Il Fondo monetario internazionale ha criticato l’economia europea. Il tema è la crescita praticamente ferma, tra dazi e incertezze che pesano sui mercati. In questo modo il debito pubblico rischia di esplodere nei prossimi 15 anni. Il Fondo ha avvertito l’Europa che sta entrando in una fase di crescita mediocre, con rischi strutturali che potrebbero portare l’indebitamento medio al 155% del Pil, se non verranno adottate riforme “coraggiose”.
Nel mirino finisce la lentezza decisionale dell’Unione Europea, i vincoli nazionali e la mancanza di un piano comune per la crescita. Tra i Paesi europei spicca però un’eccezione: l’Italia viene definita dal Fmi in corsa per una “sovraperformance impressionante” per i risultati di bilancio. Il deficit italiano, stimato al 3% del Pil, è migliore delle attese e vale una promozione che contrasta con i toni preoccupati riservati al resto dell’Europa.
Fmi, critica nei confronti dell’Europa
Il Fmi critica, o meglio rimprovera l’Europa. Il motivo è che si trova in un momento decisivo, dove la crescita resta troppo bassa e i piani di bilancio esistenti sono insufficienti per gestire l’enorme spinta sulla spesa. Questa l’analisi che, proseguendo, senza riforme coraggiose porterà un debito medio europeo che rischia di salire fino al 130% del Pil entro il 2040 o addirittura al 155% su base ponderata.
Il Fondo invita quindi l’Unione a rivedere i propri meccanismi istituzionali, persino superando l’unanimità e introducendo il voto a maggioranza per accelerare le riforme strutturali necessarie. Tra i tanti suggerimenti, uno commentato come “radicale”, ovvero la creazione di uno “zar del mercato unico”, capace di coordinare le politiche economiche dei 27 Paesi membri.
Le previsioni di crescita per questo restano modeste: +1,2% nel 2025 e +1,1% nel 2026, a frenare i rischi legati a dazi e instabilità geopolitica.
Tra le altre problematiche espresse dal Fondo, le barriere interne agli scambi che equivalgono a costi del 44% per i beni e del 110% sui servizi. Secondo il direttore europeo Alfred Kammer, questi mettono a rischio la sostenibilità del debito.
L’opinione è che l’Europa deve puntare a un bilancio comune più robusto, l’emissione di debito Ue regolare e un vero piano di investimenti condiviso per invertire la rotta.
L’Italia promossa: conti migliori del previsto
Mentre ammonisce l’Europa, il Fondo riconosce all’Italia una sovraperformance fiscale. Helge Berger, vicedirettore del Dipartimento europeo, ha commentato i dati dichiarando: “I risultati sui conti pubblici sono impressionanti”. Per il 2025 il deficit infatti si attesta intorno al 3% del Pil, meglio delle previsioni del Fondo al 3,3%.
Sempre Alfred Kammer ha definito “fantastica” la gestione del disavanzo italiano, sottolineando che il Paese sta andando meglio del previsto. Le stime aggiornate indicano infatti un rapporto debito/Pil al 138% nel 2026, con una possibile discesa al 137% nel 2030. Sono numeri che consolidano la credibilità finanziaria dell’Italia sui mercati, nonostante un contesto europeo piuttosto incerto.
Queste dichiarazioni vanno considerate nel contesto del report di Bankitalia, che descrive come da novembre 2024 sia ormai la settima volta consecutiva che viene superata la quota di 3.000 miliardi. Ad agosto il debito pubblico italiano infatti è aumentato di 25,4 miliardi rispetto al mese precedente.
Da Palazzo Koch arrivano le motivazioni: incremento della disponibilità liquida del Tesoro, effetto complessivo di scarti e premi all’emissione e al rimborso dei titoli di Stato, della rivalutazione dei titoli indicizzati all’inflazione e della variazione dei tassi di cambio.