Non è di certo un buon momento per l’economia cinese che nel corso delle ultime settimane ha visto calare in maniera drastica il valore dello yuan, la valuta che mai come oggi sta risentendo dell’andamento politico a Pechino e dintorni. Dopo 15 anni, infatti, il renminbi cinese ha toccato un nuovo minimo sul dollaro, situazione che coincide con le incertezze sulla traiettoria economica del Paese dopo che si sono diffusi timori sull’operato del presidente Xi Jinping.
Già colpita dalla crisi, la valuta cinese scende sotto un livello che sembrava ormai un lontano ricordo e che oggi, invece, si presenta come un forte campanello d’allarme con numerosi investitori sul mercato asiatico che hanno dato il via al fuggi fuggi che ha provocato il crollo della moneta.
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Yuan in crollo sul dollaro
Quello che la Borsa presenta oggi alla Cina è un prezzo molto caro e un boccone difficile da mandare giù a Pechino. Martedì 25 ottobre 2022, infatti, la valuta è scesa ulteriormente dello 0,6% a 7,3084 Rmb per dollaro, percentuale che porta da inizio anno a oggi al ribasso del 15% della moneta cinese. L’indice Hang Seng China Enterprises è sceso di oltre il 7% lunedì, mentre il Nasdaq Golden dei grandi titoli tecnologici scambiati a Hong Kong è diminuito di oltre il 14%.
Lo yuan offshore, ovvero la valuta scambiata fuori dalla Cina, si è deprezzato scendendo ai livelli più bassi da quando i dati sul commercio offshore sono diventati disponibili nel 2011, dopo che la People’s Bank of China ha fissato il punto medio più basso nel 2008. Si tratta comunque di una parabola discendente che va avanti ormai da giorni e che è frutto della reazione degli investitori che, dati economici interni alla mano, non hanno più voluto rischiare e hanno dato il via a forti vendite arrivate dopo che le azioni di Hong Kong hanno subito il peggior giorno dalla crisi finanziaria globale e lo yuan si è avvicinato all’estremità più debole della sua banda di negoziazione (qui vi abbiamo parlato delle difficoltà di crescita della Cina).
Cina in crisi, cosa succede
A portare a questo subbuglio generale della valuta cinese è stato il Congresso del Partito Comunista, che ha visto il presidente Xi Jinping consolidare il suo potere in una mossa che gli analisti hanno interpretato come la continuazione della politica Covid-zero, che sta pesando sull’economia e sui mercati in seguito ai continui lockdown in corso su diverse megalopoli. Una volta appresa la situazione, secondo calcoli di Bloomberg lunedì 24 ottobre gli investitori stranieri hanno venduto un record netto di 17,9 miliardi di yuan (2,5 miliardi di dollari circa) di azioni in Cina tramite il trading link con Hong Kong.
Mentre le altre banche centrali stanno inasprendo i tassi per combattere l’aumento dell’inflazione, la politica economica di Xi Jinping si allontana nettamente e si fa più accomodante, con la banca cinese che negli ultimi giorni ha venduto dollari su dollari sul mercato dei cambi onshore per cercare di stabilizzare la valuta locale. Un tentativo fallito miseramente che, indebolendo lo yuan, potrebbe costringere il presidente cinese a rivedere la sua posizione. Contro la politica dei rialzi, Xi potrebbe comunque presto incontrare Biden e dal colloquio tra i due potrebbe arrivare una boccata d’ossigeno per la valuta cinese in forte svalutazione nell’ultimo periodo.