Private Equity a gonfie vele: farà ancora meglio del mercato

I fondi di private equity hanno registrato un over-performance rispetto all’indice FTSE IT Small Cap del 10% nel periodo Q4 2014 -Q3 2021, ma per continuare a generare extra-rendimenti sarà fondamentale una gestione attiva delle portfolio company

Pubblicato: 29 Giugno 2024 11:29

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Redazione

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Negli ultimi anni, il settore del Private Equity in Europa e in Italia ha dimostrato una notevole capacità di generare extra-rendimenti. Il settore ha infatti registrato una over-performance (“alpha”) rispetto all’indice FTSE IT Small Cap del 10%, come risulta da un’analisi rischio/rendimento su 400 fondi europei di Private Equity nel periodo Q4 2014 – Q3 2021. È quanto emerge da un’analisi di Deloitte. Nel corso del 2023 il mercato italiano del private equity e venture capital ha registrato investimenti per un controvalore pari a 8.162 milioni di euro, in calo del -12% rispetto al boom dell’anno precedente. Tuttavia, 8 operatori di Private Equity su 10 in Italia ritengono che il settore abbia over-performato il mercato azionario nel corso dell’ultimo decennio prevalentemente grazie a operazioni di M&A (64%) e crescita organica (33%) basata su internalizzazione, lo sviluppo di nuovi prodotti e l’individuazione di nuovi segmenti di mercato.

Necessario ridefinire le strategie d’investimento

“I cambiamenti strutturali in corso nel settore potrebbero però minacciare il successo ottenuto in passato. Questa over-performance decorrelata rispetto all’andamento del ciclo macroeconomico è stata raggiunta anche attraverso il ricorso al debito ed al taglio dei costi – commenta Claudio Scardovi, Senior Partner e Private Equity Leader di Deloitte – .Per continuare a generare over-performance gli operatori dovranno ridefinire le loro strategie d’investimento, puntando in particolare sulla gestione attiva della società investita, per ottimizzarne la capacità prospettica di generare non solo la redditività e l’EBITDA di breve periodo ma anche una crescita sostenibile nel lungo periodo”.

“I fondi di Private Equity – continua Scardovi – dovranno puntare sempre di più su strategie di investimento in grado di anticipare selettivamente i meta trend di creazione di valore globali, focalizzandosi maggiormente sull’evoluzione del modello di business ed operativo delle società investite per una loro reale trasformazione. Il supporto del Private Equity all’imprenditore ed al management dell’azienda investita è un fattore chiave per la sua migliore evoluzione competitiva”.

In Europa i fondi di Private Equity disponevano nel 2023 di 338 miliardi di euro di “dry powder”, capitale non ancora investito, che rappresenta una risorsa significativa per nuove opportunità di investimento. A livello globale, secondo alcune previsioni, è possibile per il settore raggiungere l’ambiziosa soglia di 26mila miliardi di dollari di AUM entro il 2026 (fonte Preqin).

Lo scenario italiano: transizione green e digitale

Secondo una indagine condotta in Italia da Deloitte su 32 società del settore Private Equity, il 75% degli operatori ritiene che il Private Equity continuerà a generare “alpha” per l’intero ciclo di investimento anche in futuro. In Italia, secondo gli intervistati i rischi principali che possano ostacolare generazione di over-performance del comparto sono l’escalation delle tensioni geopolitiche a livello globale (44%), protezionismo e interruzioni della supply chain (31%), il costo del denaro e l’andamento dei tassi di interesse (17%), trend demografici (6%).

Negli ultimi dieci anni, i settori che hanno maggiormente attratto l’interesse degli operatori di Private Equity italiani sono stati il Manufacturing (36%), Telco (22%), Fashion, Food e arredamento (22%), servizi tra cui Education, salute e servizi finanziari (14%), Energy (6%).

Tra i meta-trend che i fondi di Private Equity possono seguire per generare valore sostenibile, la Green Technology e la Digital Transformation emergono come i più rilevanti, indicati rispettivamente dal 47,2% e dal 63,9% degli operatori del settore. “Investire in queste aree non solo favorisce la crescita delle aziende del portafoglio, ma risponde anche alla crescente domanda di soluzioni sostenibili e tecnologicamente avanzate da parte del mercato” commenta Scardovi. Inoltre, per sfruttare appieno il potenziale strategico delle operazioni di M&A, indicato dal 64% degli operatori come strategia significativa per la creazione di extra-rendimento, il Private Equity deve necessariamente posizionarsi come un partner operativo e non solo finanziario. Tale approccio consente infatti di migliorare la performance delle aziende acquisite attraverso la fornitura di competenze operative e strategiche.

Un decalogo per la creazione di valore sostenibile

Il report di Deloitte identifica dieci strategie chiave per gestire attivamente le aziende del portafoglio investito, focalizzandosi su un approccio che vada oltre la semplice creazione di valore finanziario. Anzitutto una strategia focalizzata sulla reale crescita della produttività a medio-lungo termine, rispetto alle tradizionali strategie orientate al miglioramento a breve termine dell’EBITDA; poi un utilizzo più spiccato di nuove tecnologie digitali, inclusa l’integrazione dell’AI in modo etico ed efficace, utilizzando al meglio le capacità umane in sinergia con le tecnologie avanzate. Nel decalogo figura anche la value proposition “as a service”, concentrandosi sulla creazione di un ecosistema di servizi che offrono un valore aggiunto ai clienti sempre più importante rispetto a quello offerto dal prodotto fisico scambiato; poi l’adozione di tecnologie innovative in grado di accelerare la trasformazione del modello di business dell’azienda; sfruttare la finanza e le fusioni-acquisizioni come strumenti per supportare la crescita dell’azienda attraverso aggregazioni “bolt-on”; un approccio proattivo alla gestione del portafoglio di investimenti e di nuovi progetti dell’azienda; una gestione del rischio consapevole valutando le opportunità di guadagno rispetto alle potenziali perdite e adottando misure per mitigare i rischi; la sostenibilità intesa non come solo come un obbligo normativo, ma anche come potenziale vantaggio competitivo. Infine, la strategia del Fast future forward, che si concentra sull’orientare e guidare le aziende verso un futuro ambizioso e con passo accelerato, riducendo radicalmente, grazie all’esperienza del Private Equity, i tempi richiesti per realizzarlo.

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