Petrolio termometro del conflitto: ecco dove andranno i prezzi

Il greggio ha raggiunto nel weekend un massimo di 92 dollari al barile per poi ripiegare a 89 dollari sui segnali di de-escalation

Pubblicato: 15 Aprile 2024 10:56

QuiFinanza

Redazione

QuiFinanza, il canale verticale di Italiaonline dedicato al mondo dell’economia e della finanza: il sito di riferimento e di approfondimento per risparmiatori, professionisti e PMI.

Il petrolio resta vicino ai massimi degli ultimi cinque mesi e mezzo, pur con qualche limatura rispetto ai picchi del weekend, quando il greggio si era impennato per effetto dell’attacco con droni dell’Iran a Israele, in seguito all’attentato all’ambasciata a Damasco. Il rischio geopolitico ha portato in alto le quotazioni del greggio, che hanno raggiunto massimi di 92 dollari al barile, per poi ritacciare sui degnali di de-escalation e dopo che il G7 ha fortemente condannato qualsiasi tentativo di alimentare il conflitto.

Le quotazioni del greggio

Il future sul Brent del Mare del Nord, per consegna giugno, ha raggiunto un massimo di 92,12 dollari al barile nel corso del weekend, per poi riposizionarsi a 89,80 dollari. Allo stesso modo, il contratto  di maggio sul Light Crude americano (qualità WTI) ha raggiunto un picco di 87,54 dollari al barile, per poi ripiegare sugli 84,97 USD.

Segui qui le quotazioni in tempo reale

L’Iran è il terzo produttore Opec

L’Iran è il terzo maggior produttore dell’Opec: su una produzione complessiva di 26,6 milioni di barili al giorno a marzo 2024, l’Iran ha apportato un contributo di quasi 3,2 milioni di barili, dietro l’Iraq che ne produce 4,2 milioni e l’Arabia Saudita che contribuisce con poco più di 9 milioni di barili al giorno.

Dallo scorso anno, l’Opec, con l’aggiunta di alcuni membri esterni come la Russia, a formare il cosiddetto cartello Opec Plus, ha adottato una rigida pianificazione dell’offerta e fissato le quote produttive in modo da limitare eccessive oscillazioni del prezzo del greggio. Tale accordo definito Declaration of Cooperation fissa i livelli produttivi dei Paesi che hanno aderito, interni ed esterni all’Opec, rivedendo periodicamente la quota produttiva di ciascun membro.

L’importanza del fattore geopolitico

Sicuramente, il fattore geopolitico pesa molto sull’andamento del greggio, poiché le tensioni in Medioriente rischiano di avere impatti sull’offerta di petrolio del cartello. Se anche l’Iran dovesse avere problemi produttivi, questi andrebbero ad aggiungersi alle ripercussioni degli attacchi Houthi alle petroliere nel Mar Rosso ed ai danneggiamenti alle infrastrutture petrolifere russe, con un effetto disastroso sul mercato petrolifero.  E tutto questo mentre l’Opec Plus prosegue il piano di tagli all’offerta deciso da un anno a questa parte.

D’altro canto, gli USA hanno ampie riserve strategiche da poter impiegare in caso di shock dal lato dell’offerta, mentre lo stesso cartello Opec ha almeno 5 milioni di capacità residua non utilizzata, in gran parte in capo a Riyad.

La crescita della domanda

La crescita della domanda è stimata quest’anno a 2,2 milioni di barili,  in risposta alla ripresa dell’economia, indicata al 2,8-2,9%. La crescita degli Stati Uniti, in realtà, potrebbe ora venir condizionata dalla Fed e dalla sua politica di “tassi più alti più a lungo”, mentre la crescita asfittica dell’Europa potrebbe venir ravvivata nel secondo semestre da una BCE più accomodante e da un taglio dei tassi atteso per il mese di giugno. Quanto alla Cina, la grande economia asiatica sembra ormai attestata sulla strada della ripresa economica.

La view degli analisti

“Se i prezzi dovessero aumentare in modo significativo sulla scia delle perdite di offerta, si potrebbe immaginare che il gruppo dei produttori cerchi di utilizzare parte della capacità inutilizzata sul mercato. L’OPEC non vorrà vedere i prezzi salire troppo dato il rischio di shock della domanda “, sottolinea ING, che conferma una previsione di prezzo del Brent a 87 dollari.

Per Saxo è probabile che il coinvolgimento dell’Iran “spinga ancora al rialzo i prezzi del greggio”, ma il recente rally potrebbe sgonfiarsi “se verrà evitata un’ulteriore escalation”.

Gli analisti di Citi, i prezzi attuali fra 85 e 90 dollari sono il risultato delle tensioni prolungate in Medioriente, che una de-escalation potrebbe riportare sui 70 dollari, mentre in caso di amento delle tensioni, le quotazioni potrebbero facilmente raggiungere i 100 dollari al barile.

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963