Nel panorama degli incentivi destinati al lavoro autonomo, il decreto Coesione introduce misure che guardano con attenzione ai giovani under 35 in difficoltà economiche. Autoimpiego Centro-Nord Italia è la leva su cui il governo punta per chi risiede nell’Italia settentrionale e centrale.
Sia che si tratti di attività imprenditoriali o libere professioni, l’obiettivo è chiaro: fornire un aiuto concreto a chi ha deciso di intraprendere un percorso autonomo. Il pacchetto di incentivi prevede voucher che oscillano tra i 30 e i 40 mila euro, con la possibilità di accedere a un finanziamento in regime de minimis.
Indice
Obiettivi e destinatari del piano
Con il Decreto Coesione, il governo punta su una categoria spesso dimenticata: i lavoratori autonomi con partita iva. Autoimpiego Centro-Nord Italia si rivolge a giovani sotto i 35 anni che, nonostante la situazione economica difficile (o meglio, meno romanzata, quando non hanno alternative), scelgono di costruire un percorso indipendente nel mondo dell’impresa o delle professioni libere. Questo incentivo offre un sostegno fino a 40.000 euro, una cifra capace di dare la spinta necessaria a chi ha un progetto e cerca il giusto inizio per trasformarlo in realtà.
Il target è quello di giovani in condizione di marginalità, disoccupati o con difficoltà di inserimento lavorativo. Ma non solo: anche coloro che, stanchi della precarietà, decidono di investire su sé stessi. Il programma è aperto a chi vuole uscire dall’impasse e intraprendere una strada autonoma.
I finanziamenti: un trampolino per partire
Questa misura mette sul piatto strumenti concreti per chi desidera buttarsi nell’imprenditoria o nel lavoro autonomo. Si va da servizi di formazione professionale fino a veri e propri voucher che coprono le spese di avviamento. Il tetto massimo è di 30.000 euro, soldi che possono essere utilizzati per acquistare attrezzature, beni e servizi essenziali per l’attività, sia che si tratti di imprese individuali o di gruppo.
Ma non finisce qui: se l’obiettivo è investire in soluzioni tecnologiche, digitali o a impatto ambientale positivo, il contributo sale a 40.000 euro. Una spinta decisiva per chi vuole fare la differenza e non solo galleggiare.
Contributo a fondo perduto: un aiuto che conta
Chi preferisce, può optare per un contributo a fondo perduto, una manna dal cielo per chi ha bisogno di liquidità per partire. In regime de minimis, per investimenti sotto i 120.000 euro, si copre fino al 65% delle spese. Superata questa soglia, e fino a 200.000 euro, la percentuale scende al 60%, ma resta comunque un’opportunità ghiotta per chi ha ambizioni importanti.
Questa misura non si limita a dare una mano: si configura come una vera e propria spinta verso la costruzione di percorsi imprenditoriali sostenibili, con un occhio attento alle nuove tecnologie e all’innovazione.
Se poi la tua scelta ricade su tecnologie sostenibili, il voucher schizza fino a 40.000 euro. Un’occasione per i giovani che hanno voglia di investire in qualcosa di concreto e guardare oltre le difficoltà quotidiane di un mercato asfittico.
Resto al Sud 2.0: il Mezzogiorno risponde
Autoimpiego è solo una parte della storia. Per chi risiede nel Mezzogiorno, o in zone colpite da eventi sismici, c’è la misura Resto al Sud 2.0, pensata per sostenere le attività imprenditoriali e libere professioni nel Sud Italia. I giovani under 35 sono al centro anche qui, con un pacchetto che comprende voucher tra i 40 e i 50 mila euro, e un contributo a fondo perduto che copre il 75% dell’investimento per spese fino a 120 mila euro, o il 70% per quelle superiori. Un’occasione concreta per chi vuole radicare il proprio futuro professionale in una delle aree più complesse del Paese, sfruttando un supporto che non si limita alla fase iniziale ma accompagna ogni passaggio, dalla progettazione preliminare al tutoraggio.
L’occupazione giovanile: una sfida ancora aperta
Nonostante l’aumento generale dell’occupazione, i neolaureati italiani si trovano ancora a fronteggiare un mondo dove non si è mai abbastanza e d0ve in pochi sono pronti a scommettere su loro. Secondo Eurostat, la percentuale di impiego tra i giovani laureati italiani (20-34 anni) è solo del 67,5%, ben al di sotto della media europea dell’83,5%. Questo colloca l’Italia tra i Paesi più bassi in Europa, insieme a Grecia (72,3%) e Romania (74,8%). L’introduzione di incentivi come Autoimpiego e Resto al Sud 2.0 può quindi rappresentare una risposta efficace per invertire questa tendenza, offrendo ai giovani la possibilità di costruire un futuro lavorativo autonomo e indipendente.
A proposito di occupazione autonoma, l’azienda Amway ha presentato l’edizione 2023 del Global Entrepreneurship Report (Ager). L’indagine, condotta su un panel di 15.000 persone in 15 Paesi, mette in luce un tema che tocca sempre più da vicino gli italiani: l’imprenditorialità come risposta alla voglia di autonomia. E l’Italia, unico Paese europeo insieme alla Germania, non si tira indietro. Dopo la pandemia, il desiderio di staccarsi dal lavoro subordinato è palpabile, e i numeri lo confermano.
Un terreno fertile per il business
Il 41% degli intervistati si dice pronto a lanciarsi in un’attività propria. E gli under 35 spiccano: il 45% di loro sogna un business indipendente, dimostrando una voglia di fare che non si lascia scoraggiare. Tra le motivazioni, spiccano la possibilità di trasformare una passione in lavoro (53%), l’indipendenza economica (45%) e la gestione autonoma del tempo (42%). L’Italia si conferma così una piazza vivace per chi cerca di farsi strada con le proprie forze.
Ovviamente, non mancano gli ostacoli. La raccolta di capitali è ancora percepita come il grande scoglio: 40% degli italiani ritiene che questo sia il vero limite per avviare un’attività. Ma c’è una buona notizia: rispetto al 2019, è cresciuta la percentuale di chi ritiene di avere risorse economiche sufficienti per partire (22% contro il 18%).
Poi c’è un fattore “culturale”, secondo il report, da superare: il 42% degli italiani ha paura di fallire. Un deterrente che ci penalizza rispetto al resto del mondo, dove la media si ferma al 34%. Ma non è un ostacolo insormontabile, specie se si guarda alle opportunità emergenti.
Il lavoro autonomo diventa normalità
L’Ager rivela anche un dato che fa riflettere: per il 94% degli intervistati, è ormai normale avere un secondo reddito. Il 47% ritiene che avviare un’attività in proprio sia più allettante se si conosce qualcuno con esperienza. E non sorprende che il 54% degli italiani abbia amici o familiari già coinvolti in attività di guadagno extra. La cultura del lavoro autonomo e del business personale sta diventando un pilastro della nuova normalità.
Questo trend, tuttavia, non è solo il frutto di un cambio culturale, ma una necessità concreta. Molti scelgono il lavoro autonomo o il secondo reddito semplicemente perché con il solo impiego tradizionale non si riesce ad arrivare a fine mese. L’aumento del costo della vita, l’instabilità dei contratti e la crescente difficoltà a trovare un’occupazione ben retribuita costringono sempre più italiani a cercare altre fonti di guadagno. L’imprenditorialità non è solo una questione di passione o autonomia, ma spesso l’unica soluzione per far quadrare i conti.