Mercato affitti, perché i canoni sono aumentati nel 2023

Scopri le cause che nel 2023 hanno provocato un aumento dei canoni di locazione e quali conseguenze hanno generato nel mercato degli affitti

Pubblicato: 17 Maggio 2024 19:08

Barbara Pede

Data journalist

Data journalist, giornalista professionista, copywriter e ghost writer, ha maturato la sua esperienza inizialmente in ambito televisivo per specializzarsi successivamente nel linguaggio web.

Si potrebbe pensare che il rialzo dei canoni di locazione avvenuto durante tutto il 2023 sia da imputare solamente all’inflazione e al caro vita. Nomisma, la prestigiosa società di consulenza e ricerca, ha palesato nel suo “Osservatorio Affitti 2023” un’altra causa, ben più rilevante: la scarsità delle case da affittare. I due fattori insieme, hanno determinato un aumento dei canoni di affitto del 2,1% nel solo 2023. Non basta: una congiuntura economica non favorevole unita al rialzo dei costi e una più diffusa morosità e ritardi nei pagamenti, sono ulteriori fattori che spingono ancor di più al ribasso l’offerta degli immobili in affitto.

Lo scenario del settore degli affitti in Italia è quello di un mercato stagnante, nonostante le oltre 700mila richieste di locazione stimate da Nomisma. Questo perché non si riesce ad arrivare, almeno per il momento, a un punto di incontro tra offerta disponibile e domanda effettiva. Il risultato è che circa l’11% delle abitazioni italiane rimane non utilizzato o, comunque, non concesso in locazione. Se, infine, si considera l’importante “peso” degli affitti brevi, soprattutto nelle città d’arte e nelle località turistiche, si intuisce come sia diventato più difficile trovare soluzioni abitative in locazione a medio-lungo termine.

Affitti a medio-lungo termine: i numeri del mercato

Facendo i conti: il 57% delle abitazioni in Italia è di proprietà e viene utilizzato come prima abitazione. Un altro 10% del totale sono gli immobili che sono dati in locazione, ma esiste un altro 11% di stock immobiliare che non è utilizzato come abitazione principale e che non viene neppure affittato anche a causa, come abbiamo detto, del timore, da parte dei locatori, della morosità e delle difficoltà per ottenere lo sfratto dell’inquilino che non paga.

Sempre secondo i dati dell’Osservatorio affitti 2023 di Nomisma, il 30% dei proprietari di casa (quindi, quasi uno su tre) non è disposto a concedere in locazione le proprie abitazioni e sono soprattutto coloro che possiedono soltanto un’altra abitazione, oltre a quella di residenza o per le vacanze. La percentuale, infatti, scende al 15% se si considerano solo coloro che hanno tre o più appartamenti di proprietà. Per di più, il 10% del campione che ha affittato casa almeno una volta in passato, dichiara di non averne più intenzione. Per il 40% di loro, la ragione è che ha avuto esperienze negative dovendo affrontare sfratti, ingiunzioni di pagamento, mancati pagamenti, ecc. La percezione è differente per chi ha più di tre immobili: la metà di loro ha in essere almeno un contratto di locazione e il 30% si dichiara pronto ad affittare una casa nel prossimo futuro.

Aumento dei canoni di affitto e morosità degli inquilini

Una delle priorità per i proprietari di casa è accertarsi che il potenziale inquilino goda di una stabilità contrattuale e non abbia pendenze di pagamento. Questo proprio per evitare di avere a che fare con un locatario moroso. E il rischio non è trascurabile se si pensa che quasi un terzo dei locatori ha dichiarato di non aver percepito alcuni canoni (compresi soprattutto fra le 2 e le 4 mensilità), mentre il 13% degli inquilini ha affermato di aver saltato almeno una rata.

Lo stesso trend si riscontra anche sul fronte dei ritardi nel pagamento dei canoni di affitto: il 27,5% dei locatari ha ammesso di aver versato la quota in ritardo almeno una volta nell’ultimo anno, mentre secondo i proprietari la percentuale dei ritardi è del 38%.

Le cause di morosità e rinvii sul lato inquilini? Nel 40% dei casi sono stati dovuti a spese straordinarie (specialmente per lavoratori autonomi e liberi professionisti), un caso su tre per difficoltà legate al reddito o alla perdita o diminuzione del lavoro. E, in questo scenario, l’inflazione non ha certo aiutato.

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