Covid, antinfiammatori per evitare il ricovero: il documento “salvavita” di Remuzzi

Se abbiamo qualche sintomo che potrebbe essere riconducibile al Covid, non c'è tempo da perdere. Nessun allarmismo, ma la tempestività è fondamentale

Pubblicato: 22 Dicembre 2020 10:39

Luca Incoronato

Giornalista

Giornalista pubblicista e copywriter, ha accumulato esperienze in TV, redazioni giornalistiche fisiche e online, così come in TV, come autore, giornalista e copywriter. È esperto in materie economiche.

Se abbiamo qualche sintomo che potrebbe essere riconducibile al Covid, non c’è tempo da perdere. Nessun falso allarmismo, ma soltanto buonsenso. Perché con questo virus non si scherza e il tempo è una variante assolutamente determinante.

Lo spiegano bene Giuseppe Remuzzi, direttore dell’Istituto Farmacologico Mario Negri, e Fredy Suter, a lungo primario di malattie infettive all’Ospedale di Bergamo, autori di un documento, ad uso dei medici di famiglia ma utile da conoscere, per curarsi a casa in sicurezza, anche prima di avere la conferma, tramite tampone, che si tratti proprio di Coronavirus.

Il documento (Remuzzi preferisce non chiamarle “linee guida”) unisce di fatto la letteratura scientifica all’esperienza sul campo clinico in tutto il mondo: strumenti essenziali e semplici, alla portata di tutti, per spiegare come vengono curati i pazienti Covid a casa loro, minimizzando il rischio di ricovero in ospedale.

Mentre anche in Italia arriva la variante inglese del Coronavirus, la parola d’ordine è tempestività. “Prima agisci, più hai successo nell’evitare il ricovero” spiega Remuzzi in una intervista a Repubblica. “Moltissimi italiani che si curano a casa ci telefonano perché hanno problemi di assistenza, che poi li inducono a rivolgersi al Pronto soccorso. Però non ci vanno subito, ma solo quando si è già instaurata una fase iper-infiammatoria, e allora magari la malattia evolve negativamente”.

Covid, le fasi della malattia e come si evolve

Il Covid evolve così:

Il ruolo fondamentale del medico di base: cosa deve fare

Con il suo approccio, invece, Remuzzi ha buone possibilità di prevenire questa fase di infiammazione eccessiva, “la cosa più importante in assoluto per evitare un’evoluzione negativa della malattia”. Ma non si tratta di una “cura fai da te”: è una strategia da seguire a casa esclusivamente sotto controllo medico.

Al di là di consigliare ad esempio anche l’assunzione, eventualmente preventiva, di vitamina D, che potrebbe rivelarsi importantissima, il medico dovrebbe:

Covid, cosa non fare a casa

Quindi, cosa possiamo fare a casa e cosa è necessario sapere? Remuzzi spiega cosa non fare quando si sentono i primissimi sintomi:

Quello che raccomandano Remuzzi e i suoi colleghi è di prendere vantaggio sul virus non appena si può. Appena si avvertono i primissimi sintomi, come tosse, febbre, spossatezza, dolori ossei e muscolari e mal di testa, bisogna iniziare subito il trattamento, senza aspettare i risultati del tampone.

Covid, cosa fare a casa subito: quali farmaci assumere e dosi

Quando si avvertono i primi sintomi, serve agire come si fa con i virus delle alte vie respiratorie, cioè bisogna assumere non un antipiretico come la tachipirina, ma un farmaco antinfiammatorio, così da limitare la risposta infiammatoria dell’organismo all’infezione virale. Questo perché è proprio nei primi giorni che la carica virale è massima.

Quali farmaci si possono prendere a casa prima dell’esito del tampone e appena si avvertono i primi sintomi (raccomandiamo sempre di farlo sotto il controllo medico)?

Uno studio sul nimesulide pubblicato sull’International Journal of Infective Diseases dimostra che riduce le componenti della famosa “tempesta di citochine”. Un altro studio pubblicato su Anesthesia and Analgesia rivela che l’uso dell’aspirina si associa a minor bisogno di ventilazione meccanica, minore necessità di essere ammessi in terapia intensiva e minore mortalità del paziente.

Invece la Società di Farmacologia francese ha trovato che l’utilizzo di paracetamolo, in persone che hanno forme avanzate della malattia, potrebbe persino nuocere, perché sottrae glutatione, antiossidante naturale prodotto dal fegato, sostanza importante per la capacità di difenderci dalle infezioni virali.

Gli esami da fare dopo il tampone positivo

Dopo 4-5 giorni dai primi sintomi e dalla conferma di Coronavirus tramite tampone, si fanno 3 esami:

Se tutti questi esami risultano normali, il paziente può andare avanti con nimesulide o aspirina, a seconda di ciò che aveva iniziato ad assumere. E normalmente la malattia si esaurisce nel giro di 10 giorni, o anche meno.

Se gli esami danno valori sballati

Se invece gli esami restituiscono valori sballati, è opportuno:

Se la terapia con ossigeno, cortisone ed eparina non funziona, e la saturazione dell’ossigeno nel sangue diminuisce comunque (per questo è fondamentale avere a casa un saturimetro, qui la guida di QuiFinanza su come sceglierlo), allora il paziente va ricoverato in ospedale.

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