Alessandro Michele è il nuovo direttore creativo di Valentino. Dopo quasi una settimana di voci che si sono rincorse dall’annuncio dell’addio di Pierpaolo Piccioli e la cancellazione delle sfilate di giugno, Vogue Business è il primo a fare in esclusiva il nome del nuovo stilista, ex di Gucci, che rientra quindi in Kering.
Allora, neanche il tempo di elaborare il lutto dell’uscita di Piccioli che il popolo della moda deve celebrare il ritorno alla moda di Michele. Un rientro atteso, desiderato e auspicato a prescindere dalla posizione che sarebbe andato ad occupare. La nomina, infatti, arriva dopo pochissimi giorni dall’annuncio dello scorso 22 marzo 2024 della separazione tra Pierpaolo Piccioli e la Maison di Piazza Mignanelli.
Ed è così che Alessandro Michele approda nel marchio che dal 1960, quando è stato fondato da Valentino Garavani appoggiato e codiretto dal suo compagno di vita Giancarlo Giammetti, racconta un glamour italiano che non ha altre corrispondenze della moda del nostro Paese perché nasce dalla lezione francese sulla quale si è formato il fondatore. E tutto lascia supporre, ed è questa la cosa interessante in questa nomina, che Michele vorrà allontanarsi dall’auto-citazionismo dei suoi anni da Gucci ma anche dalle citazioni del marchio che ha in sé una forza molto evocativa e anche molti parametri che possono essere sia una spinta al nuovo, sia una trappola nostalgica (si pensi soltanto al Rosso Valentino).
«È un onore incredibile – dichiara Alessandro Michele a Vogue Business – Sento l’immensa gioia e l’enorme responsabilità di entrare a far parte di una Maison de Couture che ha la parola “bellezza” scolpita in una storia collettiva, fatta di eleganza distintiva, raffinatezza ed estrema grazia. Sto cercando le parole per esprimere la gioia, per comunicare realmente ciò che sento; i sorrisi che sgorgano dal petto, lo stato di beatitudine che viene dalla gratitudine e illumina gli occhi, quel momento prezioso in cui necessità e bellezza si incontrano. La gioia, però, è un qualcosa di così vivo che temo di ferirla osando solo pronunciarne il nome».