La riforma delle pensioni è sicuramente uno dei temi su cui il governo Meloni è impegnato da tempo; un piano non facile da riformare e che vede ogni giorno spuntare nuove proposte per andare via prima dal lavoro.
L’idea più recente proviene dalla Lega, il partito che fin dalle promesse elettorali mira ad abolire la Legge Fornero. La nuova soluzione, attualmente in fase di elaborazione da parte del vice premier Matteo Salvini e del sottosegretario al ministero del Lavoro Claudio Durigon, è una versione “light” della Quota 41.
Come cambia il calcolo della pensione
La nuova Quota 41 viene definita “light” perché, secondo l’ultima proposta della Lega, l’assegno pensionistico verrebbe calcolato esclusivamente con il metodo contributivo.
Attualmente, il sistema di calcolo della pensione varia in base all’anzianità contributiva maturata fino al 31 dicembre 1995. Per chi ha accumulato almeno 18 anni di contributi (inclusi quelli figurativi, di riscatto e di ricongiunzione), si applica il cosiddetto criterio “misto”, ovvero il sistema retributivo per l’anzianità maturata fino al 31 dicembre 2011, e il sistema contributivo per i periodi di lavoro successivi al 1° gennaio 2012. Invece, per chi ha meno di 18 anni di contributi o per i lavoratori assunti dopo il 1° gennaio 1996, si utilizza unicamente il criterio contributivo, strettamente legato al valore dei contributi versati durante tutta la carriera lavorativa.
La nuova Quota 41 potrebbe essere accessibile a coloro che hanno iniziato a lavorare nella seconda metà degli anni Ottanta, a condizione che abbiano avuto carriere lavorative continuative e possano contare su qualche anno di riscatto, ad esempio per il servizio militare o la laurea. Di conseguenza, le donne costituirebbero probabilmente una minoranza tra i potenziali beneficiari di questa misura.
Pro e contro della proposta
Dal punto di vista del governo e in particolare della Lega, tale versione della Quota 41 offre alcuni vantaggi: la riforma delle pensioni risulterebbe meno costosa e richiederebbe minori coperture finanziarie, sebbene comunque superiori al miliardo di euro. Due punti che sicuramente interessano l’esecutivo attuale, visto che sia la presidente del Consiglio Giorgia Meloni che il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti hanno chiarito più volte che la precedente versione di Quota 41 non era sostenibile. Per questo motivo, la Lega sta cercando un compromesso in vista della manovra 2025, aprendo a settembre un tavolo di confronto con i sindacati, che da tempo sollecitano il governo a discutere delle modalità per anticipare l’accesso alla pensione.
Tuttavia, è proprio dal fronte sindacale che potrebbero sorgere i maggiori ostacoli alla proposta di una Quota 41 “light”. I sindacati, in particolare la Cgil, hanno sempre respinto l’idea di una riforma pensionistica basata esclusivamente sul metodo contributivo, consapevoli che una Quota 41 strutturata in questo modo comporterebbe una riduzione dell’assegno pensionistico compresa tra il 15% e il 30%.
Su questo tema, il sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon ha una visione chiara, come spiegato in un’intervista a La Gazzetta del Mezzogiorno pubblicata nei giorni scorsi: “Con la Legge Dini, che risale al 1996, il sistema pensionistico già prevede una predominanza del calcolo contributivo”. Per rendere l’assegno meno “light”, Durigon propone di rafforzare il secondo pilastro della previdenza: “Per evitare trattamenti pensionistici inadeguati, vogliamo implementare la previdenza complementare”.