I droni russi hanno sconfinato sulla Romania. Bucarest ha fatto immediatamente decollare due F-16, supportati da due Eurofighter inviati dalla missione di polizia aerea tedesca della Nato, che hanno seguito il drone fino a che non è sparito dai radar nei pressi della cittadina di Chilia Veche.
Secondo il ministero della Difesa romeno, il drone russo non ha sorvolato aree abitate e non ha rappresentato una minaccia immediata alla popolazione. L’episodio, tuttavia, aumenta ulteriormente la pressione russa sull’Europa e sulla Nato, dopo il caso dei droni sulla Polonia.
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Drone russo sulla Romania
Le autorità rumene non hanno confermato abbattimento: è probabile che il velivolo si sia schiantato o che sia stato neutralizzato fuori campo. Il nuovo sconfinamento dei droni russi è avvenuto nella notte tra il 13 e il 14 settembre 2025, durante un attacco contro infrastrutture ucraine sul Danubio, quel tratto di fiume che in quella zona funge da linea di demarcazione fra Ucraina e Romania.
La somma dei recenti episodi ha spinto l’Alleanza atlantica a potenziare la sorveglianza e a discutere un rafforzamento delle difese sul fianco orientale.
Nel frattempo, come detto, la Polonia aveva già vissuto una notte di allerta per una ventina di droni penetrati nel suo spazio aereo: qui sono stati effettivamente abbattuti alcuni dispositivi senza pilota e si è aperta una discussione internazionale su quali siano le risposte adeguate.
I droni russi sull’Europa non sono errori
La ripetizione sistematica di sconfinamenti, con droni o con frammenti di droni che ricadono in Romania, Polonia o altri paesi vicini, destabilizza il fronte orientale dell’Europa, con un effetto domino politico-diplomatico.
Anche un episodio tecnicamente contenuto produce richieste formali, consultazioni Nato e pressioni sulla diplomazia: ogni volta che un dispositivo russo supera un confine si riapre il dibattito su responsabilità, deterrenza e limiti della risposta. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha parlato apertamente di “espansione della guerra“, accusando Mosca di calcolare le rotte e la durata dei raid, e chiedendo misure preventive e di sanzione. Tali episodi, inoltre, erodono la percezione di invulnerabilità dell’area Nato orientale. Putin, dal canto suo, sa perfettamente che Trump (azionista di maggioranza della Nato) non autorizzerà mai azioni contro la Russia in risposta a violazioni di spazi aerei.
Cosa vuole Putin
Il lituano Andrius Kubilius, commissario europeo alla Difesa, sostiene che Putin si stia preparando ad attaccare l’Europa entro tre anni. Così ha spiegato a La Repubblica in merito all’ondata di droni sulla Polonia:
Penso che la Russia stesse semplicemente testando le capacità non solo della Polonia, ma di tutta la Nato e dell’Ue. Voleva capire come avremmo reagito e come siamo in grado di proteggerci.
Quelle in corso, dunque, sarebbero solo le prove generali di ciò che avverrà in seguito: l’estensione a occidente del fronte di guerra.
Non è detto che ogni drone che attraversa un confine sia parte di un piano politico-strategico centrale; ma la ripetizione di fenomeni analoghi in Polonia, Romania e altrove aumenta la probabilità che la tattica sia deliberata o, quanto meno, che rifletta una scelta operativa che sfrutta la soglia di reazione occidentale.
Putin potrebbe avere messo in atto la più classica “tattica del salame“, la strategia militare volta a raggiungere un obiettivo più ampio mediante piccole azioni graduali, ognuna apparentemente limitata e quindi difficilmente suscettibile di una risposta drastica. Applicata ai droni e alle incursioni transfrontaliere, la tattica del salame si presta a diverse letture: azioni mirate a sondare reazioni, a erodere la soglia di tolleranza degli alleati, a compattare dissensi interni all’Alleanza inducendo ogni Stato a concentrare risorse sulla propria difesa nazionale piuttosto che su una risposta collettiva unitaria. In altre parole: piccoli morsi che, sommati, cambiano il quadro strategico. E fetta dopo fetta, il salame viene mangiato tutto.
Possibile, inoltre, che tali episodi siano la reazione russa al piano di riarmo europeo (un modo per dire “se voi vi riarmate, sappiate che la Russia è già pronta”), oppure pressione per spingere verso una risoluzione accelerata del conflitto in Ucraina. Oppure, ancora, la ricerca di una reazione per scatenare un casus belli.