Una nuova emergenza nazionale in arrivo: cosa ci aspetta nel 2023

Confindustria lancia l'allarme: il prossimo anno l'Italia subirà pesantemente gli effetti dello shock energetico e della crescita zero

Pubblicato: 12 Ottobre 2022 14:36

Luca Incoronato

Giornalista

Giornalista pubblicista e copywriter, ha accumulato esperienze in TV, redazioni giornalistiche fisiche e online, così come in TV, come autore, giornalista e copywriter. È esperto in materie economiche.

Crescita zero. Nel 2023 il Pil italiano non aumenterà. È un quadro piuttosto cupo quello disegnato da Confindustria nel suo report di previsione sull’economia italiana per l’anno che verrà. Il punto di partenza, obbligatorio e necessario per sviluppare qualunque strategia futura, è la presa di coscienza di un dato su tutti: lo shock energetico sta abbattendo le prospettive di crescita. Il motivo principale, naturalmente, è la guerra della Russia in Ucraina.

Il problema del gas: quali scenari

L’offerta russa di gas ai Paesi dell’Europa occidentale è stata più volte ridotta in questi mesi come sappiamo. Perciò, spiega Confindustria, i mercati ora scontano nei prezzi una potenziale scarsità di volumi. Si ipotizza uno scenario con prezzi fermi agli alti livelli medi registrati nella prima metà di settembre (204 euro/mwh) per gli ultimi mesi del 2022 e poi fino a fine 2023.

Il prezzo del gas in Europa è ai massimi storici, con ripercussioni violente su famiglie e imprese: interi settori rischiano lo stop, e il sistema Paese è messo a dura prova. La quotazione del gas si è impennata in estate, arrivando a 236 euro per mwh in media in agosto – il picco storico giornaliero è stato a 330 – da 171 a luglio e poco meno di 100 in media nei primi sei mesi. A fine 2019, il prezzo del gas era di appena 13 euro.

In caso di blocco totale del gas russo, si avrebbe una carenza di offerta di gas in Italia pari a circa il 7% della domanda, con impatti rilevanti su attività e valore aggiunto specie nel settore industriale.

Queste conseguenze potrebbero però essere limitate se fossero efficaci le misure predisposte per il contenimento dei consumi. “Se il prezzo del gas schizzasse in modo duraturo ai valori del picco toccato in agosto (330 euro/mwh, per es. nel caso di blocco dell’import dalla Russia), l’impatto addizionale sul PIL sarebbe di -1,5% nel 2022-23; viceversa, se si riuscisse a imporre un tetto di 100 euro al prezzo del gas, il PIL guadagnerebbe l’1,6% nel biennio” spiegano gli industriali.

Questa situazione sta peggiorando le attese di crescita, soprattutto dell’Eurozona, e quindi le prospettive della domanda mondiale. Questo – prosegue Confindustria nella sua analisi – sta portando a una flessione dei prezzi delle commodity non energetiche, specie tra i metalli e i prodotti agricoli. Allo scoppio della guerra, invece, il timore che parte dell’offerta divenisse indisponibile, ad esempio il grano dall’Ucraina, aveva spinto ai massimi i prezzi di varie commodity. Le quotazioni, comunque, restano molto più elevate di quelle pre-pandemia.

La situazione drammatica per le imprese

I costi energetici delle imprese italiane sono stimati aumentare di 110 miliardi di euro nella media del 2022 rispetto ai valori pre-pandemia. L’incidenza dei costi energetici sul totale sale da 4,6% a 9,8%, “livelli insostenibili” sottolinea Confindustria, ai quali, nonostante un rialzo dei prezzi di vendita nei vari settori, corrisponde una netta contrazione dei margini di guadagno delle imprese.

Gli investimenti delle imprese subiranno una contrazione importante, dopo che nella prima metà dell’anno sono stati ancora in espansione, a un ritmo decrescente ma ampiamente sopra il livello pre-Covid. A fornire il contributo maggiore finora sono state le costruzioni, anche grazie al significativo impulso proveniente dai tanti bonus governativi, dal Superbonus 110% ai Bonus casa per le ristrutturazioni ai Bonus facciata.

Negativi per gli investimenti sono anche i rialzi dei tassi, che avranno un impatto sul costo del credito. Peraltro, l’aumento dei tassi pagati dalle imprese sembra già essere iniziato: 2,01% a luglio per le PMI (da 1,74% a gennaio), 1,01% per le grandi (da 0,76%).

Se il costo del credito continuasse a salire in misura marcata, si aggraverebbe, inoltre, la situazione finanziaria delle aziende, già indebolita nel 2020. E questo è un problema enorme se si pensa che le ingenti risorse europee del PNRR stanno portando tantissimi investimenti in Italia.

Nella prima parte dell’anno la performance dell’export è stata molto positiva e superiore alle attese, ma la brusca frenata della domanda internazionale nell’ultima parte del 2022 e nel prossimo anno, soprattutto nei principali mercati di sbocco delle merci italiane (Europa e Stati Uniti), ridurrà fortemente il potenziale di crescita delle nostre esportazioni. Le esportazioni di beni e servizi, dopo una espansione in doppia cifra nel 2022 (+10,3%), allenteranno bruscamente nel 2023, sfiorando un +1,8.

La situazione delle famiglie

Per quanto riguarda le famiglie, nel 2° trimestre del 2022 le famiglie italiane sono tornate a spendere facendo registrare un +2,6%, grazie al superamento delle misure anti-Covid e quindi all’aumento della mobilità e alla ripartenza negli acquisti fuori casa. È andato bene infatti il comparto turistico, con tutto il suo indotto. Ha svolto un ruolo positivo l’extra risparmio accumulato negli ultimi due anni.

D’altra parte, però, le famiglie restano molto prudenti nelle decisioni di spesa e l’extra risparmio non sarà sufficiente a finanziare le spese anche negli ultimi mesi del 2022 e nel 2023, in parte perché non può essere tutto immediatamente speso, in parte perché è eroso dall’inflazione, in parte perché concentrato tra le famiglie più abbienti.

Perciò, a causa di prezzi alti e riduzione del potere d’acquisto delle famiglie, nella seconda metà del 2022 attendiamo un significativo indebolimento dei consumi, che poi sono previsti rimanere sostanzialmente piatti nel 2023 (-0,1%). I consumi scenderanno di ben il 3% rispetto ai livelli del 2019.

Le previsioni sul PIL

Guardando al PIL, nella prima metà del 2022 il PIL italiano ha registrato una dinamica positiva, ora invece subisce un aggiustamento al ribasso tra la fine dell’anno e l’inizio del 2023 e poi recupera piano. La crescita nel 2022 pari al +3,4% è già tutta acquisita ed è molto superiore a quella che si prevedeva sei mesi fa. Ma per il 2023 le prospettive non sono affatto incoraggianti. C’è infatti una forte revisione al ribasso rispetto allo scenario di aprile (-1,6 punti), che porterà alla stagnazione.

Anche l’inflazione picchia duro. La dinamica dei prezzi al consumo in Italia è salita rapidamente nel 2022, arrivando al +8,9% annuo a settembre, su valori che non si registravano addirittura dagli anni ’80. L’impennata dei prezzi energetici al consumo, pari al +44,5% annuo, è responsabile di circa metà di questo aumento. Come media del 2022 l’inflazione si attesterà al +7,5%, per poi ridursi parzialmente il prossimo anno, per l’effetto meccanico di un prezzo del gas ipotizzato fermo, ma su valori ancora doppi rispetto all’obiettivo della Banca Centrale.

Le prospettive sul lavoro

Infine, il lavoro. Nella prima metà del 2022 l’occupazione è cresciuta a un ritmo superiore al PIL, spinta da una risalita sia delle ore per occupato, sia del numero di occupati. Per i prossimi due mesi però anche qui le previsioni sono negative tra l’autunno e l’inverno.

Nella seconda parte del 2023, invece, è prevista una ripresa nel mercato del lavoro, scontando la lenta risalita dell’economia, con l’input di lavoro che tornerà a crescere. Nella media del 2023, quindi, l’occupazione rimarrà quasi ferma (-0,1%).

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