Cresce l’home banking, aumenta l’utilizzo delle carte e, di conseguenza, diminuiscono il numero degli sportelli bancari e dei bancomat. E in 3.200 comuni italiani non c’è neppure uno sportello.
Province colpite dalla maggiore desertificazione bancaria
Oggi trovare uno sportello bancario in determinate parti del Paese sta diventando più difficile. Non solo nei piccoli centri o nelle aree montane, ma anche nelle grandi città: ma il dato sull’utilizzo dell’internet banking e delle transazioni digitali non è sempre direttamente proporzionale all’indice di chiusura degli istituti bancari. Va infatti considerata tutta una serie di altri parametri correlati al tessuto sociale ed economico del territorio. “Il disimpegno delle banche dai territori non è però un fenomeno uniforme e riserva infatti alcune sorprese: a Barletta o a Grosseto è più facile imbattersi in una filiale che a Milano o a Roma”, confermano dall’Osservatorio sulla desertificazione bancaria della Fondazione Fiba.
Le banche online offrono certamente servizi utili e competitivi, ma la presenza delle filiali sul territorio non può essere sostituita soprattutto in quelle aree del Paese in cui le transazioni avvengono ancora prevalentemente tramite contante.
Questa la classifica delle province che nell’ambito del loro territorio hanno sperimentato la maggiore desertificazione bancaria, ovvero la chiusura di bancomat in territori già privi di filiali. Il podio della graduatoria è occupato da Calabria e Molise:
- Vibo Valentia;
- Isernia;
- Campobasso;
- Cosenza;
- Verbano-Cusio-Ossola;
- Rieti;
- Avellino;
- Aosta;
- Catanzaro;
- Reggio Di Calabria;
- Alessandria;
- Benevento.
Le banche attraversano un periodo di crisi che mette a rischio, fra le altre cose, anche la transizione ecologica.
E la crisi delle banche, come un gatto che si morde la coda, complica anche l’accesso al credito per le imprese già duramente colpite dal dilatamento dei tempi di pagamento.
Province che resistono alla desertificazione bancaria
Di seguito la top ten delle province italiane in cui la desertificazione bancaria ha un andamento più lento che nel resto del Paese. Al primo posto del podio ci sono sette territori in cui la desertificazione bancaria non si è manifestata affatto:
- ex aequo Barletta-Andria-Trani, Brindisi, Grosseto, Pisa, Ragusa, Ravenna e Reggio Emilia (in queste sette province nessun comune è rimasto senza sportelli bancari);
- ex aequo Bari e Livorno;
- Mantova;
- ex aequo Siena e Venezia;
- Modena;
- Parma;
- Cagliari;
- Ferrara;
- Firenze;
- Bologna.
Comuni privi di sportelli bancari
Nei primi sei mesi dell’anno si conferma la tendenza delle banche italiane a diminuire la loro presenza sui territori. Sono state chiuse 593 filiali e i comuni “desertificati”, senza sportelli sul loro territorio, sono cresciuti ulteriormente (+2,9%). Aumenta di conseguenza il numero delle persone (+270mila, oltre 4,2 milioni in totale) e delle imprese (+17mila, 249mila in totale) che non hanno accesso ai servizi bancari nel comune di residenza.
Di seguito la classifica delle regioni italiane a partire da quelle con la più alta percentuale di comuni privi di sportelli bancari. Il dato, su base nazionale, raggiunge il 41,1%.
- Molise – 82,4%
- Calabria – 72,5%
- Valle d’Aosta – 67,6%
- Piemonte – 62,4%
- Abruzzo – 60%
- Liguria – 54,3%
- Campania – 53,3%
- Lazio – 49,7%
- Basilicata – 45%
- Sicilia – 36,8%
- Lombardia – 34,7%
- Sardegna – 32,6%
- Friuli-Venezia Giulia – 30,7%
- Umbria – 30,4%
- Marche – 30,2%
- Puglia – 24,7%
- Veneto – 18,5%
- Trentino-Alto Adige/Sudtirol – 13,2%
- Toscana – 9,5%
- Emilia-Romagna – 7,9%
Confrontando i numeri con quelli relativi alla fine del 2022, emerge che nel primo semestre del 2023 la desertificazione è avanzata più velocemente nelle Marche (-5%), in Lombardia (-3,9%), Sicilia (-3,6%), Lazio (-2,9%), Umbria e Veneto (alla pari con un -2,6%).
“I dati mostrano che la desertificazione bancaria ha colpito le province italiane in modo molto difforme”, commenta il segretario generale di First Cisl Riccardo Colombani. All’interno delle stesse regioni si registrano differenze marcate, mentre le grandi città, contrariamente alle attese, restano tutte fuori dalle prime posizioni. Inoltre alcune province del Sud, nonostante la fuga delle grandi banche, mostrano una sorprendente resilienza e si installano al vertice della graduatoria. In generale, le realtà che occupano i primi posti – continua Colombani – si contraddistinguono per il radicamento delle piccole banche, che con il rialzo dei tassi d’interesse vedono premiato il loro modello di business incentrato sulla territorialità e sull’erogazione del credito”.
Per quanto riguarda l’altissimo numero di filiali chiuse nei primi sei mesi del 2023, Colombani lo definisce un fattore che “mette a rischio l’economia dei territori e la coesione sociale“.