Pensioni, allarme rivalutazioni: una bomba sui conti pubblici

Si stima che le rivalutazioni pensionistiche collegate ad un'inflazione sopra l'8% possa comportare un aggravio insostenibile sui conti pubblici ed il primo impegno sarà reperire 8-10 miliardi per il 2023

Pubblicato: 19 Settembre 2022 09:22

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Redazione

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E’ già allarme per la crescita esponenziale della spesa pensionistica, che rappresenta il primo vero scoglio che il nuovo governo uscito dalle elezioni dovrà affrontare. Una spesa che aumenterà indipendentemente dal qualsiasi modifica del sistema vigente, ad esempio Quota 41 proposta dalla Lega, perché è legata al caro vita ed all’inflazione, cui anche le pens9ioni devono essere adeguate.

La maggiore spesa prevista

Secondo le stime della Ragioneria Generale dello Stato, serviranno 25 miliardi di euro per sostenere una rivalutazione delle pensioni collegata ad un’inflazione stabilmente sopra l’8%.

Questo implicherebbe ipotecare almeno 8-10 miliardi nella Legge di bilancio 2023, che verrà varata a breve, in aggiunta ai maggiori oneri già previsti dal DEF approvato lo scorso aprile ed alla mini-dote inserita nel decreto Aiuti Bis, che prevede un anticipo ad ottobre del 2% della rivalutazione per tutti i soggetti che percepiscono fino a 35mila euro.

Ma non è escluso che la situazione sia anche più tesa e che il governo, nella Nota di aggiornamento al Def, sia costretto a ritoccare al rialzo la previsione di crescita della spesa pensionistica per l’anno venturo, che la Ragioneria generale già indicava al 16,2% dal 15,7% precedente.

L’allarme dell’Upb

E’ per questo motivi che l’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb), nella sua relazione pubblicata martedì scorso, ha messo il punto sulle incertezze che gravano sui conti pubblici e sull’indebitamento, più in precisamente la spesa per interessi sui titoli di Stato e sulla spesa pensionistica.

La Presidente dell’Upb Lilia Cavallari ha inviato infatti alla Commissione una memoria sulla Relazione al Parlamento con la quale il Governo ha richiesto, anche in risposta alla prolungata fase di crescita dell’inflazione e della difficile congiuntura internazionale, l’autorizzazione a ricorrere all’indebitamento per finanziare tempestivamente ulteriori misure a favore di famiglie e imprese.

Di qui la richiesta di chiarezza al governo sull’impatto sui conti pubblici esercitato dall’indicizzazione degli assegni pensionistici, posto che ogni anno a gennaio le pensiono vengono adeguate al caro vita.

Un’inflazione che galoppa

I dati dell’inflazione non lasciano dormire sonno tranquilli, poiché l’Istat ha confermato una crescita dei prezzi all’8,4% al top dal 1985, trainata dalla crescita dei prezzi dei prodotti energetici e del gas e, a cascata, dall’aumento dei prezzi dei beni alimentari.

Ma anche l’inflazione di fondo, al netto degli energetici e degli alimentari freschi, ha accelerato, attestandosi al 4,4%, la massimo dal 1986.

Una spesa destinata a crescere

Secondo le stime della Ragioneria Generale, l’effetto del caro vita avrà  una ricaduta sulla spesa previdenziale pari allo 0,7% del PIL nel prossimo biennio.

Ma l’effetto si trascinerà nel medio-lungo periodo, gravando sui conti pubblici di almeno un ventennio, nella misura dello 0,4% del PIL dal 2022 al 2045. E lo scenario potrebbe essere anche più pessimistico di fronte ad un frenata del PIL maggiore del previsto.

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