In Manovra tagliati 4,6 miliardi per il rilancio del settore auto, la denuncia di Anfia

La Manovra 2025 taglia dell'80% le dotazioni del Fondo Auto. Anfia, Fim, Fiom e Uilm esprimo preoccupazione per il futuro del principale settore manifatturiero italiano

Pubblicato: 28 Ottobre 2024 18:25

Mauro Di Gregorio

Giornalista politico-economico

Laurea in Scienze della Comunicazione all’Università di Palermo. Giornalista professionista dal 2006. Si interessa principalmente di cronaca, politica ed economia.

L’Anfia si aggiunge al coro di voci critiche contro la Manovra 2025 del governo Meloni: l’Associazione nazionale filiera industria automobilistica denuncia un nuovo taglio agli stanziamenti del Fondo Automotive. Lo strumento venne lanciato nel 2022 per dare ossigeno al settore grazie a una dotazione iniziale di 8,7 miliardi di euro, poi andata riducendosi agli attuali 5,75 miliardi circa. Per gli anni a venire, evidenzia l’Anfia, le dotazioni crolleranno a 750 milioni nel 2025 per poi assestarsi a quota 1 miliardo l’anno dal 2026 al 2030.

La Manovra e i tagli all’automotive

L’Anfia esprime il suo “sconcerto” per la decisione del governo Meloni “di decurtare di oltre 4,6 miliardi di euro il Fondo Automotive destinato all’adozione di misure a sostegno della riconversione della filiera”. L’associazione parla di “un fulmine a ciel sereno”.

Il taglio non va visto solo nell’ottica della stretta agli incentivi destinati ai cittadini per l’acquisto di una nuova vettura. L’Anfia ricorda come l’auto rappresenti “il principale settore manufatturiero italiano“, con oltre 270.000 addetti (senza contare l’indotto) e un fatturato annuo che supera i 100 miliardi di euro. Viene inoltre evidenziato come fra tutti i settori produttivi, l’automotive sia “l’unico a cui è richiesta una trasformazione obbligatoria epocale in pochi anni. Inoltre, come ben noto a tutte le istituzioni, le aziende italiane oltre alle sfide del Green Deal, stanno anche affrontando una conclamata crisi industriale a livello nazionale che, unita al forte calo dei volumi di mercato a livello europeo, sta mettendo seriamente a rischio la sopravvivenza di un’eccellenza italiana”.

Per l’Anfia, il taglio previsto in Manovra “è un inaccettabile fulmine a ciel sereno che contraddice in maniera clamorosa l’importante attività che lo stesso governo sta svolgendo in Europa a favore del settore per migliorare la regolamentazione, e che annulla i mesi di intenso lavoro del Tavolo Sviluppo Automotive”. L’associazione auspica che il taglio possa essere rivisto “nell’iter di approvazione della Manovra in Parlamento: il caso contrario, questo tragico ridimensionamento delle risorse, segnerebbe una profonda frattura nella fin qui ottima collaborazione tra la filiera e il governo”.

L’allarme dei sindacati

Fim, Fiom e Uilm hanno immediatamente espresso “profonda preoccupazione e ferma contrarietà per la decisione del governo di tagliare al fondo automotive 4,6 miliardi di euro, pari all’80% delle risorse previste: in un momento in cui l’intero comparto automotive si trova in una fase di profonda trasformazione e crisi, risulta fondamentale un forte sostegno per garantire la competitività del settore, la difesa dell’occupazione e l’innovazione tecnologica, indispensabile per affrontare le sfide del futuro”. Così si sono espressi i segretari generali Ferdinando Uliano, Michele De Palma e Rocco Palombella.

Le sigle chiedono l’immediata convocazione di un tavolo per discutere del rilancio del settore auto in Italia.

La polemica Tavares-governo

La polemica Anfia-governo esplode proprio nello stesso periodo in cui i botta e risposta fra Stellantis, governo e Confindustria vedono alzare la temperatura della contrapposizione. Carlos Tavares, ceo di Stellantis ha cominciato a chiedere maggiori sforzi all’esecutivo già a febbraio 2024, per poi aumentare le pretese mese dopo mese.

Infine, dopo la reiterazione della cassa integrazione in più stabilimenti, è arrivata la dichiarazione che ha il sapore di un ultimatum: “Non dovremmo escludere nulla”, ha dichiarato Tavares riferendosi alla possibilità di operare licenziamenti e chiudere capannoni.

 

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