Piscina interrata: quali permessi servono per costruirla?

DIA, Permesso di Costruzione, Autorizzazione della Sovrintendenza: ecco quali permessi sono necessari, a seconda della situazione, per realizzare una piscina interrata.

Pubblicato: 13 Marzo 2018 12:02Aggiornato: 30 maggio 2024 17:37

Luca Incoronato

Giornalista

Giornalista pubblicista e copywriter, ha accumulato esperienze in TV, redazioni giornalistiche fisiche e online, così come in TV, come autore, giornalista e copywriter. È esperto in materie economiche.

Una piscina interrata, nel giardino di casa, è un po’ il sogno di tutti. Tuttavia, prima di pensare alla sua realizzazione, serve conoscere bene le leggi vigenti in materia: quali permessi servono, affinché questo sogna possa trasformarsi in una concreta realtà?

Permessi necessari

Non c’è, in questo senso, una linea di riferimento univoca: molto dipende dai piani regolatori dei singoli Comuni, motivo per cui è necessario, come prima cosa, rivolgersi agli uffici comunali preposti. Saranno loro, a chiarire tutti i dubbi, soprattutto in merito a eventuali vincoli paesaggistici o ambientali.

Tuttavia, il Permesso di Costruire è necessario: a stabilirlo è il Decreto del Presidente della Repubblica 380/2001. Bisogna quindi rivolgersi ad un tecnico abilitato per la progettazione, e presentare al Comune la richiesta del Permesso (non è necessario avanzare un’ulteriore richiesta se la casa è già invece oggetto di ristrutturazione). Pur non essendo un’attività in edilizia libera, costruire una piscina interrata significa infatti trasformare il suolo: ecco perché, non essere in possesso di un Permesso di Costruire, ha ripercussioni sia sul committente che sul costruttore. Nel 2004, la Cassazione si è ben espressa in merito, stabilendo che “sono subordinati al preventivo rilascio del permesso di costruire, non soltanto gli interventi edilizi in senso stretto, ma anche gli interventi che comportano la trasformazione in via permanente del suolo non edificato”.

Denuncia di inizio attività

Ci sono però casi in cui è sufficiente presentare la DIA (Denuncia di Inizio Attività): decorsi 30 giorni dalla sua presentazione, questa diventa a tutti gli effetti abilitativa con lo stesso valore giuridico del Permesso di Costruire. A due condizioni: gli interventi devono avere un volume pari o inferiore al 20% del volume dell’edificio principale, e non devono essere qualificati come interventi di nuova costruzione da specifici regolamenti urbanistici, ambientali o paesaggistici del Comune. Quando la piscina interrata supera il 20% del volume dell’abitazione, il Permesso di Costruire è quindi necessario.

Se poi, la propria abitazione, rientra in zone soggette a vincolo paesaggistico o storico-architettonico, è necessario avere anche l’Autorizzazione della Soprintendenza. Una volta ottenuta anche questa, si può procedere coi lavori. Se però, l’area di costruzione è gravata dal vincolo idrogeologico, è necessario rivolgersi anche ad un geologo iscritto all’albo per ottenere un’ulteriore autorizzazione. Solo a questo punto, si potrà dire di essere davvero in regola per la costruzione della propria piscina. E basterà assicurarsi che i lavori rispettino il Codice Ambiente.

Tasse aumentate

Uno dei dubbi relativi alla realizzazione di una piscina, interrata o meno che sia, riguarda la trasformazione della propria casa in “abitazione di lusso”. Ciò avrebbe infatti un peso sulla propria tassazione. Non basta però una piscina a generare l’iscrizione della propria casa nelle categorie A/1, A/8 e A/9, che prevedono la perdita delle agevolazioni fiscali (come quella prima casa).

Al fine di trasformare la propria abitazione in una di lusso, la piscina in questione dovrebbe essere superiore agli 80 mq di superficie. Servirebbero inoltre ulteriori elementi, come ad esempio una superficie totale dell’abitazione superiore a 160 mq, con rivestimenti pregiati e non solo. Dunque no, la piscina da sola non fa aumentare le tasse.

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