L’Istat ha pubblicato il consueto aggiornamento trimestrale sui “contratti collettivi e retribuzioni contrattuali”, tracciando un quadro chiaro delle dinamiche salariali in Italia. E la fotografia che emerge conferma un tendenziale aumento delle retribuzioni in tutti i comparti coinvolti dalla contrattazione collettiva, con stipendi che sono cresciuti di più però per i dipendenti pubblici, rispetto a quelli dei lavoratori del settore privato.
Di quanto sono aumentati gli stipendi nel settore pubblico
Dopo anni in cui i salari pubblici erano rimasti pressoché fermi, stretti da lunghi periodi di vacanza contrattuale, oggi la tendenza si inverte. Il settore pubblico, trainato dai rinnovi e dalle indennità straordinarie previste per il triennio 2022-2024, segna un aumento delle retribuzioni contrattuali maggiore rispetto alla media, con rialzi che in alcuni comparti arrivano a superare il 7%.
Nel complesso, la retribuzione oraria media nel periodo gennaio-settembre 2025 è cresciuta del 3,3% rispetto allo stesso periodo del 2024. Si tratta di un aumento che, pur rappresentando un segnale positivo, risulta però ancora moderato rispetto al ritmo dell’inflazione.
C’è infatti un dato che invita alla prudenza. In termini reali, le retribuzioni contrattuali restano ancora inferiori dell’8,8% rispetto ai livelli di gennaio 2021. In altre parole, nonostante gli aumenti nominali, il potere d’acquisto degli stipendi dei lavoratori italiani non è più tornato ai livelli pre-crisi inflattiva e non è ancora in grado di contrastare i rincari registrati negli ultimi tempi.
Quali le differenze con il privato
A settembre 2025, l’indice delle retribuzioni contrattuali orarie risulta invariato rispetto ad agosto, ma segna un incremento generale del 2,6% su base annua. Tuttavia, la crescita non è omogenea e c’è differenza tra pubblico e privato. Nel dettaglio, a seguito dei rinnovi contrattuali, mentre nella pubblica amministrazione le buste paga hanno registrato incrementi del 3,3%, per i lavoratori dell’industria e dei servizi privati sono aumentati rispettivamente del 2,3% e del 2,4%.
Se analizziamo i singoli comparti delle PA, la distanza è ancora maggiore. Per esempio, i dipendenti dei ministeri hanno visto aumentare le retribuzioni del 7,2%, i militari e il personale della difesa del 6,9%, mentre per i vigili del fuoco l’aumento è stato del 6,8%. In questo caso si tratta di rialzi molto marcati, che riflettono gli effetti dei nuovi accordi economici firmati nel corso del 2024 e recepiti nei primi mesi del 2025, oltre all’erogazione dell’indennità di vacanza contrattuale prevista per i lavoratori del pubblico impiego in attesa del rinnovo definitivo.
Di contro, in alcuni settori del privato le retribuzioni sono rimaste ferme. Per esempio, nelle farmacie private e nelle telecomunicazioni l’aumento tendenziale è nullo, segno di un mercato del lavoro ancora segmentato e di una contrattazione che, in molte aree, fatica a tradursi in reali miglioramenti salariali. Di fatto, nel settore privato, molte imprese hanno rallentato i negoziati per i nuovi contratti, frenate da incertezze economiche, aumento dei costi del lavoro e margini di profitto ridotti.
Cosa aspettarsi nei prossimi mesi
Secondo gli analisti, la tendenza potrebbe proseguire ancora per alcuni mesi. Nei comparti pubblici dove i contratti sono stati rinnovati di recente, gli aumenti continueranno a riflettersi sui dati medi del quarto trimestre 2025 e dell’inizio del 2026. Nel settore privato, invece, molto dipenderà dall’andamento dell’economia e dalla capacità delle parti sociali di trovare un equilibrio tra esigenze d’impresa e tutela del potere d’acquisto dei lavoratori.
Resta infine il nodo dei contratti scaduti: quasi 6 milioni di lavoratori attendono ancora il rinnovo. Finché la contrattazione collettiva non tornerà a essere più rapida ed efficace, il rischio è quello di una crescita salariale a due velocità, con un pubblico che recupera terreno e un privato che fatica a seguire.