Le truffe legate al trading online sono in costante aumento. Con l’espansione delle piattaforme digitali di investimento, cresce anche il numero di operatori non autorizzati che promettono guadagni facili, ma che spesso si rivelano organizzazioni truffaldine. In Italia, la Consob e la Polizia Postale invitano alla massima prudenza e ricordano che l’esercizio di servizi e attività di investimento è riservato esclusivamente a soggetti autorizzati.
Trading online e operatori non autorizzati
La maggior parte delle truffe nasce da società o broker che operano senza le necessarie licenze. Questi soggetti, privi dei requisiti patrimoniali e organizzativi richiesti dalla legge, non garantiscono alcuna tutela per gli investitori. Le loro attività sono considerate a tutti gli effetti abusive, e chi vi partecipa rischia di perdere tutto il capitale investito. Per evitare di cadere in questi inganni, è fondamentale verificare che la società con cui si intende operare sia iscritta negli elenchi ufficiali della Consob o della Banca d’Italia. Questi elenchi includono:
- le SIM (società di intermediazione mobiliare) autorizzate in Italia;
- le imprese di investimento comunitarie che operano nel nostro Paese;
- le imprese di Paesi terzi con succursale o in libera prestazione.
Dopo la Brexit, molte società con sede nel Regno Unito hanno perso l’autorizzazione a operare in Italia, un dettaglio spesso sfruttato dai truffatori per confondere gli investitori.
Come riconoscere un’operazione sospetta
Le truffe nel trading online si presentano spesso sotto forma di offerte di investimento molto allettanti. Alcuni segnali d’allarme sono ricorrenti:
- promesse di rendimenti elevati e garantiti in breve tempo;
- pressioni per investire rapidamente, con bonus o incentivi;
- assenza di informazioni chiare sulla sede o sull’autorizzazione del broker;
- richieste di versamenti su conti esteri o su piattaforme non tracciabili;
- sedi in Paesi offshore o paradisi fiscali.
In caso di dubbi, è possibile consultare la sezione “Avvisi ai risparmiatori” sul sito della Consob per verificare se l’operatore è già stato segnalato o diffidato.
Cosa fare se non si è ancora investito
Chi riceve proposte di investimento online dovrebbe sempre chiedere al soggetto proponente alcuni dettagli ben precisi. Si tratta di informazioni utili per avere già un quadro abbastanza chiaro del soggetto con cui si sta interagendo. Nello specifico sarebbe utile sapere il nome completo della società e la sede legale, il numero di autorizzazione e l’autorità che l’ha concessa e infine il sito ufficiale dell’azienda. Successivamente, si possono svolgere semplici controlli:
- consultare gli elenchi di Consob e Banca d’Italia per verificare l’autorizzazione:
- cercare il nome della società su Google e nei forum di settore;
- verificare la presenza della società nei registri delle imprese del Paese di appartenenza.
Se le informazioni non sono chiare o risultano contraddittorie, è consigliabile non proseguire con l’investimento.
Come agire se si è già caduti in una truffa di trading
Chi ha già versato denaro a un broker sospetto deve agire tempestivamente. I passi da seguire sono:
- bloccare i pagamenti e modificare le password degli account utilizzati;
- raccogliere tutte le prove disponibili tra e-mail, chat, estratti conto e ricevute;
- sporgere denuncia alla Polizia Postale o presso una stazione dei Carabinieri;
- contattare la banca per chiedere un chargeback (rimborso della transazione) se il pagamento è avvenuto con carta;
- presentare un reclamo all’Arbitro Bancario Finanziario in caso di inadempienze dell’istituto di credito;
- segnalare la società alla Consob, contribuendo all’attività di vigilanza.
Da non dimenticare ovviamente che è consigliabile rivolgersi a un avvocato specializzato in diritto bancario e finanziario o a un’associazione di consumatori, come Adiconsum o Codacons, che possono fornire assistenza nella fase di recupero dei fondi.
Denuncia e rimborso, è possibile recuperare i soldi persi?
Dal punto di vista giuridico, l’esercizio abusivo di attività di investimento è un reato previsto dall’articolo 166 del Testo Unico della Finanza (TUF), punito con la reclusione fino a otto anni. La denuncia è quindi fondamentale non solo per tentare di recuperare le somme, ma anche per consentire alle autorità di bloccare i conti utilizzati dai truffatori. Il chargeback è uno degli strumenti più efficaci per ottenere un rimborso, ma deve essere richiesto entro 120 giorni dalla data della transazione. Per i bonifici bancari, invece, si può presentare un reclamo formale alla banca o all’Arbitro Bancario Finanziario. Quando il truffatore ha sede all’estero, il recupero diventa più complesso, ma restano percorribili vie legali. In alcuni casi, è possibile agire civilmente contro intermediari o banche che hanno permesso l’apertura di conti a società prive di autorizzazione. Una sentenza della Corte di Cassazione (n. 12998/2022) ha infatti riconosciuto la responsabilità di un istituto che aveva agevolato transazioni di questo tipo.
Le implicazioni fiscali e la gestione delle perdite
Le somme investite in piattaforme abusive non generano profitti legittimi, quindi non sono soggette a tassazione. Se la truffa viene riconosciuta e si ottiene un risarcimento o un rimborso, questi importi potrebbero rientrare tra i redditi imponibili, a seconda della natura giuridica del rimborso. In caso di perdite certificate, è possibile chiedere al proprio commercialista di valutarne la deducibilità fiscale, come accade per i crediti non riscossi o per le truffe bancarie. Ogni caso deve essere analizzato individualmente in base alla documentazione disponibile.
Il ruolo della Consob e della Polizia Postale
La Consob svolge un ruolo centrale nella prevenzione delle truffe legate al trading online. Attraverso la sezione “Avvisi ai risparmiatori” pubblica periodicamente gli elenchi dei soggetti sospetti e i provvedimenti di cessazione dell’attività. In caso di dubbi, è possibile contattare direttamente la Commissione tramite il modulo online SIPE o chiamando il numero 06.8477611. La Polizia Postale, invece, si occupa delle indagini informatiche e del tracciamento dei flussi di denaro. In molti casi, una denuncia tempestiva consente di attivare i canali di cooperazione internazionale per bloccare i fondi all’estero e raccogliere prove digitali utili per l’azione giudiziaria.