Con l’insediamento del nuovo governo, è tornata in prima pagina l’ostica questione delle pensioni e la volontà del nuovo governo di voler ristabilire la cosiddetta “quota 100”.
L’Inps ha quindi cercato di capire che cosa succederebbe se già dal 2019 entrasse in vigore la famosa quota per il pensionamento anticipato. Il calcolo è una stima, in quanto dipende da numerosi fattori, ma secondo lo studio i costi sarebbero tra i 4 e i 14 miliardi di euro all’anno.
L’Istituto ha effettuato alcune simulazioni, in base alle varie ipotesi, in modo da stimare quali potrebbero essere le conseguenze delle modifiche al sistema che regola le pensioni nell’arco di dieci anni. Le stime sono arrivate a indicare 1 milione e 172 mila assegni in più all’anno. Le simulazioni sono state rese pubbliche presentandole nell’Allegato tecnico alla relazione del Rapporto annuale, tenuta dal presidente dell’Inps, Tito Boeri.
I possibili costi di Quota 100
Riguardo alla possibile reintroduzione di Quota 100, sono stati considerati quattro scenari. Ricordiamo che Quota 100 è un sistema pensionistico che consente di anticipare l’uscita dal lavoro quando la somma dell’età del lavoratore e degli anni di contributi accreditati raggiunge 100. Ad esempio, una persona potrebbe uscire con 60 anni di età e 40 anni di contributi, o con 61 anni di età e 39 anni di contributi. Al momento, però, manca ancora una formale e precisa proposta normativa, così l’Istituto nazionale della previdenza sociale ha creato delle possibili basi di partenza.
Il primo scenario prevede il ripristino dei 41 anni di contributi per la pensione di anzianità e quota 100 con 64 anni di età minima, con una soglia dei contributi di 35 anni. In questo caso, le conseguenze porterebbero nel 2019 ad avere un costo di 11,6 miliardi di euro per un totale di 596 mila pensioni in più a fine anno. I costi aumenterebbero di anno in anno fino ad arrivare a 18,3 miliardi nel 2028, con assegni pensionistici a 1 milione di euro. Poi, a partire dal 2030, gli oneri si ridimensionano e si trasformano in risparmi intorno al 2040 e una volta a regime, gli effetti della normativa si annullano progressivamente.
Quota 100: ecco quanto costerebbe ai cittadini
Il secondo scenario, prevede uno sbarramento a 65 anni, per una spesa immediata di 10,3 miliardi di euro, che aumenterebbero fino a 16,5 miliardi. Gli esborsi dedicati al pensionamento aumenterebbero da 519 mila a 896 mila.
Come terzo scenario, si ipotizza il ritorno ai 41 anni di anzianità e alla quota 100 e 101 per gli autonomi, senza però un requisito di età. In questo caso i costi salirebbero già a 14,4 miliardi in partenza e arriverebbero fino a 21 miliardi di euro all’anno nel 2028. Nel 2019 ci sarebbero già 751 mila assegni in più e dopo dieci anni, raggiungerebbero un milione.
“Dall’elaborazione risulta che la modifica normativa comporta un onere complessivo pari a circa 6 punti percentuali rispetto al Pil previsto per l’anno 2018” è scritto nella nota tecnica.
Un ultimo scenario ipotizzerebbe invece il raggiungimento della quota 100 con 64 anni minimi di età e il mantenimento delle norme già in vigore riguardo l’anzianità. Gli uomini andrebbero quindi in pensione dopo 43 anni e 3 mesi di contributi e le donne dopo 42 anni e 3 mesi. In questo caso la spesa salirebbe nei 12 mesi successivi alla nuova normativa a più 4,6 miliardi fino ad arrivare a 8 miliardi in più nel 2028.