Palazzo Chigi approva la Nadef: strada in salita per il nuovo governo

La crescita nel 2023 è stata tagliata a +0,6%, un quarto di quanto indicato nel DEF e ben al di sotto del 3,3% segnalato per quest'anno

Pubblicato: 29 Settembre 2022 14:18

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Redazione

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La strada tracciata dalla Nadef è tutta in salita per il Governo Meloni, che si troverà ad affrontare un contesto economico più sfidante, dominato da un rallentamento economico generalizzato dell’economia mondiale e da un’inflazione alle stelle. Il CdM, in vista dle varo della prossima Manovra di bilancio, ha così approvato la Nota di aggiornamento al Documento di Economia e Finanza pubblicato lo scorso aprile, usando ancora una volta un approccio prudenziale e dando un colpo di scure alle stime di crescita dell’Italia.

“L’economia italiana – premette Palazzo Chigi – ha registrato sei trimestri di crescita superiore alle aspettative; le prospettive adesso risultano meno favorevoli in ragione del marcato rallentamento dell’economia globale e di quella europea, principalmente legato all’aumento dei prezzi dell’energia, all’inflazione e alla situazione geopolitica”.

PIL ridotto a un quarto delle stime originarie

Nella Nadef la crescita stimata del PIL 2022 è pari a +3,3%, con una revisione al rialzo rispetto alle previsioni del DEF di aprile (+3,1%). La crescita rallenterà nel 2023 a +0,6%, appena un quarto rispetto al +2,3% programmatico del DEF di aprile, per poi risalire a +1,8% nel 2024 e +1,5% nel 2025, come stimato dal DEF.

Allo 0,6% la crescita dell’economia italiana sarebbe comunque superiore alle previsioni più pessimistiche formualte dal Fitch, che stima una recessione (PIL -0,7%).

“La previsione di aumento del PIL per quest’anno viene rivista al rialzo – si sottolinea – grazie alla crescita superiore al previsto registrata nel primo semestre e pur scontando una lieve flessione del PIL nella seconda metà dell’anno”.

Indebitamento in salita con aumento spesa interessi

L’indebitamento netto tendenziale nel 2022 è atteso in calo al 5,1%, a fronte dell’obiettivo del 5,6% indicato in aprile col DEF, lasciando un tesoretto di 8-10 miliardi a disposizione del nuovo governo per l nuvo decreto Aiuti, per compensare il caro energia.

Il deficit poi si attesterà nel 2023 al 3,4% risentendo dell’impatto dell’aumento dei tassi di interesse operato dalla BCE, che farà aumentare la spesa per finanziare il debito in essere. “Nel 2023 permarranno gli effetti del rialzo dei tassi di interesse e la spesa per interessi sarà pari al 3,9 per cento del PIL. L’aumento di tassi e rendimenti – si sottolinea – ha un impatto negativo sul PIL che è marginale per quest’anno ma molto significativo sul 2023 e rilevante sugli anni successivi”.

Il rapporto debito/PIL è previsto in netto calo quest’anno, al 145,4% (dal 150,3% del 2021), anche più della stima di aprile (146,8%). Il sentiero di discesa proseguirà negli anni a seguire fino ad arrivare al 139,3% nel 2025 (141,2% la stima del Def): nel 2023 il debito è stimato al 143,2% (dal 145% della stima di aprile) e nel 2024 al 140,9% (143,2% nella stima del Def di aprile).

Puntare su PNRR e investimenti

“I prossimi mesi – evidenzia la Nadef – saranno complessi, alla luce dei rischi geopolitici e del probabile permanere dei prezzi dell’energia su livelli elevati. Le risorse a disposizione del Paese per rilanciare gli investimenti pubblici e promuovere quelli privati, sia in nuovi impianti sia in innovazione, non hanno tuttavia precedenti nella storia recente e potranno dar luogo a una crescita sostenibile ed elevata, così da porre termine alla lunga fase di sostanziale stagnazione dell’economia”.

“L’ammontare di risorse effettivamente spese per i progetti del PNRR nel corso di quest’anno – si legge nella premessa della Nadef – sarà inferiore alle proiezioni presentate nel DEF per il ritardato avvio di alcuni progetti che riflette, oltre i tempi di adattamento alle innovative procedure del PNRR, gli effetti dell’impennata dei costi delle opere pubbliche. Dei 191,5 miliardi assegnati all’Italia solo 21 miliardi saranno effettivamente spesi entro la fine di quest’anno. Restano circa 170 miliardi da spendere nei prossimi 3 anni e mezzo, risorse che se pienamente utilizzate daranno un contributo significativo alla crescita”.

In riferimento all’impennata dei costi delle opere pubbliche, nella premessa il ministro dell’Economia Daniele Franco spiega che “su quest’ultimo fronte il governo è intervenuto per incrementare i fondi destinati a compensare i maggiori costi, sia per le opere in corso di realizzazione, sia per quelle del piano”.

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