La prossima Legge di Bilancio 2026 punta a proseguire la riduzione della pressione fiscale sui redditi da lavoro, con un nuovo taglio dell’Irpef. L’intervento, ancora in discussione, prevede la riduzione della seconda aliquota dal 35% al 33% per i redditi compresi tra 28.000 e 50.000 euro. Si tratta di una misura che potrebbe estendersi fino ai 60.000 euro, come richiesto da Forza Italia e Cisl, ma resta da definire la copertura finanziaria necessaria. Secondo le stime, il costo complessivo della misura si aggirerebbe intorno ai 5 miliardi di euro. L’obiettivo è alleggerire il prelievo sul ceto medio, migliorando leggermente la capacità di spesa delle famiglie, anche se i benefici concreti dipenderanno dal livello di reddito.
Chi è coinvolto e quanto risparmia
I dati del Ministero dell’Economia indicano che i contribuenti con redditi tra 28.000 e 50.000 euro rappresentano il 31,2% del totale, pari a circa 12,6 milioni di persone. Questa fascia di lavoratori e pensionati produce oltre il 60% del reddito imponibile nazionale e versa quasi l’80% dell’Irpef complessiva. Le simulazioni elaborate dallo studio Timpone & Associati e dalla Fondazione Nazionale dei Commercialisti mostrano quanto potrebbe cambiare il netto in busta paga a seconda della soglia di reddito.
Ipotesi 1: taglio Irpef fino a 50.000 euro
Se la manovra confermerà la riduzione dell’aliquota dal 35% al 33% per redditi fino a 50.000 euro, i vantaggi saranno modesti:
- chi guadagna 30.000 euro l’anno risparmierebbe circa 40 euro (3,3 euro al mese);
- con 40.000 euro, il beneficio salirebbe a 240 euro (20 euro mensili);
Per chi dichiara 50.000 euro, il risparmio sarebbe di 440 euro annui, pari a poco più di 35 euro al mese.
In pratica, l’effetto si tradurrebbe in un aumento di stipendio pari a una pizza al mese, come ironizzano alcuni osservatori, utile ma non sufficiente a compensare l’impatto dell’inflazione.
Ipotesi 2: estensione fino a 60.000 euro
Se dovesse prevalere la proposta di Forza Italia e Cisl di estendere il taglio fino ai 60.000 euro di reddito, i risparmi diventerebbero più evidenti:
- 55.000 euro di reddito risparmio di circa 940 euro l’anno;
- 58.000 euro vantaggio di 1.240 euro annui;
- 60.000 euro beneficio massimo di 1.440 euro, ovvero 120 euro al mese.
In questo scenario, il costo per lo Stato salirebbe di circa 756 milioni di euro, solo per questa seconda fascia di redditi.
| Reddito lordo annuo | Aliquota Irpef applicata | Risparmio annuo stimato |
|---|---|---|
| 30.000 € | 35% → 33% | ≈ 40 € |
| 35.000 € | 35% → 33% | ≈ 140 € |
| 40.000 € | 35% → 33% | ≈ 240 € |
| 45.000 € | 35% → 33% | ≈ 340 € |
| 50.000 € | 35% → 33% | ≈ 440 € |
| 55.000 € | 35% → 33% (estensione a 60k) | ≈ 940 € |
| 58.000 € | 35% → 33% (estensione a 60k) | ≈ 1.240 € |
| 60.000 € | 35% → 33% (estensione a 60k) | ≈ 1.440 € |
Chi resta escluso
Per i lavoratori autonomi in regime forfettario, fino a 85.000 euro di reddito, non cambierebbe nulla, poiché già beneficiano della flat tax al 15%. Chi invece rientra nel regime ordinario, con redditi superiori a 60.000 euro, avrebbe comunque un vantaggio di 1.440 euro, identico a quello dei redditi inferiori, ma l’impatto in percentuale sarebbe minimo. Secondo la Fondazione Nazionale dei Commercialisti, il costo totale della misura – comprendendo anche i contribuenti oltre i 60.000 euro che godrebbero dello stesso sconto – arriverebbe a 5 miliardi di euro.
Il governo valuta quindi una riduzione parziale o temporanea, mantenendo la soglia dei 50.000 euro per limitare i costi.
L’ideale è arrivare a 60.000 euro, ma bisogna vedere se ci sono le coperture
ha spiegato il vicepremier Antonio Tajani. La Cisl condivide la stessa linea, spingendo per una maggiore estensione del beneficio a favore del ceto medio.