Dazi, dubbi sull’accordo: l’Ue rinvia di 6 mesi

L'Unione europea ha rinviato di 6 mesi i contro-dazi previsti in caso gli Usa avessero imposto tariffe del 30% ad agosto, ma l'accordo non è ancora concluso

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Matteo Runchi

Editor esperto di economia e attualità

Redattore esperto di tecnologia e esteri, scrive di attualità, cronaca ed economia

L’Unione europea ha annunciato che rinvierà di 6 mesi l’entrata in vigore dei contro-dazi agli Usa. Queste contromisure sarebbero state adottate se gli Stati Uniti avessero effettivamente imposto dazi del 30% a partire dal 1° agosto. L’accordo tra Donald Trump e Ursula von der Leyen dovrebbe aver evitato questa ipotesi.

Il testo definitivo dell’accordo commerciale tra Ue e Usa, però, non esiste ancora. Ci sono ancora molte questioni aperte, dalla web tax alle possibili quote sui farmaci, alle liste di esenzione, fino all’attuazione degli accordi su armi ed energia, su cui Bruxelles non ha nessuna competenza.

L’Ue ha rinviato i contro-dazi

La notizia del rinvio dei contro-dazi europei era attesa. Gli analisti però si aspettavano una sospensione senza nessuna scadenza futura, mentre la Commissione ha preferito porre un limite di sei mesi. Lontano nel tempo ma comunque fissato, a dimostrazione del fatto che tra Ue e Usa non c’è fiducia totale.

Manca ancora un accordo scritto. Le dichiarazioni di Trump e von der Leyen rimangono un impegno, ma le questioni aperte che potrebbero complicare la firma dell’accordo commerciale sono comunque diverse. Alcune sono molto sensibili, altre invece necessitano di dettagli per essere chiarite dal punto di vista pratico.

ANSA
Le due versioni dell’accordo sui dazi

La web tax

La più delicata delle questioni in sospeso è la web tax, la tassa sui servizi digitali. Si tratta di un prelievo fiscale che colpirebbe le aziende che forniscono questo tipo di servizi in Europa. Sarebbe internazionale, quindi valida su tutto il territorio dell’Ue. Questa misura, che è ancora in sospeso in Europa, avrebbe diversi effetti:

Trump si è detto più volte contrario alla web tax europea e vorrebbe che l’accordo finale la escludesse completamente. Approvarla sarebbe comunque complicato per l’Ue. Una tassa europea necessita dell’approvazione di tutti e 27 i Paesi membri, e sicuramente Stati come Irlanda, Malta, i Paesi Bassi e Lussemburgo si opporrebbero.

I prodotti farmaceutici

Un’altra questione rimasta aperta è quella dei prodotti farmaceutici. Trump ha fin da subito detto che sarebbero rimasti fuori dall’accordo e avrebbero avuto una tariffa doganale superiore. Un problema in particolare per l’Italia, che nel 2024 ha esportato più di 10 miliardi di euro di questi prodotti negli Usa.

Anche fonti vicine alla stesura dell’accordo, citate dall’agenzia di stampa Ansa, riportano di una certa confusione sull’argomento. I punti fermi rimangono:

Non è chiaro però se si tratterà di un accordo a parte, da siglare in seguito, oppure se anche queste tariffe entreranno nel testo definitivo dell’intesa siglata in Scozia. Non si sa nemmeno se i dazi al 15% sui farmaci partiranno da domani 1° agosto o da un’altra data.

L’accordo su armi e gas

Infine ci sono i due impegni finanziari presi dall’Ue in Scozia. In tutto 1,35 miliardi di dollari, divisi in:

Su questi temi il problema principale è pratico. Né l’Ue né tanto meno gli Stati europei possono costringere, viste le loro leggi, aziende private ad acquistare prodotti da uno Stato specifico. Si tratterebbe di una violazione delle norme che regolano il libero mercato. Inoltre, se negli investimenti potrebbe rientrare uno schema di acquisto delle armi per l’Ucraina, sull’energia sembra esserci molta confusione.

In un’analisi, il Financial Times ha definito i numeri emersi in Scozia come “campati in aria” e ha descritto diverse ragioni per cui l’accordo sull’energia è completamente impraticabile:

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