Il Presidente della Repubblica Italiana, Sergio Mattarella, ha recentemente firmato la legge sull’Autonomia differenziata, ufficialmente denominata “disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario”. Questa legge, costituita da 11 articoli, è volta a implementare la riforma del Titolo V della Costituzione introdotta nel 2001, stabilendo le procedure per l’applicazione dell’articolo 116, terzo comma.
Secondo fonti del Colle, non sono stati riscontrati motivi di incostituzionalità, motivo per cui il vaglio degli uffici è durato solo pochi giorni. Nei giorni precedenti, era stato assicurato un esame approfondito come per ogni atto sottoposto al Capo dello Stato.
Le pressioni dei Cinquestelle
Dopo l’approvazione alla Camera, i Cinquestelle avevano sollecitato Mattarella a non firmare il disegno di legge, invocando la sua prerogativa costituzionale del “rinvio presidenziale” previsto dall’articolo 74 della Costituzione. Tuttavia, questa richiesta, sebbene parte della dialettica politica, non è stata accolta in assenza di ragioni di incostituzionalità, rispettando il ruolo neutrale del Presidente della Repubblica.
La legge non era piaciuta neanche all’Ue, che aveva richiamato l’Italia prima dell’approvazione della riforma.
Procedura di richiesta autonomica
La richiesta di autonomia parte dalle Regioni stesse, previo consulto con gli enti locali. Le materie coinvolte sono 23, tra cui tutela della salute, istruzione, ambiente, energia, trasporti, cultura e commercio estero. Di queste, 14 sono definite dai Livelli Essenziali di Prestazione (Lep).
La concessione di forme di autonomia è subordinata alla definizione dei Lep, che stabiliscono i livelli minimi di servizio da garantire uniformemente su tutto il territorio nazionale. La determinazione dei Lep avverrà attraverso un’analisi della spesa storica dello Stato nelle diverse Regioni negli ultimi tre anni.
Secondo l’articolo 4, modificato da un emendamento in Senato, le funzioni saranno trasferite alle Regioni solo dopo la determinazione dei Lep e nei limiti delle risorse disponibili in legge di bilancio. Senza Lep e il loro finanziamento, l’autonomia non sarà concessa.
Alcuni osservatori sottolineano che la riforma, al momento, appare come una struttura non ancora completa. Le Regioni dovranno di volta in volta richiedere le competenze nelle 23 materie elencate nel provvedimento. Questa legge, sostenuta con forza dalla Lega, mira a stabilire le intese tra lo Stato centrale e le Regioni che desiderano maggiore autonomia.
La cabina di regia
Un organo composto da tutti i ministri competenti, assistito da una segreteria tecnica, sarà istituito presso il Dipartimento per gli affari regionali e le autonomie. Questo organismo avrà il compito di analizzare il quadro normativo delle funzioni amministrative statali e regionali e identificare le materie relative ai Lep sui diritti civili e sociali da garantire su tutto il territorio nazionale.
Tempistiche per l’attuazione
Entro 24 mesi dall’entrata in vigore della legge, il governo dovrà emanare uno o più decreti legislativi per stabilire i livelli e gli importi dei Lep. Stato e Regioni, una volta avviato il processo, avranno 5 mesi per giungere a un accordo. Le intese potranno durare fino a 10 anni, con possibilità di rinnovo o di cessazione anticipata con un preavviso di 12 mesi.
Clausola di salvaguardia
L’undicesimo articolo estende la legge anche alle Regioni a statuto speciale e alle province autonome, introducendo una clausola di salvaguardia per l’esercizio del potere sostitutivo del governo.
L’esecutivo potrà intervenire sostituendosi agli organi regionali, metropolitani, provinciali e comunali in caso di inadempienze, pericoli per la sicurezza pubblica o necessità di tutelare l’unità giuridica o economica del Paese, in particolare per garantire i livelli essenziali delle prestazioni sui diritti civili e sociali.