Guerra del grano, a rischio approvvigionamenti in Italia

Nel nostro Paese pesa il blocco delle esportazioni annunciato dall'Ungheria. Russia e Ucraina rappresentano il primo e il terzo esportatore mondiale di cereali.

Pubblicato: 11 Marzo 2022 10:29

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Redazione

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“Ci troviamo in una situazione di crisi. Ho convocato tutte le associazioni di categoria della filiera dei cereali, dai produttori di semi fino alla grande distribuzione, in modo da trovare tutti insieme una soluzione. Oltre al grano, ho convocato il tavolo del resto dei cereali: penso soprattutto al mais, che è quello che la sta pagando più di tutti. Abbiamo grandi problemi sul mais e sul girasole. L’olio di semi di girasole sta per diventare introvabile, mentre con il mais si dà da mangiare agli animali quindi ci sarà un problema con la zootecnia. Chiederemo all’Europa di sbloccare un milione di ettari, quelli bloccati dai fondi di rotazione e soprattutto ci sono dei terreni inutilizzati, per salvare il salvabile. Fino a fine marzo il mais lo si può ancora piantare”. Questo l’allarme lanciato ieri dal sottosegretario alle politiche Agricole, Gian Marco Centinaio. La guerra sta, infatti, cambiando i rapporti geo-economici colpendo l’export di materie prime e facendo schizzare i prezzi dal momento che Russia e Ucraina rappresentano il primo e il terzo esportatore mondiale di cereali.

Quotazioni grano sfiorano +40%

La guerra in Ucraina – come rileva Assoutenti – ha fatto schizzare alle stelle le quotazioni del grano, che dall’inizio del conflitto hanno subito un aumento che sfiora il +40%. Andamento al rialzo confermato anche dai dati Ismea, e che sta interessando altre materie prime come mais e soia.

“All’incremento delle quotazioni delle materie prime in atto si aggiungono i maggiori costi energetici in capo alle attività produttive causati del caro-bollette, e i costi di trasporto enormemente aumentati per effetto dell’escalation di benzina e gasolio – spiega il presidente di Assoutenti Furio Truzzi –. Tutti fattori che, sommati, influiranno nelle prossime settimane sui prezzi al dettaglio di numerosi prodotti venduti in Italia, dalla pasta al pane, passando per crackers, biscotti, dolciumi. In tale contesto rischiano di inserirsi nei vari passaggi della filiera speculazioni finalizzate a sfruttare il conflitto in Ucraina per ritoccare da subito i listini dei beni venduti in Italia. Tutto ciò potrebbe portare a rincari dei prezzi al dettaglio compresi tra il 15 e il 30% per beni come pasta e pane, e il Governo farebbe bene a dare ascolto ai dati ufficiali Istat e Ismea che certificano gli aumenti e agli allarmi di consumatori e produttori circa gli imminenti incrementi dei listini al pubblico”.

Il blocco delle esportazioni

Le esportazioni di segale, orzo, grano saraceno, miglio, zucchero, sale e carne saranno vietate in Ucraina fino alla fine di quest’anno. L’Ucraina, il quarto esportatore alimentare al mondo, rappresenta circa il 20% delle importazioni di grano dell’Ue, il che potrebbe significare una serie di carenze alimentari in tutto il continente a causa dello stop. Kiev, inoltre, fornisce molti altri beni alimentari, incluso l’80% del suo miele. Dopo l’Ucraina anche altri Paesi come Ungheria e Bulgaria hanno deciso di sospendere le esportazioni di grano per assicurare i rifornimenti interni e contenere la crescita dei prezzi.

“La misura adottata dall’Ungheria costituisce una chiara violazione del principio della libera circolazione dei beni nel mercato interno europeo e rimette in discussione i valori fondamentali enunciati nei Trattati Ue – sottolinea Emilio Ferrari, Presidente Italmopa – una decisione inaccettabile che rischia di compromettere il corretto approvvigionamento in materia prima dell’Industria molitoria italiana a frumento tenero il cui fabbisogno totale, pari complessivamente a 5,5 milioni di tonnellate di grano, è garantito in misura del 65 percento dalle importazioni, da Paesi comunitari o Paesi terzi, del quale oltre il 30 percento è costituito da grano ungherese. Una situazione incredibile tanto più che non deriva in alcun modo dall’interruzione dei flussi di importazione di grano dalla Russia e dall’Ucraina, complessivamente marginali, ma dalla decisione autonoma di un partner europeo che ha deciso di muoversi al di fuori delle regole alle quali ha volontariamente accettato di sottoporsi aderendo all’Unione europea e che, inoltre, è un beneficiario netto degli aiuti comunitari per le produzioni agricole. Ed è per questo motivo che pretendiamo una reazione forte e rapida da parte della Commissione europea nei riguardi di una palese violazione del diritto comunitario da parte di uno Stato membro”.

Le scorte in Italia

Dopo il blocco dell’export annunciato anche da altri Paesi, in Italia che deve già far fronte al mancato arrivo di grano tenero da Russia e Ucraina, che rappresentavano circa il 5% del totale import, si moltiplicano gli appelli alla Commissione europea perché intervenga.

“L’Italia – evidenzia Consorzi Agrari d’Italia (Cai) – potrebbe avere un problema di approvvigionamento di grano tenero e mais se l’Ungheria, da cui importa quasi il 30% di grano tenero e il 32% di mais, confermasse l’intenzione manifestata in questi giorni di limitare le esportazioni per coprire il fabbisogno interno e far fronte ad una crisi più lunga. Secondo il Cai il blocco dell’export ungherese si sommerebbe allo stop delle importazioni da Russia e Ucraina che pesano per il 6% sul tenero e per il 15% sul mais che arriva in Italia. “È chiaro che questa situazione deve indurre ad una profonda riflessione quanti, in questi anni, con atteggiamento speculativo, hanno preferito puntare su produzioni estere piuttosto che valorizzare il prodotto italiano di qualità – commenta l’amministratore di Consorzi Agrari d’Italia, Gianluca Lelli –. Bisogna lavorare per incrementare le nostre produzioni e garantire, attraverso i contratti di filiera, una filiera equa in ogni anello della catena, dal produttore al consumatore. Le limitazioni decise dal governo magiaro aprono una crisi profonda per gli approvvigionamenti in Italia, per questo motivo è fondamentale l’intervento del Governo per far rispettare i principi di libero scambio all’interno dei Paesi dell’Unione Europea”.

La produzione nel nostro Paese

“Di fronte a una situazione che ci chiederebbe di essere più produttivi abbiamo una serie di problemi che frenano la capacità produttiva, perché molte aziende non hanno liquidità sufficiente per fare acquisti di materiali, di materia prima che consente di coltivare – ha affermato Dino Scanavino, presidente della Cia –. Ci siamo specializzati nel produrre prodotti per le tavole dei benestanti di tutto il mondo, e non per sfamare l’umanità: è stata una scelta che io credo debba essere ancora perseguita, ma che oggi porta un po’ di difficoltà”.

In questo momento, sostiene Scanavino, “bisogna incentivare le semine di mais, bisogna far fronte alle rotazioni in modo diverso, abbiamo necessità di aumentare le produzioni”. Inoltre, ha sottolineato il presidente della Cia, “chi teme escalation negative fa incetta di prodotti principali, grano, mais e altri beni di prima necessità. Chi ha il grano tende a mantenere le riserve, non l’Ucraina perché il grano tenero dell’Ucraina non decide quasi nulla nel commercio mondiale, ma Ungheria e altri tendono a non esportarlo: primo perché temono una crisi, secondo perché cavalcano la speculazione e prendono il premio dell’aumento ogni settimana, perché alla Borsa di Bologna ogni settimana il grano tenero aumenta, cosa che non accade invece per il grano duro che ha raggiunto un buon livello ma si sta sostanzialmente stabilizzando”.

L’Industria molitoria italiana non sarà più in grado di garantire la produzione di farine di frumento tenero nei volumi richiesti dal mercato laddove non dovesse essere ritirata con urgenza la sciagurata decisione ungherese di applicare restrizioni all’esportazione di grano anche nei riguardi dei Paesi aderenti all’Unione europea” avverte  Italmopa-Associazione Industriali Mugnai d’Italia (Federalimentare/Confindustria) in merito al decreto emanato dall’Ungheria che introduce un sistema di limitazione dell’export di cereali, e quindi di grano, considerati “derrate agricole strategiche”. “La situazione dell’approvvigionamento dei Molini in frumento tenero diventerà rapidamente drammatica laddove non dovessero essere urgentemente ripristinate le norme inviolabili che regolano il funzionamento del mercato interno comunitario – conferma Andrea Valente, presidente della sezione Molini a frumento tenero Italmopa – si profila il rischio di chiusura di impianti molitori entro pochi giorni per via della oggettiva impossibilità di sostituire il frumento tenero ungherese, peraltro oggetto di contratti di acquisto conclusi talvolta diversi mesi prima dell’esplosione del conflitto, con frumento di altre origini. Ed in questo caso sarebbe inevitabilmente a rischio la fornitura di farine per la produzione di pane, pizza o prodotti dolciari. Nei giorni scorsi, abbiamo responsabilmente evidenziato che la violenta esplosione delle quotazioni del grano non poteva in alcun modo essere assorbita dalla sola Industria molitoria, ma era oggettivamente impossibile prevedere che questa criticità sarebbe stata repentinamente accompagnata anche da una grave minaccia al nostro approvvigionamento proveniente da un paese UE”.

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