Megaterremoto in Giappone, primo allarme dal 2011: cosa significa e quali sono i rischi

In Giappone è scattato l'allarme megaterremoto. La popolazione si prepara dopo gli eventi del 2011, mentre gli altri Paesi calcolano le probabilità di rischi e danni indiretti

Pubblicato: 9 Agosto 2024 15:26

Giorgia Bonamoneta

Giornalista

Nata ad Anzio, dopo la laurea in Editoria e Scrittura e un periodo in Belgio, ha iniziato a scrivere di attualità, geopolitica, lavoro e giovani.

Il Giappone si trova in “stato di allerta” dopo che le autorità hanno lanciato un avviso per megaterremoto. Si tratta del primo annuncio di questo tipo dal 2011, anno in cui il Paese fu colpito dal devastante Grande Terremoto del Tōhoku. L’allarme, emesso l’8 agosto 2024, ha messo in guardia la popolazione di diverse regioni a rischio, suggerendo l’eventualità di terremoto di magnitudo catastrofica.

Mentre il Giappone si prepara con misure di sicurezza sofisticate e una popolazione ben istruita su come affrontare tali eventi, ci si interroga sulle conseguenze globali che potrebbe avere il megaterremoto. Quali sono i rischi?

Megaterremoto: cosa significa

Un megaterremoto è un evento sismico di intensità elevata, caratterizzato da una magnitudo pari o superiore a 8.0 sulla scala Richter. Il termine viene utilizzato per descrivere quei rari terremoti che, oltre a causare devastazioni su larga scala, hanno anche la capacità di liberare un’enorme quantità di energia in pochissimo tempo. L’intensità di un megaterremoto infatti è tale che può provocare effetti distruttivi non solo nell’epicentro, ma anche in aree molto distanti da esso, innescando tsunami e causando significative variazioni geologiche e ambientali.

Il termine “megaterremoto” è stato utilizzato per la prima volta per descrivere eventi sismici  come il terremoto che colpì il Giappone l’11 marzo 2011, noto come il Grande Terremoto del Tōhoku, con una magnitudo di 9.1. Fu un evento devastante che non solo causò enormi perdite umane e materiali, ma generò anche uno tsunami che colpì duramente le coste giapponesi e provocò il conseguente disastro nucleare di Fukushima.

I megaterremoti si verificano principalmente lungo le zone di subduzione, ovvero dove una placca tettonica scivola sotto un’altra, accumulando nel tempo enormi quantità di energia. Quando questa energia viene rilasciata improvvisamente, si genera un terremoto di magnitudo elevata. Un aspetto distintivo di questi eventi è anche l’ampiezza della zona di rottura, che può estendersi per centinaia di chilometri e la profondità alla quale questa avviene.

Un megaterremoto, per tutte queste caratteristiche, non è solo un fenomeno locale. Le sue conseguenze possono essere avvertite a livello globale, come dimostrato proprio dal terremoto del 2011. La liberazione di una così grande quantità di energia può infatti innescare movimenti della crosta terrestre che si propagano su scala planetaria, influenzando e causando effetti secondari come la frattura di iceberg in Antartide (in figura) o variazioni nel livello del mare.

Fonte: ANSA
Le conseguenze del megaterremoto in Giappone fino in Antartide

Come si sono preparati i giapponesi?

Dopo il devastante megaterremoto del 2011, il Giappone ha intrapreso una serie di misure per migliorare la preparazione sismica e ridurre il rischio di perdite catastrofiche in futuro.

Uno dei pilastri della preparazione giapponese è rappresentato dalle infrastrutture antisismiche. Dopo il 2011, il Giappone ha rafforzato le normative edilizie, imponendo standard rigorosi per la costruzione di edifici resistenti ai terremoti. Grattacieli, ponti e altre strutture critiche sono stati progettati per sopportare anche i terremoti più potenti, utilizzando tecnologie avanzate come i sistemi di isolamento sismico e gli ammortizzatori di vibrazioni. Queste tecnologie consentono agli edifici di assorbire e dissipare l’energia sismica, riducendo i danni e aumentando le possibilità di sopravvivenza per chi si trova all’interno.

Inoltre il Paese ha investito nello sviluppo di sistemi di allerta precoce, in grado cioè di avvisare la popolazione pochi secondi prima dell’arrivo di un terremoto. Tali sistemi si basano su una rete di sensori sismici distribuiti in tutto il Paese, che rilevano le onde sismiche primarie (P-wave) non appena vengono generate. Questi segnali vengono immediatamente trasmessi a stazioni di monitoraggio che inviano avvisi alle autorità locali, ai cittadini e alle infrastrutture critiche come le centrali nucleari e i treni ad alta velocità.

Oltre alle misure tecniche, il Giappone ha anche posto un’enfasi significativa sull’educazione. A partire dall’infanzia, i cittadini giapponesi vengono formati su come comportarsi in caso di terremoto, con esercitazioni regolari che coinvolgono scuole, aziende e intere comunità.  L’educazione continua anche attraverso i media, con campagne di informazione che ricordano costantemente alla popolazione l’importanza della preparazione e della prontezza in situazioni di grave pericolo.

In generale il governo giapponese ha sviluppato piani di emergenza dettagliati che coordinano la risposta a livello nazionale, regionale e locale. Sono piani che includono:

Infine, il governo ha migliorato la capacità di risposta grazie all’uso di tecnologie avanzate, come i droni per la valutazione dei danni e i sistemi di comunicazione d’emergenza satellitari, che garantiscono il funzionamento delle comunicazioni anche in caso di interruzione delle reti terrestri.

Un megasisma in Italia è possibile?

L’Italia è un Paese noto per la sua attività sismica (basti pensare alle numerose scosse dei Campi Flegrei), con una lunga storia di terremoti devastanti che hanno colpito diverse regioni, specialmente lungo l’Appennino centrale e la zona del Sud Italia. Nonostante la frequenza e la gravità di questi eventi, nella penisola non si sono mai verificati terremoti che superassero la soglia di magnitudo 8.0, quella definita appunto come “megaterremoto”. Fatto che potrebbe suggerire che un megaterremoto in Italia sia altamente improbabile, ma ciò non significa che il rischio sismico debba essere sottovalutato.

Storicamente, infatti, i terremoti più potenti registrati in Italia hanno raggiunto magnitudo tra 6.5 e 7.5. Tra questi, il terremoto del 1908 a Messina, con una magnitudo stimata di 7.1, è stato uno dei più distruttivi, causando la morte di circa 80.000 persone e innescando uno tsunami che devastò le coste siciliane e calabresi. Un altro esempio è il terremoto dell’Irpinia del 1980, con una magnitudo di 6.9, che provocò oltre 2.500 vittime e gravi danni in una vasta area del Sud Italia.

Fonte: ANSA
Terremoti più forti in Italia: in foto Messina 1908

Sebbene la storia sismica dell’Italia non registri eventi paragonabili ai megaterremoti del Giappone o del Cile, è tecnicamente possibile che un terremoto estremamente potente si verifichi in determinate condizioni. Le aree di subduzione come quella del Mar Ionio, dove la placca africana si immerge sotto quella eurasiatica, potrebbero teoricamente generare terremoti di magnitudo elevata. A impedirle c’è la geologia italiana, che è caratterizzata da una complessa rete di faglie attive ma relativamente corte rispetto a quelle in altre parti del mondo; il che rende meno probabile la possibilità di accumulare l’energia necessaria per un evento di magnitudo 8.0 o superiore.

C’è da dire però che, anche se un megasisma è considerato improbabile, l’Italia deve comunque affrontare un rischio sismico significativo. I terremoti di magnitudo 6.0-7.5, che sono più probabili, possono comunque causare danni catastrofici, specialmente in aree densamente popolate o in presenza di infrastrutture non adeguatamente preparate.

Quali sono le misure di sicurezza in caso di disastro?

L’Italia, con la sua storia sismica complessa e le numerose aree a rischio, ha sviluppato un insieme di misure e normative volte a ridurre i danni e proteggere la popolazione in caso di terremoto. Queste includono:

Per esempio le normative edilizie antisismiche sono regolamentate principalmente dal Testo Unico delle norme per le costruzioni (D.M. 17 gennaio 2018) e dalle successive integrazioni. Queste stabiliscono i criteri che gli edifici devono rispettare per resistere ai terremoti, basati su studi di microzonazione sismica che determinano il rischio specifico di ogni area. Le costruzioni nuove devono essere progettate secondo criteri antisismici, con tecniche come l’utilizzo di materiali flessibili e resistenti e l’inclusione di sistemi di dissipazione dell’energia sismica.

Per gli edifici esistenti (come le numerose scuole pubbliche), specialmente in aree a rischio, è previsto l’adeguamento sismico, che può includere il rinforzo delle strutture portanti e l’installazione di tecnologie moderne per migliorare la resistenza dell’edificio.

Nonostante le misure strutturali siano fondamentali, sapere come comportarsi durante un terremoto può salvare vite. Le linee guida della Protezione Civile raccomandano:

Le norme di comportamento durante il terremoto prevedono però una certa preparazione. Anche in questo caso la Protezione Civile prevede:

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