Mercurio in ogni scatola di tonno in Europa, ma i produttori italiani negano

BLOOM denuncia la contaminazione da mercurio nel tonno in scatola e le conseguenze per la salute, ignorate dalle lobby

Pubblicato: 31 Ottobre 2024 12:49

Giorgia Bonamoneta

Giornalista

Nata ad Anzio, dopo la laurea in Editoria e Scrittura e un periodo in Belgio, ha iniziato a scrivere di attualità, geopolitica, lavoro e giovani.

Il tonno è uno dei pesci più consumati in Europa, ma nasconde delle insidie. Un recente rapporto di BLOOM, intitolato TunaGate: Chronicle of a Health Scandal”, ha svelato la pervasiva contaminazione da mercurio delle scatolette di tonno.

Il mercato del tonno vale oltre 40 miliardi di dollari all’anno e secondo la denuncia sono 40 miliardi di “buoni” motivi per sacrificare la salute pubblica in nome del profitto. L’analisi ha infatti rivelato che ogni scatola di tonno contiene mercurio, e in molti casi, i livelli superano i limiti stabiliti dalla legislazione europea. Limiti che, a loro volta, sono stati settati già a favore dell’industria. Il tuna-gate è potenzialmente esplosivo, ma dai produttori arriva la richiesta di evitare allarmismi e rispondono negando le accuse dell’inchiesta.

Presenza di mercurio: lo studio sulle scatolette

La BLOOM ha condotto un’indagine su 148 scatolette di tonno provenienti da cinque paesi europei: Francia, Italia, Germania, Spagna e Regno Unito. I risultati sono preoccupanti, perché emerge che il 100% delle scatolette testate conteneva mercurio.

Lo studio ha rivelato che il 57% delle scatolette superava addirittura il limite massimo di mercurio fissato dalla normativa europea, che è di 0,3 mg/kg. Un campione in particolare, acquistato in un Carrefour a Parigi, ha mostrato un livello record di 3,9 mg/kg, ovvero 13 volte superiore al limite consentito.

Sono risultati che non solo indicano una contaminazione diffusa, ma pongono anche interrogativi sulla qualità e la sicurezza del cibo che arriva sulle tavole degli europei.

Fonte: Report BLOOM
Da dove provengono le scatolette di tonno analizzate

L’inchiesta si domanda se i metodi di regolamentazione attualmente in vigore sono sufficienti a proteggere i consumatori. “Le norme sanitarie sono state impostate in modo tale da consentire la vendita della maggior parte dei prodotti contaminati”, scrivono nel report. Se vero, significa che i limiti massimi di mercurio sono stati stabiliti per garantire che il maggior numero possibile di tonno possa essere commercializzato, trascurando così i potenziali rischi per la salute di bambini e adulti.

Quali sono i rischi della contaminazione

Il mercurio, in particolare nella sua forma metilata, è un neurotossico noto per i suoi effetti dannosi sulla salute umana. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms):

il mercurio è una delle dieci sostanze di maggiore preoccupazione per la salute pubblica.

La sua presenza nel tonno rappresenta quindi una minaccia non trascurabile, in particolare per le popolazioni vulnerabili, come bambini e donne in gravidanza. Per questo esistono studi sui limiti massimi di contaminazione, entro i quali un prodotto è considerato adatto alla consumazione. Ma lo studio di BLOOM mette il dubbio anche su questi valori.

Nel tempo, le ricerche hanno dimostrato che l’esposizione al metilmercurio, anche in piccole dosi, può causare danni allo sviluppo neurologico dei feti e dei bambini. Ulteriori studi condotti su bambini esposti al mercurio in gravidanza hanno mostrato che quelli con i livelli più elevati di esposizione avevano una probabilità quadrupla di avere un QI inferiore a 80, indicativo di una disabilità intellettiva. Inoltre, da alcune ricerca, emerge che l’esposizione prenatale al metilmercurio è stata associata a disturbi comportamentali e cognitivi a lungo termine. Invece negli adulti, l’accumulo di mercurio nel corpo può portare a una varietà di problemi di salute, inclusi disturbi neurologici, cardiovascolari e immunologici.

Infine, è importante notare che il mercurio non è l’unico contaminante presente nel pesce. Come si legge: “Il mercurio è raramente trovato in isolamento, è spesso accompagnato da altri inquinanti come piombo e cadmio“. Si crea, in questo modo, quello che è noto come “effetto cocktail”, dove gli effetti combinati di più contaminanti possono essere additivi o addirittura moltiplicativi, complicando ulteriormente la valutazione del rischio.

I profitti prima della salute: la denuncia

L’aspetto più critico e preoccupante del rapporto di BLOOM è un altro, perché non solo mette in luce la contaminazione, ma denuncia anche il modo in cui le norme sanitarie sono state influenzate da interessi commerciali. In un passaggio cita: “Le norme sui livelli massimi di mercurio sono state fissate per massimizzare la vendita di tonno contaminato”. Da qui la denuncia che le norme sui limiti non riflettono il rischio reale per la salute, ma piuttosto una logica commerciale che privilegia il profitto rispetto alla protezione dei consumatori.

Attualmente, il limite di mercurio per il tonno è tre volte superiore a quello per altre specie di pesci meno contaminati. Si tratta di una situazione paradossale in cui “il tonno, uno dei pesci più contaminati, ha tolleranze massime che non sono giustificabili da motivi di salute”. Questo dimostrerebbe, da quanto si evince dalla denuncia del report, un evidente conflitto di interesse da parte dell’industria della pesca, che ha esercitato pressioni sui decisori per mantenere questi standard indulgenti.

Inoltre, il rapporto evidenzia come i controlli sul tonno siano minimi e insufficienti. In Francia, le autorità sanitarie non hanno programmato ispezioni sulle scatolette di tonno” e conducono solo un numero limitato di test su pesci freschi, il che lascia i consumatori esposti a “rischi inaccettabili”.

Qual è il ruolo delle lobby?

Non è la prima volta che BLOOM denuncia la pressione delle lobby del settore. Torniamo al 2015, quando l’Unione Europea ha raddoppiato la dimensione delle sue delegazioni, passando da 22 a 40 delegati medi. Questo aumento ha coinciso con le pressioni dei paesi costieri dell’Oceano Indiano per una distribuzione più equa delle risorse. “Gli industriali europei – si legge – in collusione con le autorità pubbliche, hanno bloccato qualsiasi progresso verso una gestione sostenibile delle risorse marine”.

Le lobby, in particolare la UAPF (Union des Armateurs à la Pêche de France), hanno dimostrato di avere un potere enorme nel definire le normative a favore dei loro interessi.

Ad alimentare i dubbi sulla gestione delle risorse e sull’importanza della salute è la mancanza di trasparenza dei dati di istituzioni come SCoPAFF, il “Comitato permanente per le piante, gli animali, gli alimenti e i mangimi per animali”. La missione di questo comitato è, tra le altre cose, quella di definire proprio le soglie massime di contaminanti autorizzati nei prodotti alimentari.

È composto da rappresentanti degli Stati membri dell’Unione europea, ma opera nella più totale opacità: non si conosce l’identità dei suoi membri e i risultati delle votazioni e il contenuto dettagliato dei loro scambi resta nascosto.

L’interconnessione tra lobby e salute

L’indagine di BLOOM prende in esame decenni di elaborazione di standard da parte dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO) e dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), organizzazioni che hanno fortemente influenzato, per anni, le normative europee. Studiandone i documenti, BLOOM ha determinato che diversi membri del comitato congiunto di esperti FAO-OMS sugli additivi alimentari (Jecfa), che dovrebbe garantire la sicurezza alimentare, sono colpiti da conflitti di interessi.  

BLOOM denuncia che anche il Codex Alimentarius, lanciato nel 1963 dalla Fao e dall’Oms per fissare gli standard alimentari internazionali, è sotto l’influenza della lobby del tonno. Il gruppo responsabile del monitoraggio dei contaminanti alimentari, il Comitato del Codex sugli additivi e i contaminanti alimentari (Cccf), per esempio, è guidato dai Paesi Bassi, uno dei principali attori nel settore della pesca industriale. Inoltre, i giganti del tonno sono regolarmente rappresentati direttamente nelle delegazioni nazionali che partecipano alle riunioni del Cccf, a differenza delle Ong. 

I produttori italiani negano

In risposta alle preoccupazioni sollevate dal rapporto della BLOOM e da altre organizzazioni non governative, l’Ancit (Associazione nazionale conservieri ittici e delle tonnare) ha dichiarato che “qualità, sicurezza alimentare e salubrità del tonno in scatola sono un’assoluta priorità per l’industria italiana delle conserve ittiche”. L’associazione ha chiarito che il tonno in scatola commercializzato in Italia “rispetta la legislazione dell’Unione Europea in materia di sicurezza alimentare” e soddisfa i requisiti legali imposti dalla normativa europea riguardo alla presenza di mercurio.

“Non c’è nessun rischio di non conformità da mercurio nel tonno in scatola commercializzato sul mercato italiano”, ha aggiunto Ancit. Inoltre, secondo l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (Efsa), il consumo di pesce nel range di 2-4 porzioni settimanali fornisce benefici netti per la salute, indipendentemente dal rischio derivante dall’esposizione al metilmercurio.

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