Trudeau si dimette, sospetti su Donald Trump e i dazi

Le dimissioni di Trudeau sono state ufficialmente annunciate. La crisi dei dazi e gli scontri interni al partito liberale potrebbero portare alla fine del suo mandato

Pubblicato: 6 Gennaio 2025 14:57Aggiornato: 6 gennaio 2025 18:08

Giorgia Bonamoneta

Giornalista

Nata ad Anzio, dopo la laurea in Editoria e Scrittura e un periodo in Belgio, ha iniziato a scrivere di attualità, geopolitica, lavoro e giovani.

Justin Trudeau ha annunciato la sua intenzione di lasciare la guida del Partito Liberale, mettendo fine a un decennio di governo che ha segnato profondamente la politica canadese. Un messaggio arrivato durante una conferenza stampa improvvisa, all’esterno della sua residenza di Rideau Cottage a Ottawa, dove ha parlato con tono riflessivo e determinato, proprio come nel momento in cui assunse la carica. Le dimissioni, dopo nove anni come leader del partito, arrivano in un momento in cui i liberali risultano in grave crisi rispetto ai conservatori, molto probabilmente i vincitori delle prossime elezioni di ottobre.

Festeggia Pierre Poilievre, leader conservatore e favorito, che nel frattempo sta già tastando il terreno per le politiche economiche in accordo con Donald Trump. La crisi dei dazi, causata dal Tycoon, ha scosso il Canada, portando a duri scontri interni tra la ministra delle Finanze Freeland (che ha rassegnato le dimissioni) e Trudeau.

Trudeau: “Ho combattuto per il Paese”

Nel discorso che ha preceduto l’annuncio della sua dimissione, Trudeau ha voluto fare un bilancio della sua lunga carriera. “Ogni mattina in cui mi sono svegliato da primo ministro, sono stato ispirato dalla determinazione, generosità e resilienza dei canadesi”, ha affermato, rivelando l’essenza del suo mandato.

Il primo ministro ha poi elencato i successi più importanti che considera i cardini del suo operato: il sostegno all’Ucraina, la gestione della pandemia e le politiche di contrasto ai cambiamenti climatici. Insomma, un uomo convinto che la sua leadership sia stata determinante in momenti storici complessi per il Paese e il mondo intero.

L’elezione di Donald Trump ha gettato le basi per la crisi in Canada. Dopo l’addio della ministra delle Finanze, Justin Trudeau ora si è dimesso. È una fonte anonima quella che racconta dello scontro interno al partito liberale.

Nel frattempo, di fronte ai sondaggi impietosi, i parlamentari lib avevano non solo esortato il premier a dimettersi, ma stanno anche prendendo le distanze dalle decisioni intraprese in merito alla guerra commerciale con gli Stati Uniti.

Parlamento sospeso, ma la macchina continua

A pochi minuti dall’annuncio, la politica canadese ha subito un altro colpo: il Parlamento sarà sospeso fino al 24 marzo. La decisione è arrivata a seguito di una situazione di stallo che ha paralizzato l’attività legislativa per mesi, un effetto collaterale di quella che Trudeau ha definito “la sessione più lunga di un parlamento di minoranza nella storia canadese”. Una mossa inevitabile, ma che, in attesa di un nuovo leader, lascerà il Paese in sospeso per oltre due mesi.

Il ruolo di Donald Trump nella crisi in Canada

Lo scorso dicembre 2024 la ministra delle Finanze Chrystia Freeland si è dimessa dal ruolo. Nella lettera di dimissioni ha raccontato i motivi dietro la decisione, ovvero gli inconciliabili disaccordi su come affrontare l’annuncio dei dazi da parte di Donald Trump.

Quest’ultimo, infatti, ha minacciato il Canada di dazi del 25% sui beni esportati dal Paese. Per evitarli, il confine tra i due Paesi deve essere reso “più sicuro”.

Freeland ha accusato Trudeau di aver scelto la strada più costosa per affrontare il problema del nazionalismo economico aggressivo di Trump. Il Tycoon, dal canto suo, ha accusato la ministra di avere un comportamento “tossico” e “non favorevole ad accordi vantaggiosi per i cittadini canadesi”.

Trudeau si trova solo e isolato, non soltanto dall’opposizione che chiede elezioni federali il prima possibile, ma anche da parte del suo stesso partito. Le mosse del primo ministro, come spiegano gli analisti politici ed economici canadesi, fanno apparire il Paese fuori controllo, incapace di prendere decisioni per il bene dei cittadini e impaurito.

Chi può guadagnarci: Poilievre avanza

Che ci sia Donald Trump dietro la crisi politica ed economica canadese non ci sono quasi più dubbi. In questo clima teso e incerto, ci sarebbe chi, come il leader dell’opposizione Pierre Poilievre, vede un’opportunità.

Non è certo che il cambio di potere possa portare Trump a proporre una politica meno aggressiva, ma è evidente che Poilievre sta tastando il terreno per raggiungere questo obiettivo. Durante un’intervista, il leader dell’opposizione ha trattato il tema dei rapporti con gli Stati Uniti.

Tra le diverse affermazioni, ha confermato di volere, in caso di vittoria, accelerare l’approvazione per la costruzione di raffinerie di petrolio, impianti di gas naturale liquefatto, impianti nucleari ed energia idroelettrica. Tutto questo per potersi mettere in una posizione di vantaggio rispetto agli Stati Uniti, i quali comprano il loro petrolio e gas con enormi sconti.

Secondo Poilievre, infatti, Donald Trump negozia in modo aggressivo perché gli piace vincere, ma non gli non importa se anche lo sfidante vince qualcosa. Da qui l’idea di Poilievre di venire a patti con Trump per ottenere l‘offerta più vantaggiosa per entrambi. “Posso finanziare una difesa militare e continentale più solida se ho più libero scambio con la più grande economia che il mondo abbia mai visto, e possiamo vincere entrambi”, ha detto.

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