Acquistare un immobile prima di aver ceduto quello per il quale si è beneficiato delle agevolazioni per la prima casa non serve a non perdere i benefici acquisiti. Questo è quanto ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 24479. La presa di posizione dei giudici della Suprema Corte è particolarmente interessante, perché si va a soffermare sulle situazioni che portano a perdere le agevolazioni fiscali ottenute: ai fini pratici è inutile acquistare un immobile prima di aver ceduto quello agevolato. Cronologicamente il nuovo acquisto da adibire ad abitazione principale deve seguire l’alienazione della casa principale.
Da un punto di vista strettamente giuridico, i giudici hanno ritenuto irrilevante che, per poter conservare i benefici prima casa, il fatto che il contribuente si sia mosso anticipatamente per acquistare un altro immobile prima della vendita di quello per il quale aveva fruito delle agevolazioni prima casa.
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Il caso in tribunale e la sentenza della Cassazione
Ma entriamo nello specifico e cerchiamo di capire cosa è successo. La Corte di Cassazione si è trovata a dover intervenire in una controversia che vedeva coinvolti due coniugi che, con un atto sottoscritto nel 2009, avevano acquistato al 50% la piena proprietà di un immobile, per il quale avevano beneficiato delle agevolazioni prima casa.
Qualche anno dopo, e più esattamente nel 2012, la moglie aveva acquisito il 50% in possesso del marito. Contestualmente aveva chiesto di potersi avvalere dei benefici prima casa. Nel 2016 la donna aveva deciso di cedere la proprietà dell’intero immobile. Nell’alienazione, quindi, rientravano il 50% acquistato nel 2012 e la quota di cui era entrata in possesso nel 2016.
A fronte di questa operazione, la contribuente si era vista revocare parzialmente i benefici fiscali. L’Agenzia delle Entrate, con un avviso di liquidazione, aveva fatto saltare le agevolazioni prima casa sulla quota del 50% che era stata acquistata nel 2012 e che era stata ceduta prima che passassero i 5 anni.
Una decisione scaturita dal fatto che la contribuente non si era fatta parte attiva nel riacquistare entro un anno un altro immobile da adibire ad abitazione principale.
Nel primo grado di giudizio la contribuente aveva visto riconoscere le sue ragioni, ma aveva perso in appello.
La donna aveva quindi deciso di proporre ricorso alla Corte di Cassazione, dove aveva contestato la decadenza del beneficio. A suo parere aveva ancora diritto a usufruire delle agevolazioni per la prima casa, perché aveva acquistato un altro immobile prima dell’alienazione di quello per il quale aveva sfruttato il beneficio.
Cosa dice la legge sulle agevolazioni prima casa
Per comprendere appieno la decisione della Corte di Cassazione, che aveva respinto il ricorso della contribuente, è necessario dare uno sguardo alla disciplina vigente in materia.
Il comma 4 della nota 2-bis all’articolo 1 della tariffa, parte I, allegata dal Dpr n. 131/1986 prevede esplicitamente che le agevolazioni a cui è possibile accedere per gli atti traslativi a titolo oneroso degli immobili vengono revocati nel caso in cui il bene sia oggetto di un ulteriore trasferimento entro i 5 anni. Sempre che il soggetto che abbia usufruito dei benefici non provveda ad acquistare un ulteriore immobile da adibire ad abitazione principale.
Nel caso finito sul tavolo dei giudici della Suprema Corte, il contribuente non ha rispettato il termine dei 5 anni. L’acquisto del nuovo immobile è avvenuto prima di aver rivenduto quello acquistato ottenendo i benefici fiscali.
Le due operazioni hanno una successione cronologica tale che non permette di conservare le agevolazioni prima casa.
La norma, grazie alla quale è possibile ottenere i benefici, prevede che, per evitare la decadenza causata dalla rivendita infra-quinquennale, il contribuente debba acquistare un’altra prima casa dopo la vendita di quella agevolata. La norma non prevede l’ipotesi che la rivendita venga preceduta dall’acquisto di un altro immobile.
La disciplina sulla quale si basano le agevolazioni sulla prima casa non prevede che le norme vengano applicate per analogia.
E non permettono, soprattutto, un’interpretazione estensiva, così come previsto dell’articolo 14 delle disposizioni preliminari al Codice Civile, il quale prevede espressamente che le leggi
che fanno eccezione a regole generali o ad altre leggi non si applicano oltre i casi e i tempi in esse considerati.
Le agevolazioni sulla prima casa sono, a tutti gli effetti, delle norme eccezionali, e come tale deve essere interpretata in senso stretto.
Questo vale anche per il caso finito sulla scrivania dei giudici, per il quale si applica il principio generale ed inderogabile che vige in materia fiscale: le norme che regolamentano esenzioni o agevolazioni devono essere interpretate in senso stretto.
Quando decadono le agevolazioni per la prima casa
Quanto abbiamo visto fino a questo momento rende chiaro il giudizio espresso dalla Corte di Cassazione, che si basa sul comma 4 della nota II-bis all’articolo 1 della tariffa, parte I, allegata al Tur.
Le agevolazioni prima casa decadono nel momento in cui gli immobili acquistati vengono alienati entro i 5 anni. Sempre che il contribuente, entro un anno, non provveda ad acquistare un altro immobile, che dovrà adibire ad abitazione principale.
La contribuente del caso preso in esame non ha rispettato il termine dei 5 anni. Non ha potuto fare altro che accettare la decadenza. Il fatto che abbia acquistato un altro immobile prima dell’alienazione di quello agevolato le ha fatto perdere i benefici.
Il caso che abbiamo appena analizzato suggerisce quale debbano essere le tempistiche per effettuare le compravendite. Anche quando le trattative per l’acquisto di un nuovo immobile siano già state concluse, conviene andare da notaio dopo aver alienato l’immobile agevolato. Questo evita di dover rimborsare le agevolazioni.