L’Italia è un Paese sempre più povero. È la fotografia scattata da Caritas, l’ente benefico della Cei, nel rapporto su povertà ed esclusione sociale, registrando un aumento di oltre il 43% di famiglie indigenti negli ultimi 10 anni.
Dall’elaborazione dei dati Istat risultano ad oggi oltre 5,7 milioni di poveri, pari al 9,8% della popolazione residente in Italia.
La crescita della povertà assoluta
Caritas ha presentato la 29esima edizione del suo report sull’Italia, dal titolo “Fuori campo. Lo sguardo della prossimità”, in occasione della Giornata mondiale dei poveri di domenica 16 novembre.
Il rapporto mette in evidenza un fenomeno consolidato che nell’ultimo decennio ha registrato una significativa crescita, interessando in particolare i minori e i lavoratori precari con salari insufficienti.
Un incremento calcolato in un +43,3% di famiglie in povertà assoluta, che attualmente sono in Italia 2,2 milioni, pari al 8,4% dei nuclei.
Di questi, nel 2024 i centri Caritas hanno offerto sostegno a 277.775 famiglie, pari al 12% del totale, in aumento del 3% sul 2023, registrando rispetto al 2014 un + 62,6%.
Inoltre, sono almeno 10 milioni nel nostro Paese le persone con meno di 2mila euro di risparmi liquidi, che avrebbero dunque grossi problemi a far fronte a imprevisti gravi, come la perdita del lavoro o la scoperta di una malattia seria.
Il rapporto Caritas sulla povertà in Italia
Lo studio si è concentrato non soltanto sulle difficoltà economiche e abitative, ma anche rispetto alle fragilità sociali provocate da disoccupazione, bassa scolarizzazione, irregolarità giuridica, isolamento e carichi familiari.
La povertà si manifesta sempre più come nodo multidimensionale di fragilità intrecciate, non riducibile alla sola mancanza di reddito
Da questa indagine è stato ricavato un indice sintetico di vulnerabilità individuale, secondo cui il 67% delle persone con più disagi, in almeno tre degli ambiti presi in esame, rientra in una fascia di vulnerabilità medio-alta o alta.
Il report della Caritas ha evidenziato in questo quadro anche l’aumento delle disuguaglianze in Italia, dove il 10% delle famiglie più facoltose possiede il 60% della ricchezza complessiva.
Disparità che, secondo l’analisi, hanno ripercussioni tra una generazione e l’altra, alimentando un circolo vizioso destinato a bloccare la mobilità sociale, cristallizzando da una parte i privilegi e dall’altra le esclusioni.
Mentre dagli anni ’90 il patrimonio medio dei 50mila italiani più ricchi è più che raddoppiato, i 25 milioni di persone più indigenti hanno visto ridursi di oltre tre volte i propri averi, fino a un patrimonio medio di circa 7 mila euro pro-capite.
Bersagli sono soprattutto le donne e i giovani tra i 16 e i 34 anni residenti al Sud, oltre in generale ai lavoratori con contratti part-time.
Una condizione effetto anche della decrescita degli stipendi: l’Italia è ultima in classifica per variazione dei salari reali medi dei Paesi OCSE nell’arco temporale tra il 1990 e il 2020 e l’unico Paese con un valore negativo (-2,9%).