Nel giro di un anno la crescita dei tassi variabili dei mutui ha già provocato un raddoppio delle rate per chi sta comprando una casa. La domanda che in tanti, dagli acquirenti agli economisti, si fanno è: è finita qui? Siamo al picco o ci saranno altri rialzi? Tutto dipenderà dall’andamento dell’Euribor, ovvero il tasso di interesse medio a 3 mesi applicato alle transazioni finanziarie tra le principali banche europee. È sulla base di questo, oltre che dei margini di guadagno della banca (spread) che viene costruito il tasso mensile applicato alle famiglie.
A partire dall’inizio del 2022 l’Euribor è salito fino a sfiorare a fine settembre 2023 il 4%. Di conseguenza i tassi dei mutui sono arrivati al 4,7-4,9%, ovvero il valore dell’Euribor più lo spread, che rappresenta il guadagno della banca che ha erogato il mutuo. Questa stabilità fa sperare molti che siamo arrivati al picco e che non vi saranno più incrementi. Sarà così?
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Tassi sui mutui, l’incognita delle mosse della Bce
A influenzare l’Euribor è a sua volta il tasso d’interesse di riferimento della Banca Centrale Europea, ovvero quello che l’istituto di Francoforte applica quando concede prestiti alle singole banche private. A partire dal luglio del 2022 è stato alzato per dieci volte consecutive, l’ultima volta lo scorso 20 settembre. È così che in un anno è passato dallo 0% al 4,5%, con una velocità proporzionale alle dimensioni dell’inflazione che interessa l’Europa che è la più alta dagli anni ’80.
Si può dire che quindi è il carovita ad avere provocato l’aumento dei tassi sui mutui variabili che vengono pagati dagli italiani, visto che è per frenare la crescita dell’inflazione che la Bce ha deciso l’innalzamento del proprio tasso di riferimento. L’operazione della Bce ha effettivamente fatto diminuire l’inflazione che è scesa al 5,3% a settembre 2023, esattamente la metà del picco di 10,6% dell’ottobre 2022, la Banca Centrale Europea avrà meno motivi per accrescere il costo del denaro? Non esattamente, perché l’obiettivo dichiarato da sempre delle Bce è quello di un’inflazione del 2%. Quindi, teoricamente, fino al raggiungimento di tale soglia ulteriori interventi della Bce sono possibili, dipenderà dalle analisi che Francoforte farà della situazione macroeconomica. È quanto afferma in sostanza anche la tedesca Isabel Schnabel, membro del board della Bce. Se i dati diranno che l’area euro è collocata su un sentiero di avvicinamento al 2% in tempi ragionevoli, ha recentemente detto, non vi sarà alcun ritocco dei tassi, se quel traguardo apparirà lontano, invece, Christine Lagarde agirà ancora.
Il rallentamento dell’economia per frenare i tassi variabili
Nonostante altri aumenti dei tassi sui mutui siano teoricamente ancora possibili, a scongiurarli e a provocare una prima inversione di tendenza potranno essere i numeri negativi dell’economia europea. L’indice Hcob Pmi di Standard & Poor, che misura in modo riassuntivo lo stato di salute di manifattura e servizi è sceso tra luglio e agosto da 48,6 a 46,7, risalendo a settembre a 47,1, rimanendo comunque lontano dalla soglia di 50, considerata quella al di sotto della quale non vi è espansione economica.
Il rallentamento dell’economia e il pericolo non remoto di recessione potranno avere due effetti:
- Uno è quello di deprimere in modo naturale l’inflazione, riducendo la domanda, e quindi accelerare una discesa del carovita verso il 2%
- L’altro è quello di mostrare agli analisti della Bce che un aumento ulteriore dei tassi aggraverebbe un panorama economico già deteriorato.
In entrambi i casi l’esito sarebbe lo stesso: non sarebbe più necessario né opportuno un intervento della Banca Centrale Europeo e sarebbe scongiurato un incremento dei tassi sui mutui. Se poi ciò possa portare addirittura a una significativa riduzione dei tassi sui mutui è difficile prevederlo. È improbabile che accada a breve. Nei prossimi mesi forse dovremo semplicemente accontentarci della fine del loro aumento.