COP30, Greenpeace chiede al Governo una tassa sugli extra-profitti fossili

Analizzando i dati del Climate Risk Index, Greenpeace chiede alla COP30 una tassa italiana sugli extra-profitti fossili

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Claudio Cafarelli

Giornalista e content manager

Giornalista pubblicista laureato in economia, appassionato di SEO e ricerca di trend, content manager per agenzie italiane e straniere

Il Climate Risk Index (CRI) 2026, pubblicato da Germanwatch in occasione della COP30 di Belém, evidenzia un quadro sempre più drammatico. Tra il 1995 e il 2024 si sono verificati oltre 9.700 eventi meteorologici estremi nel mondo, che hanno provocato più di 830.000 morti e 4.500 miliardi di dollari di danni diretti. Il rapporto, aggiornato annualmente dal 2006, misura l’impatto umano ed economico degli eventi climatici più gravi, dalle ondate di calore alle inondazioni, e stabilisce una classifica dei Paesi più colpiti. L’obiettivo è fornire una base scientifica per il dibattito politico internazionale e per le strategie di adattamento.

I Paesi più colpiti

Nel periodo 1995–2024, le nazioni più esposte risultano Dominica, Myanmar e Honduras, seguite da Haiti, Filippine, Nicaragua, India e Libia. Questi Paesi, pur avendo un basso livello di emissioni storiche di gas serra, subiscono le conseguenze più pesanti, con disastri che compromettono vite, infrastrutture e mezzi di sussistenza.

Nel 2024, gli eventi più devastanti hanno interessato St. Vincent e Grenadine, Grenada e Ciad, confermando come le aree a reddito medio-basso del Sud del mondo siano le più vulnerabili. Nessuno dei dieci Paesi più colpiti appartiene al gruppo ad alto reddito. Al contrario, le nazioni più povere mostrano una capacità di risposta inferiore, aggravando gli effetti delle catastrofi.

Gli effetti nei Paesi industrializzati

Il rapporto mostra che nessun Paese può dirsi al sicuro. Anche economie avanzate come Francia, Italia e Stati Uniti figurano tra le trenta più colpite, a causa di eventi climatici intensi e sempre più frequenti. In Italia, negli ultimi anni, ondate di calore record e alluvioni, come quelle che hanno colpito l’Emilia-Romagna, hanno provocato vittime e danni ingenti.

Secondo i dati del CRI, le ondate di calore e le tempeste sono le principali cause di mortalità (entrambe al 33%), mentre le alluvioni rappresentano quasi la metà dei soggetti colpiti (48%). Gli eventi più dispendiosi, dal punto di vista economico, sono le tempeste, che da sole generano il 58% delle perdite globali, pari a circa 2.640 miliardi di dollari.

L’appello di Greenpeace Italia

Commentando i dati, Simona Abbate, portavoce di Greenpeace Italia, ha definito il nuovo indice “un atto d’accusa contro l’inerzia climatica globale”. L’organizzazione chiede inoltre all’Italia di introdurre nella Legge di Bilancio una tassa sugli extra-profitti delle compagnie fossili, destinando gli utili del settore alla transizione energetica e alle misure di adattamento. “La giustizia climatica richiede di far pagare chi inquina”, ha aggiunto.

L’obiettivo della COP30 di Belém

I dati del CRI 2026 sono presentati alla COP30 come un campanello d’allarme per i governi. Il rapporto chiede di colmare il divario tra ambizione e realtà, accelerando la riduzione delle emissioni, incrementando gli investimenti per l’adattamento e garantendo finanziamenti adeguati per le perdite e i danni.

Anche la Corte Internazionale di Giustizia ha ricordato, con una recente opinione consultiva, che gli Stati hanno obblighi legali vincolanti nel prevenire e affrontare gli effetti dannosi del cambiamento climatico, confermando la necessità di passare dalla fase delle dichiarazioni a quella delle azioni concrete.

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