Tanto nel 2022 quanto nel 2023 il popolo cileno ha scelto di rifiutare liberamente l’adozione di una nuova Costituzione. Una trasformazione del Paese mancata, riconfermata sul finire dello scorso anno, il che ha portato al profondo e doloroso mea culpa di Gabriel Boric.
Con più del 55% delle preferenze, in Cile ha avuto la meglio il “no” al referendum proposto. Tutto ciò comporta la permanenza in vigore della Costituzione che è stata elaborata nel corso della dittatura militare portata avanti da Augusto Pinochet. Ciò la dice lunga su quello che è il clima nel Paese.
Referendum fallito
Il primo tentativo risale a settembre 2022, quando la popolazione si era espressa con voto contrato al 61,9%. Bocciata di fatto la proposta elaborata dalla Convenzione costituzionale, a maggioranza progressista.
A distanza di un anno, circa, i cileni hanno reputato inadatta anche la proposta di Carta elaborata dal Consiglio costituzionale, stavolta a maggioranza di destra.
Stavolta, dinanzi a tale situazione, si è fatto un passo indietro. Si è scelto di non avanzare con un ulteriore processo costituente. Si è rapidamente compresa la nuova sconfitta, dal momento che il comitato per il “sì” l’aveva riconosciuta immediatamente, dopo neanche un terzo delle sezioni completate in fase di scrutinio.
“I cileni sono stanchi del dibattito sul processo costituzionale. Discorso chiuso. Tutti vogliono superare questa fase e potersi dedicare alle necessità della popolazione. Andiamo a dormire tranquilli”. Queste le parole di Javier Macaya, senatore dell’Unione democratica indipendente (Udi).
Differente invece il discorso per quanto riguarda il comitato per il “no”, che ha attesa l’ufficialità dei risultati per esprimersi con Paulian Vodanovic, presidente del Partito socialista, che ha confermato come non ci sarebbe stato un nuovo processo costituzionale: “Non ci sarà un nuovo processo costituzionale, a partire da domani lavoreremo per sintonizzare l’agenda del Cile reale all’attività politica, offrendo risposte alle principali esigenze: sicurezza, salute, lavoro e pensioni”.
Gabriel Boric, mea culpa
Sofferte le parole del presidente del Cile Gabriel Boric, rammaricato dal fatto che il processo costituzionale abbia fallito nel canalizzare la speranza di avere una Costituzione che fosse realmente per tutti: “La politica è in debito con il popolo cileno”.
La maggioranza progressista e di destra hanno avuto la propria chance, fallendo clamorosamente. Boric sottolinea infatti come non ci siano vincitori o vinti. Una sconfitta che ha del clamoroso e vede battuto il Paese in toto.
“Non possiamo tornare a ripetere lo stesso errore dei referendum precedenti. Il Paese lo facciamo tra tutti i cileni e coloro che trionfano non possono ignorare coloro che vengono circostanzialmente sconfitti.
Sulla stessa linea di pensiero José Antonio Kast, leader ultraconservatore del partito Repubblicano, in maggioranza nel Consiglio costituzionale. Vede in tutto ciò un profondo fallimento nei confronti dei cittadini, ai quali non è stato fatto comprendere quanto migliore fosse in realtà questa Costituzione rispetto a quella in vigore del periodo di Pinochet.
Ciò che si è evidenzia è una mancanza di fiducia nei confronti della classe politica. Una tappa triste della storia del Paese si è conclusa, ha sottolineato Kast, dopo essersi aperta nel 2019 con una serie di delitti terrificanti.