Buoni pasto, rimandato il tetto del 5% alle commissioni per i privati: ma fino a gennaio

Approvato l'emendamento di FdI al Dl Concorrenza, che equipara il tetto sulle commissioni del settore privato a quello sul pubblico, ma con un periodo transitorio

Pubblicato: 21 Novembre 2024 21:12

Claudio Carollo

Giornalista politico-economico

Classe ’88, è giornalista professionista dal 2017. Scrive di attualità economico-politica, cronaca e sport.

Pericolo scampato per le società emettitrici dei buoni pasto, almeno fino a gennaio. In Commissione attività produttive ha ottenuto il via libera l’emendamento di Fratelli d’Italia che mette un limite massimo del 5% alle commissioni sui ticket destinati ai dipendenti del privato per l’acquisto di pasti e generi alimentari. Una misura introdotta nel Dl Concorrenza con l’obiettivo di equiparare la soglia a quanto applicato sui buoni pasto nella pubblica amministrazione, ma che aveva fatto scatenare le proteste dei gestori. Per non mettere a rischio i circa 300mila accordi di welfare sottoscritti dalle aziende in Italia e concedere agli operatori del settore un periodo di transizione, la norma è stata approvata con alcune correzioni, che prevedono tempistiche diverse a seconda della data di emissione dei coupon.

L’emendamento al Dl Concorrenza

Le novità sull’emendamento a prima firma del deputato di FdI, Silvio Giovine, prevedono che l’attuale percentuale sulle commissioni rimanga invariata fino al 31 agosto 2025 per i buoni pasto attualmente in circolazione.

L’applicazione del tetto del 5% scatterà, invece, dall’1 gennaio 2025 per i ticket di nuova emissione e dal settembre del prossimo anno per quelli già circolanti dal 2024.

La misura stabilisce, inoltre, che dall’1 settembre 2025 le società che emetto i buoni pasto possano recedere dai contratti già conclusi con i datori di lavoro, senza indennizzi o oneri (in deroga all’articolo 1671 cc).

La norma è stata rivista per stemperare la levata di scudi dei gestori dei ticket, i quali, tramite le parole del presidente di Anseb (Associazione nazionale società emettitrici buoni pasto) Matteo Orlandini, avevano messo in guardia sulla tenuta di oltre 300mila accordi con le aziende, “con immediate conseguenze sulla fruibilità dei buoni pasto”.

Si tratta di un giro d’affari del valore di circa 4 miliardi basato sulle convenzioni tra società emettitrici ed esercenti: tramite i buoni pasto le imprese offrono un servizio alternativo alla mensa ai dipendenti, che possono utilizzare i buoni pasto in bar, ristoranti e supermercati per l’acquisto di alimentari. Ticket sui cui gli emettitori trattengono fino anche al 20% del valore dell’importo speso negli esercizi commerciali.

Percentuali che sempre più spesso hanno portato gli esercenti a rifiutare i tagliandi, spingendo le associazioni a chiedere un’uniformazione con il tetto del 5% sulle commissioni applicato nel settore pubblico con la modifica del 2022 al Codice degli Appalti.

Le reazioni delle associazioni

Per la Federazione italiana pubblici esercizi, l’intervento del Governo è “un grande traguardo” che “premia il buon senso perché riduce sensibilmente i costi per le migliaia di piccole imprese che accettano i buoni pasto, senza penalizzare i lavoratori per i quali il valore del buono resta immutato”.

Secondo Ernesto Dalle Rive, presidente Ancc-Coop, l’Associazione nazionale cooperative di consumatori, l’emendamento, nonostante la correzione sui tempi per andare incontro alle società emettitrici, “allinea le commissioni pagate dagli esercenti in ambito privato a quelle del settore pubblico che già per legge non superano il 5% introducendo un principio paritetico su uno strumento identico e, infine, ci avvicina alla media europea, modificando un’anomalia tutta italiana“.

Soddisfazione per il passo avanti anche da parte di Giancarlo Banchieri, Presidente di Fiepet Confesercenti: “Bisogna tutelare gli esercenti, spesso piccole imprese, dai costi eccessivi imposti unilateralmente dagli emettitori dei buoni. Una deriva che danneggia anche i consumatori che si avvalgono dei buoni pasto: i costi insostenibili stanno infatti spingendo numerosi esercenti a rifiutare i buoni pasto, riducendo significativamente l’efficacia di questo importante strumento di welfare aziendale”.

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