Con la Legge di Bilancio 2026 arriva una novità che interessa da vicino chi lavora nel turismo, ma anche chi viaggia per piacere o per lavoro: l’imposta di soggiorno potrà aumentare anche per tutto il prossimo anno. La proroga, contenuta nell’articolo 121 del disegno di legge, permette ai Comuni di continuare ad applicare le misure incrementali già introdotte con la manovra 2024, e cioè la possibilità di alzare le tariffe rispetto ai livelli precedenti.
Ma non si tratta solo di un aumento, il testo stabilisce anche come sarà utilizzato il maggior gettito derivante dalla tassa.
Aumento imposta di soggiorno anche nel 2026, cosa dice la Legge di Bilancio
Con l’articolo 121 della Legge di Bilancio 2026, il Governo proroga la possibilità di applicare aumenti dell’imposta di soggiorno anche per il 2026, in attesa di una revisione complessiva della fiscalità legata ai soggiorni temporanei. Quindi, i Comuni che avevano già introdotto un incremento nel 2024 potranno mantenere o rinnovare quelle maggiorazioni per un altro anno.
Il testo precisa che il gettito derivante da tali aumenti verrà così ripartito:
- il 70% resterà ai Comuni e dovrà essere impiegato per gli scopi già previsti dalla normativa del 2011 (la valorizzazione turistica e i servizi collegati);
- il restante 30% andrà invece a due fondi nazionali con finalità sociali, ovvero il Fondo unico per l’inclusione delle persone con disabilità, per finanziare servizi di assistenza all’autonomia e alla comunicazione degli alunni disabili, e il Fondo per l’assistenza ai minori, istituito con la Legge di Bilancio 2025, che sostiene progetti di tutela e supporto ai bambini in situazioni di difficoltà.
Un decreto interministeriale, da emanare entro il 30 aprile 2026, stabilirà le modalità con cui calcolare il maggior gettito, le compensazioni tra Stato e Comuni e i criteri di riparto dei fondi.
Perché il Governo ha scelto di prorogare l’aumento
La proroga risponde a una duplice esigenza: finanziaria e sociale. Da un lato, il turismo in Italia è tornato ai livelli pre-pandemia e in molte località ha addirittura superato le presenze del 2019. Ciò significa che i Comuni turistici hanno nuovamente bisogno di risorse per gestire i flussi, mantenere le infrastrutture, garantire pulizia, sicurezza e trasporti locali.
Dall’altro lato, il Governo punta a destinare una parte di questo gettito crescente a politiche di inclusione sociale, per le quali servono risorse.
Come potrebbero cambiare le tariffe nel 2026
La norma non impone aumenti automatici, ma lascia ai Comuni la facoltà di decidere se e come applicarli. Per dare un’idea, nel 2024 molti Comuni avevano già aumentato l’imposta di 0,50 o 1 euro a notte, giustificando la scelta con la necessità di compensare i maggiori costi di gestione dovuti all’inflazione e all’aumento dei servizi. Con la proroga al 2026, è probabile che le tariffe più alte diventino la nuova normalità, almeno nelle località a più forte attrazione turistica.
Per il turista medio, l’impatto resta contenuto: su un soggiorno di tre notti in una città d’arte, l’aumento può valere pochi euro in più. Tuttavia, per chi viaggia spesso o per le famiglie, l’effetto cumulativo può essere percepibile, soprattutto nei periodi di alta stagione. Nel 2026, chi soggiornerà in hotel, B&B o agriturismi italiani potrà quindi trovare tariffe leggermente più alte per l’imposta di soggiorno.