John Elkann non va in Parlamento per discutere della crisi Stellantis: Fontana contrariato

Crisi Stellantis, Elkann rinuncia all’audizione parlamentare ma punta su un confronto istituzionale, Fontana insoddisfatto

Pubblicato: 30 Ottobre 2024 08:00

Francesca Secci

Giornalista

Giornalista pubblicista con esperienza in redazioni rilevanti, è specializzata in economia, finanza e geopolitica.

John Elkann, presidente di Stellantis, ha deciso di non presentarsi di persona in Parlamento per discutere sulla crisi Stellantis. In una lettera inviata al presidente della Commissione Attività Produttive della Camera, Alberto Luigi Gusmeroli, Elkann ha preferito mantenere le distanze, pur dichiarando “la disponibilità a un dialogo franco e rispettoso”.

Nella missiva, Elkann chiarisce che Stellantis continuerà a collaborare con il Ministero delle Imprese e del Made in Italy, restando in attesa della convocazione ufficiale da Palazzo Chigi.

Le mozioni e l’attesa di Palazzo Chigi

Elkann, nella sua lettera, fa un chiaro riferimento alle mozioni approvate dalla Camera il 16 ottobre, che impegnano il Governo a convocare un tavolo con tutte le parti interessate entro la fine dell’anno. Una scelta che punta a discutere il futuro dell’azienda e il ruolo di Stellantis in Italia.

Il presidente del gruppo automobilistico però mette in chiaro che, dall’audizione dell’11 ottobre, non ci sono stati aggiornamenti rilevanti. Nonostante la convocazione risalisse ad agosto, Elkann ha comunicato la sua decisione con una lettera, nella quale ha dichiarato: “Non abbiamo nulla da aggiungere rispetto a quanto già illustrato dall’amministratore delegato” Carlos Tavares, il quale era stato ascoltato dai deputati l’11 ottobre.

Da parte sua, Elkann non ha mancato di ringraziare i membri della Commissione per l’attenzione verso un settore in evoluzione come quello dell’automotive, sia a livello italiano che europeo.

Il presidente di Stellantis ha spiegato che il gruppo automobilistico “prosegue le interlocuzioni con il ministero delle Imprese e del Made in Italy nell’ambito del tavolo di confronto istituito presso il dicastero, in attesa della convocazione ufficiale presso la Presidenza del Consiglio”. L’incontro, secondo quanto stabilito dalla mozione approvata il 16 ottobre dalla Camera, dovrebbe coinvolgere tutte le parti interessate e svolgersi entro la fine dell’anno.

L’irritazione di Fontana: “Grave scavalcare il Parlamento”

La decisione di Elkann ha suscitato una reazione immediata da parte del presidente della Camera, Lorenzo Fontana. “Apprendo con sconcerto da fonti stampa che il presidente di Stellantis non vorrebbe riferire in Parlamento sulla situazione aziendale. Mi auguro che questa posizione possa essere presto chiarita. Scavalcare il Parlamento sarebbe un atto grave”, ha dichiarato Fontana in una nota ufficiale.

Stellantis, in crisi negli Stati Uniti: sempre meno posti di lavoro

Mentre in Italia John Elkann decide di non presentarsi in Parlamento e lasciare aperta l’attesa per un incontro a Palazzo Chigi, negli Stati Uniti Stellantis è impegnata in una serie di drastici tagli alla produzione e al personale. Il colosso automobilistico ha ridotto le attività in diversi stabilimenti, incluso il Detroit Assembly Complex, dove i Suv Jeep Grand Cherokee e Dodge Durango vengono costruiti. La produzione è stata sospesa questa settimana, lasciando temporaneamente a casa diversi lavoratori, mentre 51 operai sono stati licenziati in modo definitivo in ciascun impianto.

La mossa dell’azienda ha già fatto alzare la voce ai sindacati, specialmente in impianti strategici come il Toledo Assembly Complex e il Warren Truck Assembly Plant, dove la produzione dei grandi Suv è stata frequentemente interrotta nel corso dell’anno a causa di ordini limitati.

Vista la crisi dell’automotive, Stellantis si giustifica dicendo che ha dovuto prendere “decisioni difficili ma necessarie” per rimanere competitiva in un mercato volatile, attuando licenziamenti a tempo indeterminato in più sedi, come previsto dall’accordo con il sindacato Uaw, che garantisce un anno di indennità pari al 74% dello stipendio ai lavoratori colpiti.

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