Quanto vale davvero un miliardo? E perché la ricchezza è così concentrata in poche mani?

Sapete quant’è davvero un miliardo di dollari? No, probabilmente no. Ne parliamo con Factanza nella nuova rubrica #EconoMia

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Factanza Media

Redazione

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Per la maggior parte delle persone, pensare a diecimila euro è semplice: è la cifra che può rappresentare un risparmio, un piccolo investimento, o un traguardo faticosamente raggiunto. Ma se iniziamo a moltiplicare quella somma, la percezione cambia rapidamente.
La ricchezza media di una persona in Italia, secondo i dati disponibili, si aggira intorno ai 220 mila euro. Una cifra che ci sembra già una bella ricchezza rispetto a 10mila euro, ma che appare molto (ma molto!) inferiore, se paragonata a un milione.
Tuttavia, per quanto sia una cifra distante dalle tasche della maggior parte delle persone, possiamo ancora immaginare cosa significhi avere un milione di euro. Ma se la cifra sale?

Per comprendere le proporzioni, bisogna pensare a quanto più grande sia effettivamente un miliardo rispetto a un milione: 1 milione di secondi equivale a 11 giorni e mezzo, 1 miliardo di secondi sono invece 31 anni e otto mesi.
E se pensiamo ai grandi patrimoni dei super-ricchi – da Taylor Swift con 1,7 miliardi di dollari a Warren Buffett con 150 miliardi, fino a Elon Musk con circa 450 miliardi – questi si collocano su una scala che la nostra mente difficilmente riesce a concepire.

Perché è difficile concepire i miliardi

Il cervello umano non è fatto per processare numeri di questa grandezza. È per questo che, per renderci conto della sproporzione, bisogna mettere a confronto diversi livelli di ricchezza.
Un miliardo non è semplicemente “tanto denaro”: è una somma che apre la porta a un potere economico e politico immenso, capace di influenzare mercati, istituzioni e persino la vita democratica.

La disuguaglianza in crescita

La concentrazione della ricchezza non è un fatto solo simbolico. Anno dopo anno un numero sempre più ristretto di persone controlla una parte crescente della ricchezza globale.
Questo ha due conseguenze principali:

Gli esempi concreti

Basti pensare al cibo: il mondo produce abbastanza per nutrire non solo tutta la popolazione, ma anche due miliardi di persone in più. Eppure, nel 2023, una persona su 11 ha sofferto la fame (dati OMS).
O ancora, il caso degli Stati Uniti: nel 2024 si contavano 770 mila persone senza fissa dimora, a fronte di 15 milioni di case non abitate. Un paradosso che evidenzia come la ricchezza, pur esistendo, non venga redistribuita in modo da rispondere ai reali bisogni della società.

Quale futuro?

La questione non riguarda solo l’etica, ma la sostenibilità economica e sociale. Un sistema che concentra ricchezze smisurate in poche mani finisce per generare squilibri difficili da gestire e tensioni crescenti nel tessuto comunitario.
Per questo motivo, sempre più economisti e istituzioni sottolineano l’importanza di politiche di redistribuzione: strumenti fiscali equi, tassazione importante degli individui mega-ricchi, investimenti pubblici strategici, welfare efficiente.
In altre parole, serve un modello che permetta alla ricchezza – generata collettivamente – di tornare a beneficio della collettività, invece di accumularsi senza limiti nelle mani di pochissimi.

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