Il tema della coltivazione di marijuana per uso personale è sempre molto complesso. In quali casi la legge consente il possesso di una piccola quantità di cannabis e quando, invece, lo considera un reato? Cerchiamo di fare chiarezza.
Le differenze tra cannabis light (legale) e cannabis illegale
Anche se l’argomento è molto dibattuto ed è ancora fonte di prese di posizione piuttosto forti, è ora possibile acquistare la cannabis persino dal tabaccaio. Naturalmente, parliamo della cosiddetta cannabis “light”, con un Thc (vale a dire la sostanza psicoattiva contenuta) al di sotto dello 0,2%, limite entro cui la marijuana è legale nel nostro Paese.
La cannabis light viene ricavata dalla Canapa Light Sativa e, seppur con differenze che variano a seconda di chi la assume, non produce alcun effetto psicotropo ma solo un leggero senso di rilassamento.
In Italia è possibile trovare la cannabis legale online ma anche nei tanti rivenditori autorizzati sparsi per il Paese, che al momento sono già più di 300. Il prezzo varia a seconda del prodotto, si va da un minimo di 20 euro a un massimo di 40 euro a confezione, fino alle edizioni speciali e ben sponsorizzate da personaggi VIP. Bisogna ricordare che per acquistare cannabis è necessario essere maggiorenni.
È legale coltivare la marijuana?
Chi decide di coltivare sul balcone di casa la propria piantina di marijuana rischia di subire conseguenze legali? Sicuramente, piantare semi di cannabis light è previsto dalla legge e non si incorre in nessuna sanzione, basta solo sottostare ad alcune regole.
Innanzitutto, bisogna conservare l’etichetta dei semi piantati, per dimostrare l’appartenenza a un tipo di marijuana legale. Anche la ricevuta di acquisto dei semi deve essere conservata, per controllare che siano stati acquistati da un venditore autorizzato.
La polizia giudiziaria può predisporre dei controlli a campione sulle piante per verificare la percentuale di Thc contenuta. Se dovesse superare lo 0,6%, si rischia una denuncia e dai 2 a i 6 anni di carcere.
Fino a qualche anno fa era possibile coltivare marijuana in casa senza incorrere in sanzioni, a patto che il numero di piantine fosse tale da consentire l’uso personale. Ma una recente sentenza della Cassazione ha evidenziato che «costituisce condotta penalmente rilevante qualsiasi attività non autorizzata di coltivazione di piante dalle quali sono estraibili sostanze stupefacenti, anche quando sia realizzata per la destinazione del prodotto ad uso personale».
Marijuana per uso medico
Per quanto possa stupire, in Italia sono consentite coltivazione, importazione e vendita di cannabis per uso medico. L’unico modo per procedere in tal senso in maniera legale, però, è ottenere l’autorizzazione del ministero della Salute, ovviamente prima di procedere. L’autorizzazione è concessa a quelle aziende o istituzioni che dimostrano un abuona condotta nel tempo. Imprese che garantiscono inoltre come la cannabis venga sfruttata unicamente per scopi professionali e non ricreativi.
Il ristretto elenco dei medici autorizzati dal ministero della Salute possono anche prescrivere cannabis a scopo medico. Nel caso in cui il prodotto richiesto non sia autorizzato in Italia, ma lo sia in un altro Paese, il medico dovrà fare richiesta al ministero della Salute e all’ufficio doganale per importare il farmaco. In alcuni casi i medici possono prescrivere quelli che vengono definiti “farmaci magistrali“. Ciò vuol dire che vengono preparati in farmacia per dei particolari pazienti. Tali farmaci possono essere preparati con cannabis importata o prodotta in Italia. Si ricorda che tale esercizio, in assenza di autorizzazione del ministero, può comportare la reclusione da sei a venti anni, con multe da 26.000 a 260.000 euro.