“Per elaborare possibili previsioni sui rendimenti attesi di lungo termine delle principali asset class, è fondamentale l’esplorazione di molteplici scenari e tendenze globali. Tre, a nostro avviso, i principali fattori da tenere in considerazione: l’Intelligenza Artificiale, la Cina e i mercati emergenti e le prospettive della seconda presidenza di Donald Trump negli Stati Uniti” . Lo sottolinea Richard Flax, Chief Investment Officer di Moneyfarm spiegando che negli ultimi anni, l’Intelligenza Artificiale ha catalizzato un’enorme attenzione e ingenti investimenti. Le elevate aspettative legate a questa tecnologia sono già riflesse nei prezzi di alcune azioni, in particolare nel settore tecnologico, ma il suo impatto potrebbe influenzare trasversalmente un ampio ventaglio di industrie. Se la realtà dovesse soddisfare le aspettative, potrebbe segnare un cambiamento radicale nel potenziale di crescita economica, con ricadute positive sui rendimenti degli asset.
Cosa aspettarci nel 2025?Analisi a lungo termine
Riguardo alle prospettive di crescita della Cina, che ha attraversato un periodo di performance relativamente deboli, è necessaria una disamina delle misure messe in atto dal governo per stimolare l’economia, con un focus particolare sul settore immobiliare, e la valutazione se saranno sufficienti a favorire una ripresa economica sostenibile nel lungo periodo. Infine, volgendo lo sguardo agli Stati Uniti, la vittoria repubblicana potrebbe segnare l’inizio di profondi cambiamenti politici, incidendo sulle principali variabili macroeconomiche nel lungo periodo. Cambiamenti nei dazi, nella regolamentazione e nelle aliquote fiscali potrebbero influire su crescita e inflazione a livello globale, mentre un aumento del deficit fiscale potrebbe contribuire a mantenere elevati i rendimenti obbligazionari per un periodo più lungo. Le potenziali implicazioni di queste dinamiche sono complesse e ricche di sfumature.
La corsa all’oro dell’Intelligenza Artificiale
La prospettiva di una nuova rivoluzione industriale e il conseguente ottimismo riflesso nei mercati, ha portato a una delle maggiori corse all’oro nella storia del capitalismo. Per giustificare un investimento così ingente, l’IA dovrà mantenere due promesse che si misureranno sui profitti aziendali: la prima è che una progressiva integrazione nei sistemi aziendali generi un aumento della produttività; la seconda è che le infrastrutture costruite facilitino effettivamente lo sviluppo di prodotti e servizi innovativi in grado di trovare applicazioni in diverse industrie. Per il momento, i grandi numeri arrivano principalmente dai giganti tecnologici, che stanno investendo massicciamente sul futuro dell’IA, forti anche delle grandi riserve di liquidità che hanno accumulato negli anni.
Le sette big tech americane rappresentano quasi il 35% della capitalizzazione di mercato dell’S&P 500 e hanno contribuito a oltre il 70% dei rendimenti dall’inizio del 2023. La questione è che i sistemi di nuova generazione richiedono investimenti esponenziali per venire addestrati, potenzialmente limitando il ritorno sull’investimento, e per continuare a vedere un miglioramento del funzionamento dei modelli servono dati di qualità che potrebbero essere difficili da reperire. Un’ulteriore sfida riguarda i costi energetici, che potrebbero diventare sempre più onerosi man mano che la tecnologia evolve e il suo utilizzo diventa più diffuso.
Per il momento “è ancora presto per capire quali aziende saranno in grado di portare sul mercato prodotti o servizi di intelligenza artificiale in grado di rivoluzionare il proprio mercato di riferimento, ma è probabile che il nuovo ciclo di innovazione legato all’IA arriverà da settori come quello farmaceutico, delle telecomunicazioni o della robotica. Crediamo che a partire dal 2025 cominceremo a vedere l’IA ovunque, un trend globale che si estenderà nel corso degli anni. In Moneyfarm riteniamo che l’intelligenza artificiale possa diventare uno dei maggiori acceleratori di crescita della storia economica e rappresenti un’opportunità importante per gli investitori nei prossimi anni”.
Cina e Mercati Emergenti: nuova mappa del commercio globale
La politica commerciale di Donald Trump “potrebbe ridisegnare profondamente la mappa del commercio internazionale e i rapporti di forza tra le economie emergenti, spingendo le nazioni a rivedere le proprie strategie economiche e politiche. Nonostante i recenti tentativi di questi Stati di consolidare il loro peso politico, emergono divergenze economiche sempre più marcate. La nuova direzione impressa da Washington, destinata a inaugurare una stagione inedita di diplomazia commerciale, potrebbe non solo approfondire tali divisioni, ma anche rappresentare una vera e propria scelta di campo per molte nazioni”.
L’esperto sottolinea che la Cina si prepara a invertire il rallentamento della crescita e dei prezzi che sta rischiando di impantanare la sua economia. La dinamica è iniziata ormai da qualche anno ed è stata innescata dall’eccessivo debito e dalla crisi del settore immobiliare. La ristrutturazione del debito rappresenta una sorta di salvataggio, concepito per affrontare definitivamente uno dei problemi cronici dell’economia.
Resta tuttavia aperto il quesito se riuscirà davvero a centrare questo obiettivo. Le linee guida di politica economica per il 2025 lasciano aperta la porta a un’ulteriore espansione fiscale, con l’obiettivo di stabilizzare il mercato immobiliare, aumentare gli investimenti e stimolare i consumi, ma dovranno fare i conti con le tensioni commerciali che i dazi doganali potrebbero acuire. Bisognerà valutare quanto le esportazioni di Pechino verso altri mercati possano compensare le perdite negli scambi con gli Stati Uniti e l’Europa. Gli effetti diretti e indiretti della nuova politica commerciale non si esaurirebbero con la Cina, ma potrebbero riguardare tutti i Paesi emergenti, andando potenzialmente a ridisegnare la mappa del commercio globale. Uno dei principali vincitori nel nuovo assetto commerciale potrebbe essere l’India, la cui economia sta attraversando una fase molto positiva. Il Paese, grazie alla sua enorme capacità produttiva e industriale, potrebbe essere uno dei principali beneficiari del fenomeno che vedrebbe soppiantare le manifatture cinesi colpite dalla scure dei dazi. Le relazioni tra Stati Uniti e India si sono rafforzate notevolmente nel periodo tra il primo e il secondo mandato di Trump, durante il quale il Paese è cresciuto e ha guadagnato un posto di sempre maggior rilievo nello scacchiere economico internazionale: l’India è ora tra i primi 10 partner commerciali degli Stati Uniti.
Il ritorno di Trump: le sfide economiche della Maganomics
Le elezioni USA del 2024 si sono concluse con una netta vittoria per Donald Trump e per il Partito Repubblicano. Le politiche economiche promesse si snodano su tre direttrici principali, sottolinea l’esperto: un taglio significativo delle tasse, accompagnato da una massiccia deregolamentazione per rilanciare la crescita e l’economia, politiche commerciali protezionistiche e un’analisi e valutazione della spesa pubblica – o spending review. Secondo Trump e i suoi consiglieri, l’effetto di queste politiche dovrebbe bilanciarsi e portare a un abbassamento del debito pubblico e del deficit statale. La sua vittoria ha portato con sé un’ondata di ottimismo sui mercati azionari americani, con gli investitori che si sono focalizzati sui potenziali benefici per le aziende. Tuttavia, non tutte le politiche proposte da Trump sono considerate favorevoli alla crescita. Il consenso tra economisti e investitori è che i dazi (insieme alle politiche sull’immigrazione) eserciteranno una pressione al rialzo sull’inflazione, mentre i tagli fiscali sosterranno gli utili delle aziende, con possibili vantaggi per gli investitori. Da un punto di vista finanziario, non sembra realistico immaginare che i tagli si paghino da soli, finanziandosi tramite la crescita che saranno in grado di generare.
“È probabile che determineranno un aumento del deficit e dell’inflazione, con conseguente pressione sui tassi di interesse nel medio periodo, che potrebbe in parte controbilanciare la spinta ai mercati azionari.Le politiche di spending review e di taglio della spesa, pur avendo la possibilità teorica di creare efficienze nella misura in cui aiutino a finanziare i tagli fiscali, hanno nel breve termine un effetto recessivo e deflattivo. Esse potrebbero controbilanciare la pressione sui tassi e sull’inflazione, ma anche smorzare la crescita economica.Infine, Trump ha proposto una regolamentazione più morbida per le fusioni e per l’industria petrolifera e del gas che dovrebbero favorire la crescita, aumentare la fiducia delle imprese e avvantaggiare settori specifici come quello petrolifero e finanziario. Gli effetti sull’economia più ampia, però, sarebbero difficili da prevedere. Le misure sono pensate per compensarsi, implementarle in una sequenza sbagliata rischierebbe di inviare segnali ambigui al mercato”.
Le aspettative – conclude l’esperto- sono per una crescita dell’economia, dell’inflazione e del deficit. Nel lungo termine, il mantenimento di questo bilancio sarà un fattore rilevante per l’andamento dei mercati azionari globali, sia per le sue conseguenze dirette sia per gli effetti sulla politica della Federal Reserve. Se da una parte le preoccupazioni riguardo al deficit e alla politica monetaria persistono, dall’altra, la fiducia nell’economia americana, nel suo sistema e nelle sue aziende (che stanno guidando innovazioni chiave come l’intelligenza artificiale), spinge a guardare al futuro con ottimismo.