L’Oro è volato su un nuovo record storico, aggiornando i massimi toccati lo scorso mese di dicembre, in scia ad una serie di fattori quali le incertezze geopolitiche, le politiche sui tassi delle banche centrali, le riserve delle stesse e l’andamento dell’inflazione. Questo mix di fattori ha innescato un rally che dura da ben 16 mesi e che ha portato il valore dell’oro su un picco di 2.141 dollari l’oncia, ad aggiornare il precedente record di 2.135 USD. Da segnalare che l’oro ha guadagnato circa il 30% da fine 2022 quando era valutato 1.600 dollari l’oncia.
Le attese sul taglio dei tassi
A sostenere il metallo prezioso contribuiscono le attese di un taglio dei tassi da parte della Federal Reserve e della BCE, attesi entro il mese di giugno. Una evoluzione che darebbe un segnale rialzista al metallo prezioso, il quale si avvantaggia sempre di tassi di interesse più contenuti, benchè questa vota abbia proseguito il rally anche durante la fase restrittiva dela politica moneetaria.
E proprio nella prospettiva di un eventuale taglio dei tassi si attende il discorso del Presidente della Fed Jerome Powell dinanzi alle Commissioni Economia riunite del Congresso.
A condizionare la performance dell’oro c’è poi la riunione della BCE di questo giovedì, anche se non si attendono novità su fronte dei tassi di interesse, ma solo un aggiornamento del quadro economico e previsionale dell’Eurotower.
Banche centrali proseguono gli acquisti
A sostenere la domanda di oro e quindi i prezzi hanno contribuito nell’ultimo anno i massicci acquisti da parte delle banche centrali, che stanno rimpiazzando le riserve in dollari, più soggette a volatilità, con quantitativi più ampi del metallo prezioso, più stabile e sicuro, di fronte alle tensioni geopolitiche ed ai conflitti in corso nell’Est europeo ed in Medioriente.
Dall’ultimo report del World Gold Council emerge che la serie di acquisti da parte delle banche centrali è proseguita dal 2022 a un ritmo vertiginoso. L’anno scorso la domanda ha raggiunto le 1.037 tonnellate, attestandosi come la seconda più alta mai registrata, in calo di appena 45 tonnellate rispetto all’anno precedente.
Un safe-heaven a tutti gli effetti
Le incertezze e tensioni a livello geopolitico hanno indubbiamente avuto il ruolo maggiore nell’orientare la domanda di oro, asset che rappresenta un bene rifugio in fasi come questa. Da segnalare soprattutto le vendite che hanno colpito i mercati cinesi, di rifesso alla crisi del mercato immobiliare.
In questa direzione si sono visti ampi acquisti da parte degli investitori cinesi, con il World Gold Council che segnala un forte aumento della domanda della Cina (+17%) a compensare il calo registrato dall’India (-9%). Un interesse che non è stato motivato solo dai consueti acquisti nel settore della gioielleria, ma che ha avuto riscontro anche nei capitali in fuga dal settore immobiliare e dal mercato azionario.