Significato e pena del reato di diffamazione

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Pubblicato: 6 Agosto 2020 11:50Aggiornato: 9 maggio 2024 12:19

Silvia Baldassarre

Avvocato Civilista

Iscritta all'Ordine degli Avvocati di Milano nel 2011 dopo il conseguimento della laurea in Giurisprudenza a pieni voti, ha maturato esperienza professionale in diversi studi civilistici di Milano.

La diffamazione consiste nel comportamento di chi comunicando con più persone, offenda la reputazione di un soggetto assente. Tale comportamento è previsto come reato dall’ordinamento penale italiano a norma dell’art. 595 c.p., nel cui primo comma si stabilisce che “chiunque, fuori dei casi indicati nell’articolo precedente, comunicando con più persone, offende l’altrui reputazione, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a euro 1.032”.

La norma è inserita all’interno del vigente Codice Penale nel capo secondo del titolo dedicato ai “delitti contro la persona”, tra i “delitti contro l’onore”. La clausola contenuta nella previsione normativa esclude dall’ambito di applicazione dell’art. 595 c.p. i casi rientranti nella diversa ipotesi di ingiuria, prevista dall’ormai abrogato art. 594 c.p. che stabiliva: “Chiunque offende l’onore o il decoro di una persona presente è punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa fino a euro 516”.

Le due fattispecie hanno in comune l’elemento rappresentato dalla lesione dell’onore, ma si differenziano perché l’ingiuria si configura quando vengono offesi l’onore e il decoro di una persona presente, mentre la diffamazione si configura quando la comunicazione offensiva e lesiva della reputazione riguarda una persona assente e viene recepita da almeno due persone terze rispetto al soggetto attivo e al soggetto passivo del reato. A differenza della diffamazione, l’ingiuria è stata depenalizzata nel 2016 e costituisce ad oggi, nel nostro ordinamento, soltanto un illecito civile.

Elementi costitutivi della diffamazione e procedibilità

Trattandosi di un reato a forma libera, la diffamazione viene integrata attraverso la comunicazione con qualsiasi mezzo idoneo: non soltanto quindi la voce, ma ad esempio anche lo scritto, il mezzo stampa o altro mezzo di pubblicità o atto pubblico. Gli elementi oggettivi costitutivi del reato di diffamazione sono:

L’offesa alla reputazione è l’elemento maggiormente vago e di difficile inquadramento, in quanto il concetto di reputazione è variabile in relazione alla percezione sociale in un dato momento storico. L’assenza della persona offesa non si integra soltanto quando la persona sia fisicamente altrove, ma anche in quei casi in cui non sia in grado di percepire le offese e non sia quindi posta in condizione di difendersi (si pensi al caso di una persona addormentata).

La comunicazione con plurime persone si integra quando il contenuto diffamatorio sia percepito da almeno due persone, che devono essere diverse dagli eventuali concorrenti nel medesimo reato: se dunque le persone che proferiscono le offese sono due e soltanto una persona terza le recepisce, il reato non viene integrato. D’altro canto la pluralità di persone non deve essere necessariamente simultanea, ma può essere integrata anche in momenti successivi.

Quanto all’elemento soggettivo del reato di diffamazione, questo è costituito dal dolo generico, consistente nella coscienza e volontà da parte del soggetto agente di offendere taluno comunicando con più persone. Quanto infine alle condizioni di procedibilità, la diffamazione è un reato procedibile a querela della persona offesa.

Aggravanti della diffamazione

L’articolo 595 c.p. prevede, nei commi successivi al primo, tre aggravanti specifiche che rendono il reato di diffamazione intrinsecamente più grave e, di conseguenza, punibile con una pena maggiormente elevata. In particolare:

Limiti del diritto di critica e di cronaca nella diffamazione

La tutela della reputazione degli individui deve essere però sempre bilanciata con la tutela del diritto di espressione, costituzionalmente garantito. L’art. 21 della nostra Costituzione infatti recita che “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure […]”.

La problematica viene particolarmente in evidenza in relazione alla diffamazione a mezzo stampa e audiovisivo, dovendosi bilanciare la tutela della reputazione dei singoli individui con il diritto della collettività all’informazione, che viene garantita attraverso l’esercizio del diritto di cronaca e di quello di critica.

La cronaca ha il solo scopo di narrare i fatti in modo neutro, mentre la critica consiste in un giudizio, necessariamente soggettivo, sui fatti medesimi. In entrambi i casi, affinché l’esercizio del diritto scrimini il reato di diffamazione, è necessario che siano rispettati tre limiti:

Critica politica e satira

La critica politica ha per oggetto i provvedimenti e i comportamenti assunti da soggetti politici o che comunque esercitano dei poteri pubblici, ed è fondamentale al fine di garantire il controllo da parte della collettività sull’operato dei propri amministratori. In questo contesto, i confini del diritto di critica sono relativamente più ampi: si ritiene infatti che la critica possa essere più accesa di quella che riguarda i privati cittadini.

La satira, invece, è finalizzata a suscitare ilarità nel pubblico. Al fine di escludere la sussistenza della diffamazione, dunque, devono comunque essere evidenti il paradosso, l’esagerazione e l’estremizzazione artefatta.

Nuove forme di diffamazione online

L’epoca della comunicazione digitale ha determinato la sostanziale modificazione delle modalità classiche di interazione, imponendo un globale ripensamento anche dell’ambito applicativo delle norme del Codice Penale. In particolare la diffamazione può pacificamente configurarsi quando il contenuto diffamatorio venga diffuso attraverso l’utilizzo di canali telematici, come blogsiti internet o social network.

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