Arriva direttamente dalla Russia una novità in grado di rivoluzionare il mondo delle ricariche. È stato infatti studiato e creato il primo prototipo di batteria nucleare.
I ricercatori russi si sono basati sul decadimento beta del nichel-63, sfruttando al contempo l’efficienza di alcuni diodi per trasmettere la corrente tra i due poli. Le caratteristiche di questa nuova pila le consentono di estendere durata ed autonomia fino a 10 volte se paragonato a tutti i corrispettivi chimici. Una scoperta che va in direzione opposta alle pile protoniche, decisamente meno inquinanti delle classiche pile ma meno duratura della batteria nucleare, nonché basate su un tipo di energia differente. A Barcellona invece avevano risposto con le pile fatte di carta, il cui impatto era praticamente nullo.
Ricerca russa sulle batterie nucleari: dimensioni ridotte, potenza massimizzata
L’obiettivo della ricerca del laboratorio russo era quello di ridurre le dimensioni della pila nucleare e di massimizzarne la densità di potenza. Come pubblicato su Diamond and Related Materials della casa editrice Elsevier, gli studi hanno prodotto risultati entusiasmanti attraverso l’utilizzo alla sorgente dell’isotopo radioattivo nichel-63 e dei diodi di Schottky come trasmettitori, superando i numerosi tentativi che sono stati fatti in passato.
Da oltre un secolo, infatti, gli studiosi di tutto il mondo hanno provato a creare pile nucleari, ma non è mai stata raggiunta la potenza sufficiente e le dimensioni non si avvicinavano a quelle delle comuni pile. La scelta dei materiali è stata decisiva in tal senso, unita all’idea di sfruttare l’esperimento scientifico di Paul Rappaport, che aveva utilizzato semiconduttori per convertire l’energia del decadimento beta in energia elettrica, lo stesso che poi aveva portato alla creazione dei pacemaker.
Batterie nucleari betavoltaiche: innovazione per una potenza senza precedenti
Le batterie nucleari, che gli scienziati definiscono betavoltaiche, raggiungono un’elevata potenza e se aggregate in pacchi possono raggiungere i 3.300 milliwatt all’ora per ogni grammo di materiale. Questa scoperta, che abbina la funzionalità al risparmio energetico, costituisce una vera e propria innovazione e presto potrebbe rivoluzionare l’interno mercato internazionale. Gli apparecchi elettrici di cui l’uomo è circondato si alimentano infatti con le classiche pile, all’interno delle quali, attraverso una reazione di ossidoriduzione, si trasforma l’energia chimica in energia elettrica.
Attraverso il betavoltaico, invece, è possibile estendere la durata delle batterie fino a decuplicarla, sfruttando al contempo energia pulita e consentendo una molteplici ricariche rispetto alle pile attualmente in commercio. In Italia l’ingegnere Gianni Lisini ha creato qualcosa di simile, dal momento che ha ideato una batteria in grado di durare all’incirca 20 anni. Affiancando un accumulatore chimico ad un condensatore, Lisini è riuscito a generare un numeri infinito di cariche e scariche, tracciando la strada verso la batteria eterna.
Batterie nucleari cinesi: il futuro dell’energia sfruttando il decadimento radioattivo
In Cina nel 2024 è stato sviluppato un prototipo di batteria che potrebbe durare fino a 50 anni. Anche la batteria, ideata da Beijing Betavolt New Energy Technology funziona sul principio fisico unico: il decadimento radioattivo.
La batteria sviluppata dalla Betavolt è stata progettata in modo compatto, con dimensioni di soli 15 mm x 15 mm x 5 mm, ma promette una durata eccezionale, fino a 50 anni. Questo aprirebbe la strada a una vasta gamma di applicazioni, dall’elettronica di consumo ai dispositivi medici e alle missioni spaziali, eliminando la necessità di ricariche frequenti o sostituzioni della batteria.