La Molisana, storico pastificio di Campobasso e uno dei simboli del Made in Italy nel mondo, è pronta a sbarcare negli Stati Uniti. Non con la solita rete di distribuzione, ma con un vero e proprio stabilimento di produzione oltreoceano. Lo scopo è aggirare il maxi-dazio del 107% imposto da Donald Trump.
A queste condizioni, ha spiegato l’ad Giuseppe Ferro:
per noi non è possibile lavorare.
Ferro è intervenuto nel corso di un incontro con la stampa dedicato all’impatto dei nuovi dazi imposti da Washington sulla pasta italiana. Ha specificato che:
Cercheremo di discutere con l’amministrazione americana.
Indice
Dazi record e accuse di dumping
Su impulso di Donald Trump, il Dipartimento del Commercio americano ha infatti introdotto, a partire dal 1° gennaio 2026, un superdazio del 107% sulla pasta italiana esportata negli Stati Uniti.
Alla base del provvedimento, l’accusa di dumping nei confronti di diversi produttori italiani, tra cui La Molisana e Garofalo.
Secondo Washington, le aziende avrebbero venduto i loro prodotti a prezzi inferiori rispetto a quelli praticati sul mercato interno, creando concorrenza sleale per i produttori statunitensi.
L’indagine americana va a colpire un settore già in allarme. Di indagini ne sono già state condotte tre. E una quarta procedura, secondo indiscrezioni, sarebbe in arrivo.
Anche Confagricoltura è intervenuta in materia. Così ha dichiarato il presidente Massimiliano Giansanti:
Abbiamo chiesto immediatamente al nostro Governo una forte presa di posizione verso l’amministrazione americana. Si tratterebbe di una doccia gelata ingiusta. Il mercato statunitense è fondamentale per le nostre produzioni, e ancor più per la pasta, apprezzata dai cittadini americani proprio per la qualità e la bontà riconosciuta in tutto il mondo.
Effetto domino sul Made in Italy
Il maxi-dazio non riguarda soltanto La Molisana. Nel mirino degli Stati Uniti ci sono 14 aziende italiane, tra cui Rummo, Barilla, la già gitata Garofalo e Sgambaro.
Il presidente di Rummo, Cosimo Rummo, ha sottolineato la gravità della misura, dal momento che i dazi di Trump:
scatteranno dal 1° gennaio 2026, ma poiché il dumping è retroattivo, si dovrà pagare anche per i 12 mesi precedenti.
Secondo le associazioni di categoria, l’impatto sarebbe devastante: l’export di pasta italiana verso gli Stati Uniti, che nel 2024 ha superato i 671 milioni di euro, rischierebbe di crollare.
Ad alimentare le polemiche è anche la provenienza della denuncia che ha portato all’indagine. Tra i promotori ci sarebbe Winland Foods, colosso americano controllato però dal fondo europeo Investindustrial. Un intreccio che fa parlare di “fuoco amico”, poiché un gruppo legato a capitali europei avrebbe contribuito all’avvio dell’indagine contro aziende italiane.
Se altri produttori, oltre a La Molisana, dovessero decidere di spostare la produzione negli Stati Uniti, gli effetti sul mercato del lavoro in Italia non sarebbero indolori. In mancanza di apertura verso nuovi mercati, il tutto potrebbe tradursi nel rischio di chiusura di impianti e licenziamenti.
Sindacati e lavoratori seguono con apprensione gli sviluppi e gli effetti dei dazi sulle imprese italiane.
L’Italia si muove contro i dazi Usa
Il Governo italiano ha già chiesto chiarimenti ufficiali.
La Farnesina e il Ministero dell’Agricoltura hanno avviato interlocuzioni con Washington, mentre l’ambasciata a Washington lavora per evitare l’entrata in vigore del super-dazio.
Filiera Italia, Coldiretti e Unione Italiana Food hanno definito la misura “inaccettabile”, “ingiustificata” e “punitiva”.