima del rialzo delle accise l’Italia era al dodicesimo posto in Europa per il diesel, al decimo per la benzina.
Perché il rincaro non si ferma
Guardando però più in là, il rischio è quello che il diesel vada a toccare quote mai viste prima. Se si considerano le sole imposte, l’Italia infatti occupa il primo posto per la tassazione sul gasolio, con 0,958 euro di imposte su ogni litro di diesel.
Ma a far salire i prezzi c’è anche una grana non di poco conto che arriva, fatal caso, dalla Russia. A Mosca, infatti, è dovuto un “doppio” embargo europeo imposto al petrolio che arriva dai territori amministrati dal Cremlino. Il primo è quello sul greggio importato via nave scattato lo scorso 5 dicembre, l’altro quello imminente sui prodotti raffinati russi che decorrerà dal 5 febbraio.
In base a dati Unem l’Europa importa complessivamente circa 80 milioni di tonnellate di gasolio, di cui 25 dalla Russia. Sui mercati europei mancherà quindi circa il 30% di prodotto, volumi tutt’altro che facili da sostituire. Con i costi di produzione aumentate e le possibili tensioni sui prezzi anche per i timori di un calo di offerta dovuto alla fermata di alcune raffinerie europee, ma anche guardando con paura al rialzo dei prezzi per l’approvvigionamento del gasolio per uso domestico per i riscaldamenti, il prezzo per il diesel sembra lontano dall’avere stabilità