L’Italia, con il progressivo invecchiamento della popolazione e il conseguente calo della forza lavoro, si trova di fronte a una delle sfide demografiche ed economiche più complesse. I dati previsionali elaborati dall’Istat fino al 2050 dipingono un quadro in cui il Sud, pur registrando un aumento del tasso di attività, è destinato a subire una contrazione della popolazione attiva dei lavoratori, acuendo il divario con il Centro-Nord.
Crolla la forza lavoro in Italia, al Sud più che al Nord
Il vero problema sta nella dinamica demografica. La popolazione in età lavorativa (15-64 anni) è in costante diminuzione. Dal 66,7% del totale nel 2004, è scesa al 63,5% nel 2024 e si prevede che crollerà al 54,3% nel 2050.
Questa contrazione, pari a 9,1 punti percentuali in meno rispetto a oggi, è il risultato combinato di un basso tasso di natalità, dell’allungamento della vita media e del ritardo nell’ingresso nel mondo del lavoro dovuto all’aumento del livello di istruzione.
L’analisi è più preoccupante se si scompone la previsione per ripartizione geografica. Da quello che emerge dal report Istat pubblicato il 21 ottobre 2025, il Mezzogiorno, pur registrando una crescita del tasso di attività (+5,8%) paragonabile a quella del Nord Italia (+5,7% nel Nord-Ovest), parte da un livello di partecipazione al mercato del lavoro inferiore (56,1% nel 2024, contro il 72,3% nel Nord-Ovest e 73,1% nel Nord-Est).
E le previsioni non sono delle migliori, perché secondo le stime, nel 2050, il tasso di attività del Sud scenderà ancora e si attesterà al 61,9%, mantenendo inalterata la distanza dalle altre ripartizioni che convergeranno tutte intorno tra il 77% e il 78% (compreso il Centro). Inoltre si prevede che la popolazione in età 15-64 anni diminuirà complessivamente del 21% a livello nazionale tra il 2024 e il 2050.
Aumento tasso attività trainato dalle lavoratrici donne
Nei casi in cui il tasso di attività è in aumento (Nord e Centro Italia), questo trend positivo è sostenuto soprattutto dalla dalla maggiore partecipazione delle lavoratrici donne. Nonostante l’Italia parta da tassi di attività inferiori rispetto a Francia, Spagna e Germania, il divario di genere si sta riducendo.
Basti pensare che nel 2024 il tasso di partecipazione al lavoro della componente maschile era di 75,6% e femminile del 57,6% (con un divario di 18 p.p.). Entro il 2025 invece il tasso maschile è previsto che aumenterà al 79,3%, ma anche quello femminile non arresta la crescita, arrivando al 66,5% (e riducendo il divario a 12,8 p.p.). A livello nazionale, anche la diminuzione della popolazione inattiva è prevista essere molto più marcata rispetto a quella attiva, soprattutto per le donne (-40,3% a livello nazionale).
Nel Mezzogirono -25% di lavoratori entro il 2050
Le stesse proiezioni non sono entusiasmanti se, però, ancora una volta si sposta l’attenzione sul Mezzogiorno. Secondo l’Istat, infatti, al Sud la popolazione maschile attiva subirà una flessione del -25%, passando da 4,4 a 3,3 milioni di unità. Le donne attive, invece, registreranno con una riduzione pari a -23%. Inoltre, pur registrando una forte riduzione degli inattivi (uomini -35%, donne -43%), il Sud è l’area che storicamente presenta i valori più elevati di inattività, soprattutto femminile.
In termini assoluti, il Mezzogiorno, pur partendo dall’ammontare più alto di popolazione attiva maschile nel 2024, è l’area che subirà la flessione più forte. Questo significa che, mentre il Centro-Nord riuscirà a contenere la perdita di forza lavoro grazie a una demografia meno critica e a tassi di attività già elevati, il Sud si avvierà verso un vero e proprio svuotamento produttivo.