Settimana da dimenticare per i mercati azionari globali, con Piazza Affari che risulta uno dei peggiori listini nell’ottava appena terminata. La giornata di venerdì si è chiusa con una pesante flessione del 2,55% sul FTSE MIB, che ha portato il calo degli ultimi sette giorni sopra al 5%. Lettera anche su Francoforte, che ha registrato un importante calo del 2,33%, su Londra, con un netto svantaggio dell’1,31%, e Parigi, con un ribasso dell’1,61%.
A spingere le vendite sono stati i timori di un eccessivo rallentamento dell’economia americana, dopo i dati deludenti sul mercato del lavoro arrivati nel pomeriggio, e l’incertezza sul taglio dei tassi. Male il comparto Tecnologico, che soffre l’annuncio del colosso statunitense Intel riguardante un maxipiano di taglio dei costi e la sospensione del pagamento dei futuri dividendi.
I dati statunitensi
I dati macroeconomici statunitensi degli ultimi giorni hanno sollevato qualche preoccupazione sulla tenuta dell’economia e instillato il dubbio che la Fed abbia aspettato troppo a tagliare i tassi. Prima i sussidi di disoccupazione nella giornata di giovedì, con 249 mila nuove richieste: c’è un elemento stagionale abbastanza forte, ma il dato è comunque 13 mila sopra le attese e vicini ai massimi degli ultimi dodici mesi. Poi l’ISM Manifatturiero, uscito a 46,8 punti contro le attese per 48,8 punti, per di più con la componente prezzi più alta delle attese: quindi la produzione manifatturiera cala nonostante i livelli dei prezzi più alti, la peggiore delle combinazioni.
Venerdì è poi uscito il report sul mercato del lavoro USA di luglio, che ha evidenziato i progressi raggiunti nel riequilibrio tra domanda e offerta di manodopera: il tasso di disoccupazione è salito al 4,3% dal 4,1% di giugno (un anno fa era al 3,5%), contro le attese di stabilità. I nuovi occupati non agricoli si sono attestati a 114 mila rispetto ai 175 mila previsti, con una revisione al ribasso del risultato di giugno da 206 mila a 179 mila. Le assunzioni sono quindi rimaste al di sotto della media degli ultimi 12 mesi (215 mila), mentre la dinamica salariale ha mostrato nuovi segnali di rallentamento, con la retribuzione media oraria salita di +0,2% m/m rispetto al +0,3% di giugno.
I dati hanno alimentato le preoccupazioni che la Fed stia mantenendo i tassi alti troppo a lungo. Secondo Tiffany Wilding, Economista di PIMCO, questa pubblicazione “consolida un taglio dei tassi della Federal Reserve a settembre e aumenta il rischio che la Fed riveda le sue previsioni per indicare una cadenza più rapida dei tagli futuri. Lo slancio economico negativo potrebbe certamente autoalimentarsi, e noi potremo osservare una serie più ampia di dati alla ricerca di indizi. Il prossimo rapporto sull’occupazione e l’eventuale ripresa dalla debolezza di luglio saranno fondamentali per porre le basi della riunione della Fed di settembre”.
Giappone e tech
Altri due temi importanti della settimana sono stati quanto accaduto in Giappone e nel comparto tecnologico. Mercoledì la Bank of Japan ha aumentato il costo del denaro per la seconda volta in 17 anni, nel tentativo di normalizzare la politica monetaria nella quarta economia più grande del mondo. In particolare, ha aumentato il suo tasso di interesse chiave a “circa lo 0,25%” dal precedente intervallo tra lo 0% e lo 0,1%. Ha anche delineato un piano per smantellare il suo massiccio programma di acquisto di obbligazioni, mentre si allontana da un decennio di misure di stimolo. Venerdì il Nikkei ha postato il peggior ribasso giornaliero dai tempi della pandemia, chiudendo a -5,81%, con l’aggravante del rafforzamento dello yen che rischia di danneggiare l’export, oltre a dichiarazioni della BoJ che lasciano intendere un’alta probabilità di nuovi rialzi dei tassi in autunno.
Mercoledì è stata una giornata forte per i titoli legati ai chip. Nvidia ha chiuso la seduta a +12,8%, mentre Broadcom a +12%, dopo le indicazioni di Microsoft che aumenterà gli investimenti nell’intelligenza artificiale perché punta ad un aumento della redditività grazie all’AI. Nella serata di giovedì si sono aggiunte le trimestrali non proprio brillanti di Amazon e Intel (crollata nella seduta di venerdì con taglio dividendo e licenziamenti). È andata un po’ meglio ad Apple, che ha segnalato conti tutto sommato positivi.
La decisione della Fed
Mercoledì la Federal Reserve ha lasciato invariati i tassi sui Fed Funds nel range 5,25-5,50% per l’ottava riunione di fila, come ampiamente atteso, in un voto unanime, per la diciassettesima riunione consecutiva. Nello statement è stato indicato che “il Comitato è attento ai rischi su entrambi i lati del suo mandato duale” (stabilità dei prezzi e piena occupazione), mentre in precedenza aveva affermato che i banchieri erano “molto attenti ai rischi inflazionistici”.
Nel corso della conferenza stampa sono emersi alcuni aspetti che hanno rafforzato l’aspettativa di un taglio tra un mese e mezzo. In primis perché lo ha detto esplicitamente il presidente Jerome Powell: “Se la totalità dei dati, l’evoluzione dell’outlook e il bilanciamento dei rischi saranno coerenti […] la riduzione dei tassi potrebbe essere alla riunione di settembre”. In secondo luogo perché, nonostante i rischi siano bilanciati in entrambe le direzioni, prima d’ora non si era sentita una dichiarazione così esplicita che “i rischi al ribasso della disoccupazione sono reali adesso”. È inoltre emerso come la possibilità di un taglio sia stata addirittura discussa in questa riunione, nonostante “una grossa maggioranza preferisse non muoversi ora”.