Il blocco dell’unico stabilimento di produzione dell’additivo AdBlue, la Yara di Ferrara, rischia di mandare in tilt il settore degli autotrasporti e far spegnere 1,5 milioni di tir, oltre a un crescente numero di auto private che necessitano di questa sostanza per accendersi. Impazza la corsa nelle stazioni di servizio per accapparrarsi le ultime taniche disponibili, ed è allarme per il blocco di intere filiere.
Cos’è l’AdBlue e a cosa serve
AdBlue è il nome commerciale dell’Aus32, una soluzione al 32,5% in acqua demineralizzata di urea tecnica, che è utilizzata per ridurre le emissioni degli ossidi di azoto contenuti nei gas di scarico dei veicoli con motore diesel.
Si tratta di un prodotto non tossico, non infiammabile e non pericoloso da manipolare, ma che necessita di essere stoccato e trasportato in sicurezza perché risulta corrosivo per alcuni metalli.
La Verband der Automobilindustrie, l’associazione tedesca dei costruttori di veicoli, detiene il marchio AdBlue e garantisce che gli alti standard qualitativi siano rispettati da tutti i produttori.
Perché una sostanza possa fregiarsi del nome, deve contenere una concentrazione specifica di urea tecnica e rispettare i parametri che regolano la presenza di metalli, calcio, biureto e altri componenti che potrebbero causare danni per i motori.
L’AdBlue può essere ottenuto per dissoluzione, con il rischio di ottenere un preparato impuro, o per sintesi, direttamente dal processo di produzione dell’ammoniaca.
Quest’ultimo garantisce un prodotto migliore e non dannoso per le auto, ma comporta elevati costi di produzione e l’impiego di grosse quantità di enegia.
Perché l’AdBlue scarseggia
L’allarme che interessa il mondo degli autotrasportatori, dei trasporti e dei consumatori nasce dallo stop delle attività della Yara di Ferrara, che ha una quota del 60% di mercato di AdBlue sul territorio italiano ed è l’unico produttore italiano della sostanza.
L’azienda lamenta di non poter continuare a fabbricare l’additivo a causa dell’aumento del prezzo del metano e quindi dell’alto costo dell’energia elettrica impiegata per il processo di sintesi dell’ammoniaca.
Altri stabilimenti in tutta Europa stanno accusando il rincaro dei costi di produzioni, ed è possibile prevedere che ci sarà una penuria di AdBlue nel prossimo periodo.
Cosa succede senza AdBlue
L’utilizzo dell’AdBlue è obbligatorio per i veicoli che ne fanno uso e che, quando il serbatoio è vuoto, non possono essere riaccesi. Per questo 1,5 milioni di camion potrebbero presto smettere di consegnare merci, e si fermeranno anche tante macchine private Euro 6.
La notizia del blocco della produzione ha avuto un effetto a catena sui rivenditori di vari livelli, causando un raddoppio del prezzo del prodotto finale da 25 centesimi a 50 centesimi al litro. Un camion mediamente consuma circa 80 litri di AdBlue al mese.
Non solo: privati e società starebbero comprando l’additivo in stock per poi rivenderlo a prezzi gonfiati tramite canali illeciti. E nelle aree di sosta e presso i negozi la soluzione scarseggia già.
Molti stanno già ricorrendo alla manomissione del dispositivo di bloccaggio attraverso appositi emulatori, il cui utilizzo è illegale, o stanno comprando prodotti impuri e dannosi.
Anche altri settori potrebbero essere colpiti dal blocco della produzione di soluzioni di urea tecnica. Prodotti simili all’AdBlue sono infatti usati nelle centrali termoelettriche e nei cementifici per ridurre le emissioni nocive per la salute.
Non solo la mancanza di AdBlue sugli scaffali e i suoi costi elevati. Anche la nuova stangata sul diesel potrebbe mettere in difficoltà gli autrasporti e i proprietari di auto di nuova generazione. C’è ancora poco tempo per passare alle auto elettriche.