Mediobanca pronta a respingere l’offerta di Mps, 12 miliardi non bastano

Mediobanca boccia l'Ops di Mps, giudicata insufficiente con uno sconto dell'11% e un valore di 12,19 miliardi. Mercato e analisti restano freddi

Pubblicato: 28 Gennaio 2025 08:00

Francesca Secci

Giornalista

Giornalista pubblicista con esperienza in redazioni rilevanti, è specializzata in economia, finanza e geopolitica.

Mediobanca si prepara a sbarrare la strada alla proposta di scambio lanciata da Monte dei Paschi di Siena. Un’operazione caldeggiata dall’Esecutivo e spinta da nomi pesanti come Delfin e il gruppo Caltagirone, ma che per il Cda di Piazzetta Cuccia, sotto la guida di Renato Pagliaro, manca di concretezza sia sul piano economico che su quello strategico.

Le reazioni dei mercati e i nodi economici

La Monte dei Paschi non ha fatto breccia nel cuore del mercato. Le azioni della banca senese continuano a scivolare, chiudendo a 6,36 euro, mentre Mediobanca mantiene saldo il suo posizionamento a 16,5 euro. Questo abisso tra i due titoli trascina il valore dell’offerta a un modesto 12,19 miliardi di euro, ben lontano dai 13,75 miliardi che rappresentano la capitalizzazione effettiva di Mediobanca.

Una voragine di 1,56 miliardi che si traduce in un bivio per gli azionisti del Monte: mettere mano al portafoglio o accettare una diluizione. La partita è ancora aperta con Mediobanca, dunque.

Nel frattempo l’istituto milanese affila le armi in vista del consiglio decisivo, mentre la Borsa sferza un colpo ulteriore. Lo sconto implicito della proposta di scambio supera l’11%, segnalando un giudizio severo. Gli analisti di IntesaSanPaolo ipotizzano un rilancio in contanti da parte di Mps: 1,2 euro per azione, circa un miliardo in tutto. Ma il mercato, sempre più esigente, non si accontenta. La cifra richiesta per rendere l’offerta digeribile sale a 1,5 miliardi.

La posizione di Mps sull’operazione

In mezzo al caos, l’Amministratore Delegato di Monte dei Paschi, Luigi Lovaglio, ha difeso a spada tratta la proposta, definendola una “soluzione innovativa” capace di rilanciare il gruppo senese e posizionarlo come nuovo leader bancario nazionale. Secondo Lovaglio, l’operazione non toccherebbe i posti di lavoro e gode di un placet istituzionale.

Anche Lando Maria Sileoni, segretario della Fabi, ha incassato il colpo con favore, elogiando il piano come un’opportunità concreta per i lavoratori.

I pareri contrastanti degli analisti

Le opinioni degli esperti viaggiano su binari opposti. Deutsche Bank concede che la proposta potrebbe allargare gli orizzonti dei ricavi per Mps, ma i dubbi sul raggiungimento delle tanto decantate sinergie da 700 milioni di euro all’anno sono pesanti come macigni.

Si teme anche che Mediobanca possa trovarsi a fare i conti con una perdita di ricavi e risorse strategiche, aprendo una voragine difficile da colmare. Portare a casa il consenso della maggioranza necessaria per far decollare il progetto sembra, al momento, un’impresa che rasenta l’utopia.

Intanto, il management di Mediobanca, guidato da Alberto Nagel, è al lavoro su una relazione tecnica che sarà presto sottoposta al consiglio. Nella comunicazione ai dipendenti, l’Amministratore Delegato Saverio Vinci ha messo in chiaro che l’offerta non è stata concordata, lasciando spazio alla possibilità di dichiararla “ostile”.

Mediobanca e il sostegno del mercato

Mediobanca scommette sulla sua stabilità e sul supporto di una platea di investitori di peso. Con il 35% del capitale nelle mani degli istituzionali e un altro 20% detenuto da azionisti storicamente fedeli al management, Piazzetta Cuccia si prepara a giocare una partita che passerà anche dalle approvazioni regolamentari e dall’assemblea di Mps, prevista per giugno o luglio.

Intanto, il patto di sindacato non accelera. Nessuna convocazione straordinaria: tutto resta in calendario per febbraio, con un incontro in occasione della semestrale.

Generali al centro della strategia

I riflettori sono puntati su Generali, vero terreno di scontro. Delfin e Caltagirone, ben piazzati nel Consiglio di Amministrazione del Leone di Trieste, sembrano pronti ad alzare la posta: la famiglia Del Vecchio potrebbe spingersi fino al 19,9% del capitale, mentre Caltagirone punta al 9,9%. Ora, con il rinnovo del Consiglio all’orizzonte, i due pesi massimi sono decisi a giocare le loro carte, lasciando intendere che la partita è ben lungi dall’essere chiusa.

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