Prosecco contaminato da Pfas, sostanze chimiche permanenti in tutte le bottiglie

Dalle analisi su 15 etichette emerge la presenza di Tfa e altre sostanze oltre i valori indicativi, un quadro che solleva dubbi sulla qualità

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Giorgia Bonamoneta

Giornalista

Nata ad Anzio, dopo la laurea in Editoria e Scrittura e un periodo in Belgio, ha iniziato a scrivere di attualità, geopolitica, lavoro e giovani.

Il Salvagente ha condotto test sul prosecco e ha scoperto che molti marchi noti contengono sostanze perfluoroalchiliche, meglio note come Pfas. Il test è andato alla ricerca dei residui di pesticidi e ha scoperto in ogni bottiglia la presenza di acido trifluoroacetico (Tfa) in quantità ben maggiore rispetto al limite previsto dall’Istituto superiore di sanità.

Sono 15 le etichette della bevanda con le bollicine messe sotto la lente di ingrandimento per verificare la presenza dei pesticidi. Alla fine questi sono risultati al di sotto dei limiti di legge, mentre sono state individuate altre sostanze che hanno potenzialmente effetti negativi sulla salute. Tra questi i Pfas, i cui livelli con le nuove regole sull’acqua potabile sono considerati molto elevati.

Indagine sul prosecco: contaminazione diffusa

Con l’arrivo del Natale aumenta il consumo di una bevanda già molto amata in Italia, ovvero il prosecco. Il Salvagente ha voluto condurre un’indagine specifica su questa bevanda. Lo scopo era rilevare la presenza di residui di pesticidi, concentrandosi su quelli che sono ormai diventati un vero e proprio spauracchio: i Pfas.

L’analisi in laboratorio è stata condotta su 15 diversi marchi e ha rilevato un quadro di contaminazione diffusa, seppure entro i limiti di legge per i fitofarmaci.

È stato però scoperto, in ogni bottiglia, acido trifluoroacetico (Tfa) in quantità abbondantemente sopra l’obiettivo di qualità dell’Istituto superiore di sanità per l’acqua potabile. Il nuovo livello, recepito con decreto dal nostro Paese, diventerà vincolante per l’acqua potabile a inizio del 2027.

I risultati sulle 15 etichette di prosecco

A campione sono state scelte 15 tra le etichette più comuni acquistabili nei supermercati italiani.

Troviamo:

Come riportato dall’indagine, nessuno è esente da residui. Per esempio per quanto riguarda i pesticidi tutti ne contengono un residuo, ma sono ampiamente al di sotto dei limiti di legge. È stata però riscontrata la presenza di 10 principi diversi in ogni singola bottiglia.

Alcune di queste sostanze sono oggetto di studi per le possibili conseguenze che potrebbero avere sulla salute. Parliamo, per esempio, del metalaxyl (un fungicida sistemico) e del boscalid.

La presenza di Pfas

Sono stati scoperti i famosi Pfas. I valori riscontrati risultano in una finestra da un minimo di 30.000 ng/l nel Bortolomiol, a un massimo di 59.000 ng/l nel Bolla. Al momento risultano ancora all’interno dei limiti, ma nel 2027 saranno considerati ben oltre i livelli.

Esperti di Pfas, come Carlo Foresta, invitano alla cautela perché i livelli riscontrati nei campioni di prosecco risultano elevati e superiori ai valori di riferimento indicati:

Si tratta di concentrazioni che eccedono l’obiettivo di qualità proposto dall’Istituto superiore di sanità nel 2014, ovvero 10.000 ng/l e recepito dal d.lgs. 102/2025.

Fa quindi notare che a partire da gennaio 2027 questi valori diventeranno vincolanti per l’acqua potabile in Italia, ma non esistono regole per quanto riguarda le altre bevande. Assunzioni occasionali non costituiscono prova di danno, ma l’esposizione aumenta la preoccupazione per gli effetti cronici.

La risposta delle aziende

Le aziende del vino più esportato al mondo rispondono in merito alla presenza dei residui. Queste infatti hanno dichiarato che i valori riscontrati sono tutti all’interno dei limiti e quindi rispettano le normative attuali.

La risposta di alcune, come Carpenè Malvolti, è stata quella di mettere in discussione i dati; altre come Gruppo Italiano Vini, proprietario di Bolla, e Lidl hanno invece dichiarato che alla luce di quanto riscontrato il prosecco risulta in una fascia bassa di contaminazione rispetto ad altri vini.

Va infatti sottolineato che l’analisi condotta prende come livelli limite quelli delle future regolamentazioni in merito all’acqua potabile e al momento non ancora in vigore. Il problema è che non c’è una legge specifica che regolamenti i Pfas nel vino.

Le Cantine Maschio, per esempio, fanno notare che l’Autorità europea per la sicurezza alimentare ha stabilito una dose giornaliera “accettabile” di Tfa persino superiore ai numeri rilevati da Il Salvagente e che quindi non è corretto assumere come riferimento il limite previsto per l’acqua e non ancora entrato in vigore. Inoltre il vino viene consumato in maniera differente rispetto all’acqua, non quotidianamente e in quantità decisamente inferiori.

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