Equal Pay Day, dal 15 novembre le donne lavorano “gratis”, i dati in Italia e in Europa

In Europa si celebra l’Equal Pay Day per portare l’attenzione sul tema della disparità salariale di genere, un problema ancora rilevante in ogni settore

Pubblicato: 15 Novembre 2024 12:09

Giorgio Pirani

Giornalista economico-culturale

Giornalista professionista esperto di tematiche di attualità, cultura ed economia. Collabora con diverse testate giornalistiche a livello nazionale.

Il 15 novembre segna l’Equal Pay Day dell’Unione Europea, una data simbolica che indica quanti giorni in più le donne devono lavorare fino alla fine dell’anno per guadagnare quanto gli uomini hanno ricevuto nello stesso periodo. Oggi, infatti, le donne iniziano a lavorare “gratis”, dato che, da questa data, non vengono più retribuite rispetto ai colleghi maschi. Secondo il World Economic Forum ci vorranno ancora oltre 130 anni per colmare il gender gap globale.

Questo gap salariale di genere, noto come Gender Pay Gap, è purtroppo ancora ben marcato nei paesi del mondo, Italia compresa: secondo l’ultimo rapporto Inps, gli uomini guadagnano il 28% in più rispetto alle donne.

I dati in Italia

In Italia, il divario salariale di genere, che si estende anche al settore pensionistico, è significativo e penalizza le donne per tutta la durata della loro carriera. La maggior parte delle lavoratrici del settore privato è impiegata in settori con bassa retribuzione e scarsa valorizzazione sociale, come commercio, turismo, pulizie e assistenza, ambiti caratterizzati da una forte frammentazione del lavoro, con contratti temporanei, a chiamata, stagionali e in somministrazione.

Secondo i dati dell’Inps, nel 2023 le retribuzioni medie settimanali lorde degli uomini sono state di 643 euro, superiori del 28,34% rispetto ai 501 euro medi percepiti dalle donne. Questi dati emergono dal Rendiconto Inps presentato oggi dal Civ dell’Istituto, che evidenzia anche una discrepanza significativa tra le retribuzioni settimanali medie dei lavoratori comunitari (uomini e donne) e quelle degli extracomunitari: 582 euro contro 385 euro, con una differenza del 51%. Gli stranieri rappresentano il 10,7% degli occupati, ma superano il 25% tra i nuovi assunti. Tra gli extracomunitari, le donne guadagnano in media 309 euro a settimana, mentre gli uomini percepiscono 432 euro.

Sempre più donne lavorano part-time

In Italia, sono circa 4 milioni e 238 mila i lavoratori con contratti part-time. Di questi, il 57,9% ha un orario ridotto involontariamente, un’incidenza che rappresenta la più alta di tutta l’Eurozona. Questo significa che l’orario ridotto non è una scelta, ma una condizione imposta. A caratterizzare maggiormente questa tipologia di precarietà è il fatto che il 74,2% degli occupati a tempo parziale è donna, ovvero una su tre delle lavoratrici italiane.

“Part time in Italia vuol dire basse retribuzioni, grande flessibilità per cui l’orario può essere spostato con il minimo preavviso, cosa che lo rende poco compatibile con altre esigenze personali o lavorative, e conseguenze su tutto il resto, dalle ferie ai permessi, dalla tredicesima alla disoccupazione – precisa Rossella Marinucci, Cgil nazionale -.

L’orario ridotto è anche l’unica opportunità per 6 lavoratori su 10: l’Istat lo definisce proprio così, involontario. E quel 40 per cento che lo sceglie, lo fa per via dei carichi di famiglia, figli, persone care non autosufficienti. In pratica, perché è l’unico strumento di conciliazione disponibile, data l’assenza di servizi, cosa che spiega anche l’alta incidenza di questa tipologia di contratto tra le donne. Dentro c’è una questione tutta femminile”.

Cosa sta facendo l’Europa per la parità di genere

In 12 Paesi dell’Ue (Austria, Belgio, Cipro, Repubblica Ceca, Germania, Estonia, Francia, Paesi Bassi, Slovacchia, Portogallo, Spagna e Svezia) è stato istituito l’Equal Pay Day, con una data calcolata in base al divario retributivo specifico di ciascun Paese. In occasione di questa giornata, vengono organizzate numerose attività di sensibilizzazione per mettere in luce gli effetti negativi del divario salariale di genere. Tra queste iniziative si trovano azioni per la parità retributiva promosse dai sindacati, dibattiti pubblici, seminari e conferenze stampa.

Per contrastare questo fenomeno, l’Unione Europea, sotto la prima maggioranza di Ursula, con un forte contributo di S&D e dei Verdi, ha adottato la direttiva sulla Pay Transparency. Questo provvedimento prevede una serie di misure volte a garantire la comparabilità delle retribuzioni per lavori di pari valore tra uomini e donne, con l’obiettivo di promuovere la parità salariale. La direttiva dovrà essere recepita anche in Italia entro il 2026. Nel frattempo, il mondo delle imprese, consapevole che l’adeguamento delle retribuzioni tra i sessi comporterà dei costi, si sta preparando a una sua applicazione meno vincolante.

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963