Il confine tra Russa e Ucraina è militarizzato e la diplomazia mondiale sta cercando di evitare lo scontro tra i due Paesi. La guerra, oltre al costo delle vite umane, può però incidere su aspetti legati all’economia delle varie nazioni apparentemente non coinvolte in primo piano, come l’Italia. Dal prezzo del gas a quello delle materie prime, sono tanti i prodotti che potrebbero – presto – costare molto più di adesso.
Russia-Ucraina, perché potrebbe scoppiare una guerra
La Russia ha iniziato ad aumentare il numero delle truppe al confine con l’Ucraina già dal novembre scorso, minacciando di invaderla in caso di ‘passaggio’ del Paese sotto la Nato. La Russia è contraria all’allargamento a Est dell’Occidente.
L’invasione sembra imminente ogni giorno che passa, ma la realtà è che già in passato si è registrato un aumento delle truppe al confine di un Paese vicino da parte di Putin, come nel 2008 con la Georgia e nel 2014 con la Crimea. Di fatto, è una mossa che la Russia gioca spesso quando vuole mettere pressione all’Occidente: vincere una guerra, ma senza iniziarla. Sono al lavoro le diplomazie di mezzo mondo per scongiurare il conflitto tra Russia-Ucraina.
Quali prodotti pagheremo di più per la guerra tra Russia e Ucraina
I venti di guerra in Ucraina potrebbero causare un aumento dei prezzi per diverse categorie di prodotti. Secondo un’analisi di Coldiretti, infatti, a rischio ci sarebbero in primis i prezzi dei cereali a livello internazionale, considerando che Russia e Ucraina insieme garantiscono circa il 33% delle esportazioni mondiali di grano. Se la Russia è il principale esportatore, infatti, l’Ucraina si piazza al terzo posto.
Ma non c’è solo il grano. L’Ucraina, infatti, è quinta per i 36 milioni di tonnellate di mais per l’alimentazione animale e settima per i 25 milioni di tonnellate di grano tenero per la produzione del pane.
I prezzi potrebbero aumentare per diverse ragioni, come ad esempio il fatto che l’eventuale guerra possa danneggiare le infrastrutture e bloccare le spedizioni dai porti del Mar Nero, con un crollo delle disponibilità sui mercati mondiali, già in grande tensione, con effetti sull’inflazione (il mercato italiano sta già facendo i conti con la Brexit per quel che riguarda il proprio export).
Per ciò che riguarda l’Italia, il nostro Paese importa il 64% del proprio fabbisogno di grano per la produzione del pane. Nel 2021 ha importato oltre 120 milioni di chilogrammi dall’Ucraina e circa 100 milioni di chilogrammi dalla Russia, che nel frattempo ha già annunciato di limitare dal 15 febbraio al 30 giugno prossimo le proprie esportazioni.
Russia-Ucraina, l’analisi di Coldiretti
Secondo Ettore Prandini, presidente Coldiretti, il primo passo è garantire la sostenibilità finanziaria delle aziende e delle stalle affinché i prezzi riconosciuti ad agricoltori e allevatori non scendano sotto i costi di produzioni in forte aumento per effetto dei rincari delle materie prime, anche alla base dell’alimentazione degli animali, come il mais”.
Prandini, inoltre, ha aggiunto che il Pnrr è fondamentale per affrontare le sfide della transizione ecologica e digitale: “Siamo pronti per rendere l’agricoltura protagonista utilizzando al meglio gli oltre 6 miliardi di euro a disposizione per superare le fragilità presenti, difendere la sovranità alimentare e ridurre la dipendenza dall’estero per l’approvvigionamento in un momento di grandi tensioni internazionali”: