Cecilia Sala è stata rilasciata ed è in volo per tornare in Italia. L’aereo con a bordo la giornalista arrestata e detenuta dal 19 dicembre nel carcere iraniano di Evin è decollato in mattinata da Teheran ed è atterrato a Ciampino intorno alle 16:15.
Il governo italiano ha già celebrato la liberazione della reporter 29enne come un grande risultato diplomatico del nostro Paese. In realtà dietro ci sono dinamiche di potenza, che chiamano in causa Stati Uniti e Iran.
Il rilascio di Cecilia Sala, perché ora
Il direttore dell’Aise (Agenzia informazioni e sicurezza esterna), Giovanni Caravelli, si è recato personalmente a Teheran per riportare Cecilia Sala in patria. Il ministro Antonio Tajani ha sottolineato il grande lavoro di squadra operato dalle istituzioni italiane, elogiando in particolare l’operato diretto della premier Giorgia Meloni.
Il caso della reporter italiana era divenuto il centro di un vero e proprio intrigo internazionale, legato all’arresto a Malpensa del cittadino iraniano Mohammad Abedini Najafabadi, attualmente detenuto a Milano. Una congettura, secondo alcuni, ma di fatto parte di un disegno sicuramente più ampio. Il ministero degli Esteri iraniano, da parte sua e seguendo i dettami della propaganda, ha sostenuto l’inesistenza di alcun legame tra i casi Sala e Abedini.
Nel mosaico, anche l’incontro negli Usa tra Meloni e Donald Trump rappresenta un tassello. L’Italia è un satellite degli Stati Uniti e, in quanto tale, non ha autonomia strategica. Vuol dire che non può sottoscrivere trattati o cambi di rotta internazionali senza averli prima concordati con Washington. Non è complottismo, ma geopolitica di base. Come ampiamente dimostrato, ad esempio, dalla firma nel 2019 del memorandum con la Cina sulle Nuove Vie della Seta e dal suo successivo stralcio nel 2023 dietro pressioni americane.
Cosa succede ora tra Italia e Iran
L’Iran è ampiamente addentro all’accordo su Cecilia Sala. Non c’è stato alcun colpo di mano italiano od occidentale, ma una trattativa e un’intesa finale. Al momento non c’è stata però una conclusione simile per il caso Abedini, con la Procura di Milano che non si è ancora espressa in merito. Non c’è dunque da temere alcuna ritorsione di Teheran nei nostri confronti.
In quanto impero, l’Iran ci considera per ciò che siamo: una provincia di un impero rivale, ma sulla quale si può lavorare ai fianchi per mettere in crisi il fronte europeo a guida statunitense. Facendo leva soprattutto sui rapporti storicamente amichevoli fra Roma e Teheran e offrendo un’occasione in più dalle nostre parti per apprezzare i segnali di distensione provenienti dall’Iran, grande rivale di Usa e Israele.
Mancano sempre meno giorni all’insediamento di Trump alla Casa Bianca e l’inevitabile resa dei conti col suo retorico mantra della “fine di tutte le guerre”. Le annunciate trattative per una tregua (fragile) in Ucraina e uno stemperamento in Medio Oriente, dopo il caos indotto in Siria, appaiono inevitabili. In tale contesto, l’Iran sceglie di non sposare una linea dura e assertiva su tutti i dossier aperti. Incluso quello di Cecilia Sala, per l’appunto, concentrando forza e attenzione su fattori strategici come la contesa con Israele e la rete di cooperazione con Russia e Cina, al fine di compiere l’ascesa nucleare che ridisegnerebbe profondamente gli equilibri globali.